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TFR non versato: chi può agire in caso di fallimento?

Un lavoratore si è visto negare l’insinuazione al passivo per il TFR non versato al fondo pensione dal datore di lavoro poi fallito. I giudici di merito ritenevano che il diritto di agire spettasse solo al fondo. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, affermando che, di regola, il conferimento del TFR al fondo pensione costituisce una delegazione di pagamento e non una cessione del credito. Pertanto, la legittimazione attiva a recuperare le somme rimane in capo al lavoratore, a meno che non sia provata una specifica cessione del credito. Il caso è stato rinviato al Tribunale per un nuovo esame.

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TFR non versato: la Cassazione chiarisce chi può agire

Il problema del TFR non versato ai fondi di previdenza complementare è una questione delicata, che diventa ancora più complessa quando il datore di lavoro fallisce. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un aspetto cruciale: a chi spetta il diritto di recuperare quelle somme? Al lavoratore o al fondo pensione? La risposta non è scontata e dipende dalla natura giuridica del conferimento del TFR.

I Fatti del Caso: Il Lavoratore Contro l’Azienda Fallita

Un lavoratore aveva chiesto di essere ammesso al passivo fallimentare della sua ex azienda per recuperare le quote di TFR che, sebbene trattenute dalla busta paga, non erano mai state versate al fondo di previdenza complementare da lui scelto. Sia il Giudice delegato che il Tribunale in sede di opposizione avevano respinto la sua richiesta. La loro tesi era che, con la scelta di destinare il TFR al fondo, il lavoratore avesse ceduto il proprio credito, perdendo così la cosiddetta “legittimazione attiva”, ovvero il diritto di agire in giudizio. Secondo i giudici di merito, solo il fondo pensione avrebbe potuto avanzare tale pretesa.

La Questione Giuridica: Cessione del Credito o Delegazione di Pagamento?

Il cuore della controversia risiede nella qualificazione giuridica dell’atto con cui il lavoratore destina il TFR a un fondo pensione. Si tratta di una “cessione del credito” o di una “delegazione di pagamento”? La differenza è sostanziale:

* Cessione del credito: Il lavoratore trasferisce la titolarità del suo diritto al TFR al fondo. Di conseguenza, solo il fondo può richiederne il pagamento.
* Delegazione di pagamento: Il lavoratore mantiene la titolarità del credito e semplicemente “delega” il datore di lavoro a versare le somme al fondo. Se il datore non paga, il lavoratore può revocare la delega e agire direttamente per recuperare il suo TFR.

Il Tribunale aveva interpretato il “conferimento” previsto dalla legge come una cessione, escludendo il diritto del lavoratore.

L’analisi del TFR non versato secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso del lavoratore, ha ribaltato questa interpretazione. Richiamando numerosi propri precedenti, ha stabilito un principio di diritto fondamentale. La normativa sulla previdenza complementare (D.Lgs. 252/2005) utilizza il termine generico “conferimento”, che non implica automaticamente una cessione del credito. Le parti, nell’ambito della loro autonomia contrattuale, possono scegliere l’una o l’altra forma.

Tuttavia, in assenza di una chiara ed esplicita volontà di cedere il credito (che deve essere provata da chi la sostiene, in questo caso il curatore fallimentare), l’operazione deve essere interpretata, di regola, come una semplice delegazione di pagamento. Questa interpretazione protegge maggiormente il lavoratore, che rimane il titolare del diritto.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che la delegazione di pagamento si inserisce in un rapporto di mandato tra lavoratore e datore di lavoro. Con il fallimento, questo rapporto si scioglie, e il lavoratore riacquista pienamente il potere di agire per tutelare il proprio credito. Pertanto, la legittimazione ad insinuarsi al passivo per il TFR non versato spetta, di regola, al lavoratore. Solo se dall’istruttoria emergesse in modo inequivocabile la prova di un contratto di cessione del credito, la legittimazione spetterebbe al fondo. Poiché il Tribunale non aveva svolto questa verifica, limitandosi a un’interpretazione errata della legge, la sua decisione è stata cassata.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un punto fermo a tutela dei lavoratori in caso di crisi aziendale. Stabilisce che il diritto a recuperare il TFR non versato al fondo pensione rimane in capo al dipendente, a meno che non sia provato un esplicito accordo di cessione del credito. La Corte ha quindi rinviato la causa al Tribunale, che dovrà riesaminare il caso attenendosi a questo principio, verificando la reale natura negoziale dell’accordo tra le parti e decidendo di conseguenza.

Se il mio datore di lavoro fallisce senza aver versato il TFR al fondo pensione, perdo i miei soldi?
No. Secondo questa ordinanza, il lavoratore mantiene di regola il diritto di richiedere le somme non versate direttamente nella procedura fallimentare, poiché ne rimane il titolare.

Chi ha il diritto di chiedere il TFR non versato: il lavoratore o il fondo pensione?
Di norma, il diritto spetta al lavoratore. La titolarità passa al fondo pensione solo se è dimostrato che tra il lavoratore e il fondo è stato stipulato un vero e proprio contratto di “cessione del credito”, e non una semplice “delegazione di pagamento”.

Cosa significa che il “conferimento” del TFR è una “delegazione di pagamento”?
Significa che il lavoratore ha solo dato un incarico (un mandato) al datore di lavoro di pagare le somme al fondo per suo conto. Il lavoratore non trasferisce la proprietà del suo credito, quindi se il datore di lavoro non adempie, il lavoratore può agire in prima persona per recuperare quanto gli spetta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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