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TFR non versato: chi può chiederlo in caso di fallimento

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9028/2025, ha stabilito un principio fondamentale in materia di TFR non versato al fondo pensione in caso di fallimento del datore di lavoro. Se l’azienda insolvente trattiene le quote di TFR destinate alla previdenza complementare senza versarle, il diritto di richiederle nel passivo fallimentare spetta, di regola, al lavoratore e non al fondo pensione. Questo perché il conferimento del TFR si configura come una delegazione di pagamento che si estingue con il fallimento, ripristinando la piena titolarità del credito in capo al dipendente. Solo in presenza di una specifica e provata cessione del credito, la legittimazione spetterebbe al fondo.

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TFR non Versato al Fondo Pensione: La Cassazione Stabilisce a Chi Spetta il Diritto di Credito

Il problema del TFR non versato ai fondi di previdenza complementare è una questione delicata, che diventa ancora più critica quando il datore di lavoro fallisce. Chi ha il diritto di reclamare quelle somme nel passivo fallimentare? Il lavoratore o il fondo pensione? La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha fornito un chiarimento cruciale, rafforzando la posizione del dipendente e definendo la natura giuridica del conferimento del TFR.

Il Caso in Esame: Un Lavoratore Contro l’Azienda Fallita

La vicenda nasce dal ricorso di un lavoratore che si era opposto alla decisione del giudice delegato al fallimento della sua ex azienda. Il giudice aveva parzialmente respinto la sua richiesta di ammissione al passivo per il credito relativo al TFR. Il motivo? Quelle somme erano state destinate a un fondo di previdenza complementare e, sebbene trattenute dal datore di lavoro, non erano mai state versate. Secondo il tribunale, la legittimazione a richiederle spettava unicamente al fondo pensione, in quanto il lavoratore, con la sua scelta, aveva perso la titolarità diretta di quel credito.

Il lavoratore, non accettando questa interpretazione, ha portato il caso fino alla Corte di Cassazione, sostenendo di essere lui il titolare del diritto a recuperare le somme mai pervenute al fondo.

La Decisione della Corte di Cassazione sul TFR non versato

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del lavoratore, ribaltando la decisione del tribunale. Il principio affermato è di fondamentale importanza: di regola, la legittimazione ad insinuarsi nel passivo fallimentare per il TFR non versato spetta al lavoratore, non al fondo pensione.

La Corte ha basato la sua decisione sulla distinzione tra due istituti giuridici: la delegazione di pagamento e la cessione del credito.

Delegazione di Pagamento vs. Cessione del Credito: La Chiave di Volta

La scelta del lavoratore di destinare il TFR a un fondo pensione non costituisce automaticamente una cessione del proprio credito. Al contrario, si configura, nella maggior parte dei casi, come una delegazione di pagamento.

* Delegazione di pagamento (art. 1268 c.c.): Il lavoratore (delegante) dà un mandato al datore di lavoro (delegato) affinché paghi il TFR maturando al fondo pensione (delegatario). Il diritto di credito rimane in capo al lavoratore fino al momento dell’effettivo pagamento.
* Cessione del credito (art. 1260 c.c.): Il lavoratore (cedente) trasferisce attivamente e formalmente la titolarità del suo credito futuro al fondo pensione (cessionario). Solo in questo caso il fondo diventa l’unico legittimato a riscuoterlo.

Le Motivazioni della Sentenza

Secondo la Cassazione, il semplice ‘conferimento’ del TFR previsto dalla normativa sulla previdenza complementare (D.Lgs. 252/2005) integra una delegazione di pagamento. Quando il datore di lavoro fallisce senza aver adempiuto a questo mandato, il rapporto di delegazione si scioglie. Di conseguenza, il lavoratore riacquista la piena disponibilità delle somme accantonate e non versate, che mantengono la loro natura retributiva.

Spetta quindi al lavoratore il diritto di agire per recuperare il proprio credito insinuandosi nel passivo fallimentare. La situazione sarebbe diversa solo se, dall’istruttoria, emergesse in modo inequivocabile la volontà delle parti di stipulare una vera e propria cessione del credito a favore del fondo. In assenza di tale prova, prevale l’interpretazione più favorevole al lavoratore.

Conclusioni: Cosa Cambia per i Lavoratori?

Questa ordinanza rappresenta una vittoria significativa per i lavoratori dipendenti. Le conclusioni pratiche sono le seguenti:
1. Maggiore Tutela: Il lavoratore è riconosciuto come il principale titolare del diritto al TFR fino al suo effettivo versamento al fondo pensione.
2. Azione Diretta: In caso di fallimento dell’azienda, il lavoratore può agire direttamente per l’insinuazione al passivo del TFR non versato, senza dover attendere o dipendere dalle azioni del fondo pensione.
3. Chiarezza Giuridica: Viene stabilito un principio generale secondo cui il conferimento del TFR è una delegazione di pagamento, salvo prova contraria di una specifica cessione del credito.

In definitiva, la Corte di Cassazione ha rafforzato la tutela del credito retributivo del lavoratore, garantendogli uno strumento di difesa diretto ed efficace di fronte all’inadempienza del datore di lavoro insolvente.

Se il datore di lavoro fallisce senza aver versato il TFR al fondo pensione, chi può richiederlo nel fallimento?
Di regola, il diritto di richiedere le somme nel fallimento spetta al lavoratore. Il suo ‘conferimento’ del TFR al fondo è considerato una semplice delegazione di pagamento che si scioglie con l’insolvenza del datore di lavoro, facendo tornare il credito nella piena disponibilità del lavoratore.

In quali casi è il fondo pensione a dover richiedere il TFR non versato?
Il fondo pensione può richiedere il TFR solo se è in grado di dimostrare che tra il lavoratore e il fondo stesso sia intervenuto un contratto specifico di ‘cessione del credito’. In assenza di questa prova, la legittimazione rimane in capo al lavoratore.

Cosa significa che il conferimento del TFR è una ‘delegazione di pagamento’?
Significa che il lavoratore non trasferisce la titolarità del suo credito, ma si limita a dare un ordine (mandato) al datore di lavoro di pagare le somme a un terzo, cioè il fondo pensione. Se il datore di lavoro non esegue questo ordine e fallisce, il mandato si estingue e il lavoratore, in qualità di creditore originario, può agire direttamente per recuperare il suo denaro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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