Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 9253 Anno 2025
ORDINANZA
sul ricorso N. 3089/2024 R.G. proposto da:
COGNOME e COGNOME NOME , quali eredi di NOME COGNOME ed NOME COGNOME elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME come da procura in calce al ricorso, domicilio digitale come in atti
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del procuratore speciale NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende come da procura in calce al controricorso, domicilio digitale come in atti
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 7378/2023 del la Corte d’appello d i Roma, depositata il
16.11.2023;
udita la relazione della causa svolta nella adunanza camerale del 28.1.2025 dal Consigliere relatore dr. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ricorso del 22.2.2012, la Ina Assitalia s.p.a. chiese al Tribunale di Roma di ingiungere in via monitoria ad NOME COGNOME il pagamento della somma di € 102.244,61, oltre accessori, a titolo di ripetizione di indebito per la differenza tra la somma d i € 280.844,61 -corrisposta all’ingiunto in data 21.3.2002 per risarcimento del danno da lui subito in conseguenza di un caso di malpractice sanitaria, come da sentenza del Tribunale di Roma n. 8597/2001 emessa all’esito del giudizio tra il COGNOME e l’Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini – e la minor somma di € 178.600,00, liquidata dalla Corte di Appello di Roma con sentenza n. 520/2007 nel giudizio di secondo grado tra i predetti RAGIONE_SOCIALE ed Azienda Forlanini, passata in giudicato. Notificato al Drapello il decreto emesso dal Tribunale di Roma in data 9.3.2012, questi propose opposizione, negando la legittimazione attiva della Compagnia ed eccependo la prescrizione quinquennale degli interessi. Costituitasi l’INA Assitalia, il Tribuna le di Roma rigettò l’opposizione con sentenza del 18.8.2015.
NOME e NOME COGNOME, nonché NOME COGNOME -rispettivamente figli e coniuge di NOME COGNOME, frattanto deceduto, quindi quali suoi eredi -impugnarono detta sentenza e la Corte d’appello di Roma, nella resistenza di Generali Italia s.p.a. (già RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE), lo rigettò con sentenza del 16.11.2023. Osservò il giudice d’appello per quanto qui ancora interessa – che proprio dalla procura ad litem rilasciata per il ricorso per decreto ingiuntivo emergeva che il soggetto che agiva in monitorio era la società RAGIONE_SOCIALE già
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RAGIONE_SOCIALE , ciò significando che la creditrice risultava ‘ costituita per fusione per incorporazione ‘ (così la sentenza impugnata, p. 7); ed ha poi soggiunto che era del tutto irrilevante la necessità per detta creditrice di specificare per conto di chi fosse stato effettuato il pagamento, ‘ laddove è pacifico che esso è stato effettuato da RAGIONE_SOCIALEgià RAGIONE_SOCIALE ‘ (così ancora la sentenza, ibidem ).
Avverso detta sentenza ricorrono per cassazione NOME e NOME COGNOME quali eredi di NOME COGNOME e di NOME COGNOME (madre dei predetti, anch’ella frattanto deceduta), sulla scorta di quattro motivi, cui resiste con controricorso Generali Italia s.p.a. Le parti hanno depositato memoria. Ai sensi dell’art. 380 -bis .1, comma 2, c.p.c., il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nei sessanta giorni successivi all’odierna adunanza camerale .
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 -Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 116 e 115 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., per avere la Corte di merito ritenuto dimostrata la legittimazione attiva e la sussistenza del diritto di credito in capo ad RAGIONE_SOCIALE. Si censura, in particolare, l’affermazione del giudice d’appello secondo cui sarebbe pacifico tra le parti che il pagamento ‘ è stato effettuato da RAGIONE_SOCIALE -già RAGIONE_SOCIALE ‘, non avendo l’opposta mai affermato tanto, né mai dimostrato documentalmente un simile assunto, né che la predetta società sia poi confluita nella RAGIONE_SOCIALE a seguito della fusione per incorporazione del 20.12.2006 (appunto, non prodotta in giudizio), né infine che quest’ultima società fosse poi confluita in RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE Al riguardo, rilevano i ricorrenti che nel corso dell’intero giudizio parte ingiunta
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aveva sempre invitato il preteso solvens a dare dimostrazione della propria legittimazione attiva nonché della titolarità del credito, ma senza esito, sicché in alcun modo dette questioni potevano ritenersi pacifiche, come invece ritenuto dal giudice d’appello.
1.2 Con il secondo motivo si denuncia la nullità della sentenza, in relazione alle medesime statuizioni impugnate col primo motivo, per violazione degli artt. 111 Cost. e 132 n. 4 c.p.c., essendo la motivazione del tutto mancante, ovvero apparente ed incompre nsibile, in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.
1.3 Con il terzo motivo si denuncia la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c., avendo la Corte di appello omesso di pronunciarsi in merito al terzo motivo di appello, concernente la prescrizione quinquennale degli interessi asseritamente maturati sulla somma ingiunta.
1.4 Con il quarto motivo, infine, si denuncia la nullità della sentenza, con riguardo all’eventuale rigetto del terzo motivo di ricorso, per violazione degli artt. 111 Cost. e 132 n. 4 c.p.c., essendo la motivazione sulla eccezione di prescrizione suddetta del tutto mancante, ovvero apparente ed incomprensibile, in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.
2.1 -Anzitutto, vanno disattese le eccezioni di inammissibilità sollevate in relazione al primo motivo. Esso, infatti, è sufficientemente specifico, individuando esattamente il ragionamento in iure seguito dal giudice del merito in relazione alla ritenuta legittimazione attiva del creditore e alla prova della titolarità del credito, nonché gli errores in iudicando che, in thesi , sarebbero stati commessi. Né, del resto, il mezzo mira ad una rivalutazione del compendio
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istruttorio, appunto censurandosi l’apprezzamento del giudice del merito principalmente in relazione a l contegno processuale delle parti circa l’essere pacifico o meno un determinato fatto e/o l’aver la parte onerata adeguatamente provato il fatto stesso, venendo dunque in rilievo la pretesa falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. , sotto diversi profili.
2.2 -Ciò posto, il motivo è fondato, nei termini di cui appresso.
Va anzitutto premesso che risulta qui effettivamente in discussione non già la legittimazione attiva della ricorrente in monitorio (l’INA Assitalia ha sostanzialmente dedotto -v. infra , par. 2.3 – di essere ad essa riconducibile il pagamento integrale dell’importo originariamente erogato ad NOME COGNOME poi ridotto a seguito della riforma della sentenza di primo grado nel giudizio tra il predetto e l’A zienda Ospedaliera INDIRIZZO, sicché essa è senz’altro legittimata dal lato attivo, essendosi qualificata come avente causa del primitivo solvens ), bensì la titolarità del credito restitutorio; infatti, l’ingiunto opponente (e oggi i suoi eredi) ha(nno) sempre invitato il preteso creditore a dare adeguata dimostrazione del diritto vantato (v. ricorso, p. 3, par. 7), posto che la società RAGIONE_SOCIALE è -questo sì, pacificamente -sorta a seguito di fusione per incorporazione del 21.12.2006, mentre il pagamento indebito venne effettuato circa quattro anni prima, allorquando essa società ancora non esisteva.
Ora, è ben noto che ‘ La titolarità attiva o passiva della situazione soggettiva dedotta in giudizio è un elemento costitutivo della domanda ed attiene al merito della decisione, così che grava sull’attore l’onere di allegarne e provarne i fatti costitutivi, salvo che il convenuto li riconosca o svolga difese incompatibili con la loro negazione, ovvero li contesti oltre il momento di maturazione delle
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preclusioni assertive o di merito ‘ (così, ex multis , Cass. n. 16904/2018) e che ‘ Nella ripetizione di indebito opera il normale principio dell’onere della prova a carico dell’attore il quale, quindi, è tenuto a dimostrare sia l’avvenuto pagamento sia la mancanza di una causa che lo giustifichi ‘ (così, ancora ex multis , Cass. n. 30713/2018).
2.3 Pertanto, rapportando tali principi al caso che occupa ed in virtù della posizione processuale legittimamente assunta dal l’ ingiunto opponente, l’RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto dimostrare che -posto che la fusione per incorporazione, lo si ripete, avvenne il 21.12.2006 e che il pagamento indebito fu effettuato nel 2002 -il pagamento stesso era stato eseguito da un soggetto giuridico poi confluito nella società incorporante e che essa società era così subentrata in detta posizione creditoria, una volta emers a l’assenza di causa giustificativa (a seguito della sentenza n. 520/2007 della Corte d’appello di Roma).
In proposito, la Corte d’appello avrebbe dunque dovuto verificare se, dal tenore dei documenti prodotti dalla parte opposta nel corso del giudizio (adeguatamente indicati e richiamati in ricorso, nel rispetto del vigente art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c.), una simile prova fosse stata offerta dalla parte onerata e, prim’ancora, se la stessa avesse anche allegato quale soggetto giuridico, tra quelli protagonisti della detta fusione per incorporazione, effettuò il pagamento circa quattro anni prima, in caso contrario restando conclamata la cesura che, invece, la pretesa creditrice avrebbe dovuto colmare sia sul piano assertivo che probatorio.
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La Corte territoriale, in proposito, procedendo alla interpretazione del contenuto della procura ad litem rilasciata per il ricorso per d.i., ha affermato che la ricorrente in monitorio, risultante dalla fusione per incorporazione del 2006, agiva in sostanza quale successore universale inter vivos della RAGIONE_SOCIALE così ritenendo di poter risolvere la questione.
Una simile impostazione è però erronea, perché detto contenuto della procura -di formazione unilaterale, com’è ovvio – può eventualmente incidere sul piano della mera legittimazione attiva (può operare, cioè, soltanto sul piano dell’allegazione circa l’individuazione del preteso solvens che agisce ex art. 2033 c.c., a tutto concedere), non anche quella della titolarità del credito, il cui onere dimostrativo non può che gravare sullo stesso attore in ripetizione, assumendo necessariamente, nella specie, la portata che prima s’è descritta, stante il fenomeno successorio che certamente ha investito la parte creditrice (v. Cass., Sez. Un., n. 2951/2016). La Compagnia avrebbe dovuto produrre documentazione che, in modo inequivoco, collegasse il pagamento a mezzo degli assegni circolari emessi in favore di NOME COGNOME (riportati in ricorso, pp. 46) ad uno specifico soggetto richiedente detti assegni, che fosse poi confluito nella INA Assitalia a seguito della ripetuta fusione per incorporazione, prova addirittura ritenuta superflua dalla stessa Corte territoriale a cagione della presunta pacificità dei fatti.
Infatti, a tal ultimo proposito, la Corte romana è giunta ad affermare che ‘ è pacifico ‘ che il pagamento venne effettuato da ‘ RAGIONE_SOCIALE – già RAGIONE_SOCIALE ‘ . Detta pacificità, però, risulta smentita per tabulas , perché la questione in discorso -a parte il pagamento in sé – è stata sempre contestata
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dall’opponente , con l’invito a d assolvere il relativo onere probatorio (v. supra ), posizione che è evidentemente incompatibile con la pretesa mancanza di contestazione ritenuta dal giudice d’appello.
Risulta quindi evidente che la Corte capitolina ha individuato come pacifico un fatto che pacifico non era, per di più decidendo la causa, sul punto in discorso, sulla base di un documento (la procura speciale) certamente inidoneo alla bisogna e in assenza di adeguati elementi probatori, in violazione dell’art. 115 c.p.c.
3.1 -Il secondo motivo -fondato sulla medesima questione appena esaminata, ma sotto il profilo del vizio motivazionale – resta conseguentemente assorbito.
4.1 -Il terzo motivo è fondato.
Infatti, la decisione impugnata ha totalmente pretermesso la delibazione dell’eccezione di prescrizione quinquennale degli interessi, proposta col terzo motivo d’appello, regolarmente trascritto in ricorso , in violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, ex art. 112 c.p.c., essendosi limitata a statuire solo circa la debenza degli stessi e l’individuazione del relativo dies a quo .
5.1 -Il quarto motivo è conseguentemente assorbito, similmente a quanto già osservato per il secondo.
6.1 -In definitiva, sono accolti il primo e il terzo motivo, mentre il secondo e il quarto sono assorbiti. La sentenza impugnata è dunque cassata in relazione, con rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che si atterrà ai superiori principi -verificando se, dalla documentazione ritualmente versata in atti, possa ritenersi che la parte creditrice abbia adeguatamente fornito la
dimostrazione circa la titolarità del credito vantato – e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P. Q. M.
la Corte accoglie il primo e il terzo motivo del ricorso e dichiara assorbiti i restanti; cassa in relazione e rinvia alla Corte d’appello di Roma, in diversa