Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23313 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23313 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 21484-2020 proposto da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso, in virtù di procura conferita a margine del ricorso per cassazione, dall’avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso l’Avvocatura centrale dell’Istituto, in ROMA, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
DI COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa, in virtù di procura conferita in calce al controricorso, dall’avvocato NOME COGNOME con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrente – per la cassazione della sentenza n. 977 del 2019 della CORTE D’APPELLO DI BOLOGNA , depositata il 20 dicembre 2019 (R.G.N. 125/2019).
R.G.N. 21484/2020
COGNOME
Rep.
C.C. 29/4/2025
giurisdizione Corresponsione del tfr e rapporto di lavoro a tempo determinato.
Udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del 29 aprile 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-Con sentenza n. 977 del 2019, depositata il 20 dicembre 2019, la Corte d’appello di Bologna ha respinto il gravame dell’INPS e ha confermato la pronuncia del Tribunale della medesima sede, che aveva accolto la domanda della signora NOME COGNOME diretta a ottenere l’immediata corresponsione del trattamento di fine rapporto in relazione al «pregresso rapporto di lavoro a termine dal 1.9.15 al 1.5.16 alle dipendenze del Comune di Bologna».
A fondamento della decisione, la Corte territoriale richiama i princìpi enunciati da Cass., S.U., 14 novembre 2014, n. 24280, e ribadisce l’ applicabilità della disciplina dell’art. 2120 cod. civ. al trattamento di fine rapporto pubblicistico, con il conseguente diritto di ottenere la liquidazione del TFR al momento della «estinzione del singolo rapporto di lavoro» (pagina 5 della sentenza d’appello) .
Infine, è ininfluente l’ eventuale illegittima apposizione del termine, che non potrebbe mai condurre, nel pubblico impiego contrattualizzato, alla «conversione del rapporto di lavoro» (pagina 6 della pronuncia impugnata).
-L’INPS ricorre per cassazione contro la sentenza d’appello, formulando due motivi di censura.
-La signora NOME COGNOME si difende con controricorso, illustrato da memoria nell’imminenza della trattazione camerale.
-Il ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio.
–
Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.
-All’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), l’Istituto denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2
della legge 8 agosto 1995, n. 335, dell’Accordo quadro del 29 luglio 1999, del successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 dicembre 1999 e dell’art. 26, comma 19, della legge 23 dicembre 1998, n. 448.
Avrebbe errato la Corte di merito nell’assimilare il TFR pubblicistico a quello disciplinato dall’art. 2120 cod. civ. e nel qualificarlo come ‘retribuzione differita’, senza considerare i molteplici profili di eterogeneità che precluderebbero ogni raffronto e che concorrerebbero ad attribuire natura previdenziale al TFR pubblicistico.
Il TFR in esame, difatti, non sarebbe erogato dal datore di lavoro, ma da un Fondo gestito dall’INPS e alimentato mediante il versamento di contributi previdenziali obbligatori, e sarebbe assoggettato a un peculiare meccanismo di computo , ispirato, tra l’altro, al principio di «invarianza della retribuzione netta complessiva e di quella utile ai fini previdenziali, tra lavoratori pubblici in regime di TFS e lavoratori pubblici in regime di TFR» (pagina 7 del ricorso per cassazione).
Inoltre, non sarebbe contemplata la facoltà di beneficiare di anticipazioni del TFR e di «ottenere in busta paga, quindi mensilmente, il TFR via via maturato» (pagina 8 del ricorso). La concreta erogazione del trattamento sarebbe poi differita nel tempo. Né si applicherebbero le disposizioni concernenti il Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto, istituito con l’art. 2 della legge 29 maggio 1982, n. 297.
2. -Con il secondo mezzo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 5 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, e della sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 26 novembre 2014.
I contratti annuali rinnovati in sequenza «avrebbero determinato ‘ ex lege ‘ la unicità di detti rapporti di servizio da ultimi proseguiti, senza alcuna soluzione di continuità, nel contratto di lavoro a tempo indeterminato con il Comune di Bologna ancora in essere» (pagina 12 del ricorso per cassazione).
3. -Le censure, tra loro connesse, possono essere esaminate congiuntamente e si rivelano, nel loro complesso, inammissibili.
4. -Il ricorrente non prospetta argomenti decisivi, che inducano a rimediare i princìpi espressi da questa Corte a Sezioni Unite (Cass., S.U., 14 novembre 2014, n. 24280) e poi ribaditi nelle pronunce successive, richiamate anche dalla parte controricorrente, da ultimo nella memoria illustrativa (fra le molte, anche Cass., sez. lav., 5 febbraio 2021, n. 2828, che disattende analoghe censure dell’Istituto).
In caso di estinzione del rapporto di lavoro a termine alle dipendenze di una pubblica amministrazione, seguita dall ‘ assunzione in ruolo e dalla costituzione, presso la stessa, di un nuovo rapporto di lavoro, per il quale matura il trattamento ex art. 2120 cod. civ., il dipendente ha diritto a percepire un autonomo trattamento di fine rapporto sin dal momento della cessazione del primo rapporto di lavoro (Cass., sez. lav., 3 marzo 2020, n. 5895).
Nel dare continuità alle enunciazioni della sentenza n. 24280 del 2014, che muovono dal processo di armonizzazione dei molteplici trattamenti di fine servizio dei dipendenti pubblici contrattualizzati e dalla loro natura retributiva, riaffermata anche dal giudice delle leggi (sentenza n. 159 del 2019), questa Corte ha puntualizzato che «La esigibilità del TFR è stata ancorata ai medesimi presupposti previsti per il lavoro privato e, dunque, alla cessazione giuridica del rapporto di lavoro e non alla cessazione della iscrizione al fondo per il trattamento di fine rapporto, gestito dall ‘ INPS. Resta pertanto irrilevante, al pari di quanto previsto per il lavoro privato, la eventuale continuità temporale, in fatto, di più rapporti di lavoro, in forza della quale permanga la iscrizione al fondo; assume, invece, esclusivo rilievo ai fini della esigibilità del TFR la ‘ cessazione dal servizio ‘ ovvero la cesura sotto il profilo giuridico tra due rapporti di lavoro, seppure in successione temporale tra loro ed alle dipendenze della medesima amministrazione statale» (ordinanza n. 5895 del 2020, cit., punto 21 del Considerato ).
Le differenze di regime del TFR dei dipendenti pubblici, valorizzate nel ricorso, «non valgono a privare di rilievo la principale considerazione per cui, rimanendo applicabile l ‘ art. 2120 c.c., il t.f.r. spetta in caso di cessazione del rapporto di lavoro, indipendentemente dalla contestuale cessazione del rapporto previdenziale» (Cass., sez. lav., 10 luglio 2025, n. 18969, in motivazione).
Pertanto, non può essere condivisa la prospettazione che, a fronte dell’instaurazione di un nuovo rapporto di lavoro, adombra l’infrazionabilità del TFR dei dipendenti pubblici e, in presenza di una discontinuità giuridica tra i due rapporti, conferisce rilievo al mero dato di fatto della successione temporale degli stessi.
5. -Ai princìpi menzionati si è uniformata la pronuncia d’appello, che ha esaminato una vicenda sovrapponibile a quelle scrutinate nei precedenti ora passati in rassegna.
Invero, nel caso di specie, a un contratto a tempo determinato con il Comune di Bologna (dal primo settembre 2015 al primo maggio 2016) si è avvicendato un distinto rapporto di lavoro a tempo indeterminato con il medesimo ente e il TFR è stato rivendicato in riferimento alla cessazione del primo rapporto.
6. -Né milita in senso contrario la deduzione dell’unicità del rapporto, incentrata su ll’illegittim a reiterazione dei contratti a tempo determinato.
Non solo gli argomenti addotti a tale riguardo si risolvono in una petizione di principio evidente, in quanto configurano una illegittimità dei rinnovi sguarnita di ogni riscontro, ma sono avulsi, altresì, dalle peculiarità della vicenda e dalla ratio decidendi della pronuncia impugnata.
N ell’odierno giudizio, si ravvisa l’instaurazione di un nuovo rapporto di lavoro a tempo indeterminato dopo un originario contratto a tempo determinato ed è la cesura dell’originario rapporto che viene in rilievo ai fini del sorgere del diritto dedotto in causa.
Ad ogni modo, anche a voler ipotizzare la violazione della normativa sui contratti a tempo determinato nel pubblico impiego contrattualizzato, i giudici del gravame hanno escluso che, in tale fattispecie, s’instauri un unitario rapporto di lavoro a tempo indeterminato, alla stregua dello schema prefigurato dal ricorrente.
Contro gli argomenti illustrati, idonei a sorreggere la decisione adottata, non sono state formulate critiche pertinenti, che valgano a scalfire il percorso logic o della pronuncia d’appello.
Né le indicazioni desumibili dal diritto dell’Unione europea e dalla giurisprudenza della Corte di giustizia fanno «venire meno la distinzione fra il rapporto di lavoro svolto a tempo determinato e quello, successivo, a tempo indeterminato» (Cass., sez. lav., 9 aprile 2024, n. 9547 e n. 9545), instaurato ex novo dalle parti per effetto di un’autonoma determinazione negoziale.
7. -Il ricorso, in definitiva, dev’essere dichiarato inammissibile, in base a ll’art. 360 -bis , n. 1, cod. proc. civ.
A fronte di tale profilo d’inammissibilità, che rappresenta la ragione più liquida di decisione, resta assorbito l’esame degli ulteriori profili eccepiti in linea preliminare nel controricorso (irritualità della procura, mancata indicazione degli atti e dei documenti su cui il ricorso si fonda, genericità dei motivi).
8. -Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano nella misura indicata in dispositivo, con distrazione a favore dell’avvocato NOME COGNOME che ha reso la dichiarazione prevista dall’art. 93 cod. proc. civ.
9. -L a declaratoria d’inammissibilità del ricorso impone di dare atto dei presupposti per il sorgere dell’obbligo del ricorrente di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove sia dovuto (Cass., S.U., 20 febbraio 2020, n. 4315).
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la parte ricorrente a rifondere alla parte controricorrente, con distrazione a favore dell’avvocato NOME COGNOME procuratore antistatario, le spese del presente giudizio, che liquida in Euro 3.500,00 per compensi, in Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% e agli accessori di legge.
Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta Sezione