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Tetto di spesa sanitaria: no a pagamenti extra-budget

Una struttura sanitaria privata ha citato in giudizio un ente regionale per ottenere il pagamento di prestazioni sanitarie erogate oltre il tetto di spesa pattuito. La Corte d’Appello ha respinto la richiesta, confermando la piena validità del budget e sottolineando che la struttura, pur in assenza di comunicazioni formali dall’ente, aveva concorso a causare il proprio danno non monitorando adeguatamente la spesa con i dati a sua disposizione.

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Pubblicato il 5 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Tetto di Spesa Sanitaria: Quando la Struttura Privata Non Può Chiedere Pagamenti Extra-Budget

Il rapporto tra strutture sanitarie private accreditate e il Servizio Sanitario Nazionale è regolato da accordi che bilanciano l’erogazione delle cure con la sostenibilità economica. Un elemento cruciale di questo equilibrio è il tetto di spesa sanitaria, ovvero il budget massimo che una struttura può fatturare. Una recente sentenza della Corte d’Appello di Bari ha ribadito un principio fondamentale: superato tale tetto, la struttura non ha diritto a pagamenti aggiuntivi, anche se l’ente pubblico ha omesso alcune comunicazioni. Analizziamo il caso.

I Fatti di Causa

Una struttura sanitaria privata convenzionata aveva richiesto a un ente regionale il pagamento di oltre 267.000 euro per prestazioni sanitarie fornite a pazienti provenienti da altre regioni. Tale somma eccedeva il budget annuale concordato. La struttura sosteneva che le prestazioni a pazienti “extraregionali” non dovessero incidere sul tetto di spesa locale, in quanto i costi vengono coperti tramite un meccanismo di compensazione interregionale. In subordine, chiedeva un risarcimento danni, accusando l’ente di non averla informata tempestivamente sul progressivo esaurimento del budget, impedendole di programmare adeguatamente le proprie attività.

Il Tribunale di primo grado aveva respinto entrambe le domande. La struttura sanitaria ha quindi presentato appello, ma la Corte d’Appello ha confermato la decisione iniziale.

L’Analisi della Corte d’Appello sul Tetto di Spesa Sanitaria

Il primo motivo di appello, relativo al diritto al pagamento oltre il budget, è stato giudicato infondato. La Corte ha chiarito che la delibera regionale e la successiva convenzione sottoscritta dalla stessa struttura sanitaria prevedevano in modo esplicito un tetto di spesa sanitaria complessivo per le prestazioni in questione. L’accettazione di tale convenzione implicava l’accettazione del limite di spesa.

I giudici hanno sottolineato una distinzione cruciale tra strutture private accreditate e strutture pubbliche (come gli IRCCS). Mentre queste ultime sono tenute a garantire il servizio a tutti gli utenti e non possono interrompere le prestazioni, le case di cura private hanno la facoltà di sospendere l’erogazione dei servizi una volta raggiunto il budget annuale. Pertanto, non possono pretendere la remunerazione per le prestazioni erogate in eccedenza, in assenza di uno specifico accordo con l’amministrazione regionale.

La Domanda di Risarcimento e il Concorso di Colpa

Anche la domanda subordinata di risarcimento del danno è stata respinta. La Corte ha riconosciuto che l’ente pubblico aveva effettivamente un obbligo di monitoraggio e comunicazione bimestrale sullo stato di avanzamento della spesa. Tuttavia, ha applicato il principio del concorso del fatto colposo del danneggiato, previsto dall’art. 1227 del Codice Civile.

È emerso che la struttura sanitaria, già a settembre, era a conoscenza, tramite un incontro tra il proprio consulente e i dirigenti dell’ente, della situazione della spesa. Inoltre, analizzando i propri stessi dati di produzione mensile, la struttura non poteva non sapere di aver già erogato, ad agosto, prestazioni pari a oltre il 50% del fondo annuale. Nonostante questa evidenza, ha continuato a erogare servizi a pieno ritmo nei mesi successivi, superando il limite.

Secondo la Corte, la struttura ha omesso di usare l’ordinaria diligenza per evitare il danno. Avrebbe potuto e dovuto rallentare la propria attività per rimanere entro i limiti del budget. La sua condotta negligente ha interrotto il nesso di causalità tra l’omissione dell’ente e il danno economico lamentato.

Le Motivazioni

La Corte d’Appello ha motivato la sua decisione sulla base di due pilastri. In primo luogo, il principio di auto-responsabilità e l’accettazione contrattuale dei limiti di spesa. Sottoscrivendo la convenzione, la struttura sanitaria si è vincolata al rispetto del tetto di spesa sanitaria come definito dalla programmazione regionale, a prescindere dalla provenienza dei pazienti. Il meccanismo di compensazione interregionale non esime dal rispetto delle regole di budget della regione ospitante. In secondo luogo, l’applicazione del principio del concorso di colpa. Anche a fronte di un inadempimento dell’ente pubblico (la mancata comunicazione formale), il creditore (la struttura sanitaria) è tenuto a un comportamento diligente per non aggravare il danno. Avendo a disposizione tutti i dati necessari per monitorare la propria produzione e avendo ignorato i chiari segnali di imminente superamento del budget, la struttura è stata ritenuta co-responsabile del proprio pregiudizio economico, escludendo così il diritto al risarcimento.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento chiaro: le strutture sanitarie private accreditate devono gestire le proprie attività nel rigoroso rispetto dei tetti di spesa concordati. Non possono invocare la provenienza extraregionale dei pazienti per superare tali limiti, né possono chiedere risarcimenti per inadempimenti informativi dell’ente pubblico quando esse stesse, con l’ordinaria diligenza e sulla base dei propri dati, avrebbero potuto evitare il danno. La programmazione e la sostenibilità della spesa pubblica prevalgono, richiedendo a tutti gli operatori del settore un’attenta e responsabile gestione delle risorse.

Una struttura sanitaria privata accreditata ha diritto al pagamento per prestazioni extra-budget fornite a pazienti extraregionali?
No. La Corte ha stabilito che, avendo accettato una convenzione con un tetto di spesa, la struttura non ha diritto al pagamento per le prestazioni che eccedono tale limite, poiché il contingentamento dei fondi è un principio valido per governare la spesa sanitaria.

La mancata comunicazione periodica da parte dell’ente pubblico sullo stato di avanzamento della spesa dà diritto al risarcimento del danno alla struttura sanitaria?
No, non in questo caso. Anche se l’ente pubblico ha omesso le comunicazioni, la Corte ha ritenuto che la struttura sanitaria fosse corresponsabile del danno. Essa disponeva dei dati interni per monitorare la spesa e, con l’ordinaria diligenza, avrebbe dovuto rallentare o interrompere le prestazioni per non superare il budget.

Il meccanismo di compensazione interregionale per i pazienti fuori regione invalida i tetti di spesa locali?
No. Secondo la sentenza, il fatto che i costi siano poi coperti dalla regione di provenienza del paziente non annulla la validità del tetto di spesa imposto dalla regione ospitante, che ha il compito di programmare e controllare i volumi di prestazioni erogabili sul proprio territorio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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