Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9025 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 9025 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7190/2021 R.G. proposto da : NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in PEC DEL DIFENSORE DOMICILIO DIGITALE, presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimato- avverso DECRETO di TRIBUNALE SIRACUSA n. 4831/2019 depositata il 27/01/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE:
Con sentenza del 27.1.21 il tribunale di Siracusa ha rigettato il ricorso del lavoratore in epigrafe, proposto in opposizione al decreto del giudice delegato 4.9.19, con il quale era stato dichiarato esecutivo lo stato passivo del fallimento Sim S.p.A. e parzialmente rigettata l’istanza di inserimento al passivo del credito del lavoratore vantato per TFR (credito che, conferito al fondo previdenza complementare, era stato trattenuto dal datore e da questo non versato).
Il giudice delegato ha ritenuto legittimato a insinuarsi solo il fondo cui il TFR era stato ceduto ex articolo 8 decreto legislativo 252 del 2005, salva azione surrogatoria (nel caso proposta inammissibilmente solo con l’opposizione), avendo il lavoratore all’esito della cessione solo il diritto alla diversa prestazione pensionistica ed eventuali anticipazioni a carico del fondo, e salva l’azione verso il Fondo di garanzia Inps ex articolo 5 decreto legislativo 80 del 92 (nel caso non proposta affatto).
Avverso tale sentenza ricorre il lavoratore per cinque motivi, illustrati da memoria;il fallimento è rimasto intimato.
Il Collegio, all’esito della camera di consiglio, si è riservato il termine di giorni sessanta per il deposito del provvedimento.
CONSIDERATO CHE:
Il primo motivo deduce violazione dell’articolo 8 del decreto legislativo 252 del 2005 nonché 75, 81 e 100 del medesimo, per aver interpretato quale cessione la fattispecie.
Il secondo motivo deduce violazione dell’articolo 2697 c.c., per non aver ritenuto che l’indicazione se fosse fatta cessione o delegazione era a carico del curatore, e ritenuto che nel silenzio era cessione.
Il terzo motivo deduce violazione degli articoli 1269 e 1270 c.c., per non avere la corte territoriale ritenuto che vi fosse delegazione e che la stessa fosse ex art. 1270 revocabile.
Il quarto motivo deduce violazione dell’articolo 5 comma 3 decreto legislativo 80 del 92, per aver ritenuto la legittimazione del fondo e non del lavoratore a ottenere la restituzione dei contributi omessi.
Il quinto motivo deduce violazione dell’articolo 3,4,12, e13 del decreto legislativo 252 del 2005, per avere la corte territoriale diversamente qualificato il TFR a seconda che il lavoratore lo versasse all’Inps ovvero al fondo o fosse rimasto inerte.
I motivi possono essere esaminati insieme per la loro connessione. Essi sono fondati alla luce di quanto già affermato da questa Corte in fattispecie analoga, essendosi precisato (Sez. L – , Sentenza n. 18477 del 28/06/2023, Rv. 668209 – 01) che, in tema di fondi pensione complementari, il mancato versamento, da parte del datore di lavoro insolvente, della contribuzione o delle quote di TFR maturando conferite, accantonate su mandato del lavoratore con il vincolo di destinazione del loro versamento al Fondo pensione complementare, comporta, stante la risoluzione per inadempimento del mandato, il ripristino della disponibilità piena in capo al lavoratore delle risorse accantonate, di natura retributiva, posto che esse assumono natura previdenziale, soltanto all’attuazione del vincolo di destinazione, per effetto del suo adempimento. Spetta di regola al lavoratore la legittimazione ad insinuarsi allo stato passivo, salvo che dall’istruttoria emerga che vi sia stata una cessione del credito in favore del Fondo di previdenza complementare, cui in tal caso spetta la legittimazione attiva ai sensi dell’art. 93 l. fall..
Nel medesimo senso, si è affermato (Sez. 1 – , Sentenza n. 16266 del 08/06/2023, Rv. 667943 – 01) che, in tema di previdenza complementare, il generico riferimento al “conferimento” del T.F.R. maturando alle forme pensionistiche complementari, contenuto nell’art. 8, comma 1, del d.lgs. n. 252 del 2005, lascia aperta la possibilità che le parti, nell’esplicazione dell’autonomia negoziale loro riconosciuta dall’ordinamento, pongano in essere non già una delegazione di pagamento (art. 1268 c.c.), bensì una cessione di credito futuro (art. 1260 c.c.), con la conseguenza che, in caso di fallimento del datore di lavoro, la legittimazione ad insinuarsi al passivo per le quote di T.F.R. maturate e accantonate, ma non versate al Fondo di previdenza complementare, spetta, di regola, al lavoratore, stante lo scioglimento del rapporto di mandato in cui si estrinseca la delegazione di pagamento al datore di lavoro, e, viceversa, al predetto Fondo ex art. 93 l. fall. quando, secondo quanto emergente dall’istruttoria, vi sia stata la cessione del credito in suo favore.
La sentenza impugnata, che non si è attenuta al principio su esteso, va cassata e la causa va rimessa anche per le spese del presente giudizio allo stesso tribunale in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia la causa, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio, allo stesso tribunale in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 26 febbraio