Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25762 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25762 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/09/2024
Oggetto: Indebito arricchimento -Struttura sanitaria accreditata -credito prestazioni erogate nell’ambito del SSN (specialistica ambulatoriale).
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15324/2022 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli AVV_NOTAIOti NOME AVV_NOTAIO e NOME COGNOMEAVV_NOTAIO, giusta procura speciale in calce al ricorso, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO presso lo studio del secondo (pec: EMAIL; EMAIL);
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, giusta procura speciale in calce al controricorso, con domicilio ex lege in Roma, presso la Cancelleria della Corte di cassazione, INDIRIZZO (pec:
C.C. 30.04.2024
r.g.n. 15324/2022
Pres. L. NOME COGNOME
RAGIONE_SOCIALE EMAIL);
-controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE di APPELLO di Catanzaro n. 1583/2021, pubblicata il 9 dicembre 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30 aprile 2024 dalla Consigliera, dr.ssa NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte d ‘a ppello di Catanzaro ha rigettato l’impugnazione proposta dal RAGIONE_SOCIALE avverso l’ordinanza del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE n. 4098/2018 che, a sua volta, aveva rigettato la domanda proposta dal predetto RAGIONE_SOCIALE con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. con cui aveva proposto domanda di condanna dell’ RAGIONE_SOCIALE al pagamento della somma di Euro 21.997,26 (pari alla differenza tra le prestazioni erogate prestazioni sanitarie e socio sanitarie per conto e a carico del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE regionale nel corso dell’anno 2016 e la minor somma corrisposta), previa declaratoria di invalidità e/o inefficacia e/o inoperatività parziale del contratto stipulato tra le parti in data 28 settembre 2016.
Per quanto ancora d’interesse , a fondamento della domanda parte ricorrente ha dedotto: – di essere accreditato, ex art. 8 quater d.lgs. n. 502/1992 dalla Regione Calabria per l’erogazione di prestazioni sanitarie a carico del RAGIONE_SOCIALE; – che nel 2016 aveva erogato prestazioni sanitarie di specialistica ambulatoriale per il complessivo importo di € 168.467,67 ; – che con decreto n. 25 del 24.2.2016 il Commissario ad acta per l’attua zione del piano di rientro dai disavanzi del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE aveva determinato, per l’anno 2016, i tetti di spesa per l’acquisito dell e prestazioni specialistiche ambulatoriali da privati accreditati con riferimento alle singole RAGIONE_SOCIALE; – in sede di stipula dell’accordo contrattuale del 28.9.2016 il RAGIONE_SOCIALE sosteneva di aver appreso che l’RAGIONE_SOCIALE gli aveva unilateralmente assegnato, per l’anno 2016, un budget di € 149.961,60; – che il TAR Calabria, con sentenza n. 2525/2016
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RAGIONE_SOCIALE
aveva annullato il decreto n. 25/2016 del Commissario ad acta ; – che l’ Amministrazione non aveva provveduto a rideterminare i tetti di spesa; – che pertanto al ricorrente spettava l’intera somma fatturata pari ad € 168.467,67, al netto degli acconti ricevuti per € 146.470,41, per residui € 21.977,26, oltre interessi ex d.lgs. n. 231/2002 dal 16.2.2017 al saldo.
Avverso la sentenza della Corte di Appello di RAGIONE_SOCIALE, il RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione articolato in un unico motivo.
Resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis.1. c.p.c.
La ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorrente RAGIONE_SOCIALE lamenta con l’unico motivo di ricorso, rubricato ‘ Error in iudicando Violazione e falsa applicazione degli artt. 1419 commi 1 e 2 e 1367 cod. civ.; degli artt. 1 e 8 bis del d. lgs. 502/1992; dell’art. 1175 c.c. ( in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c.) ‘ , come la sentenza impugnata contenga argomentazioni prive di coerenza logica e giuridica nella parte in cui ha ritenuto precluso alla società appellante chiedere il pagamento delle maggiori prestazioni previste dal contratto inter partes , asserendo che l’intervenuto annullamento giurisdizionale del D.C.A. n. 25/2016 da parte del TAR Catanzaro con la decisione n. 2525/2016, con il quale erano fissati ‘a monte’ i tetti di spesa posti a base dei conseguenziali contratti stipulati con le strutture accreditate, fra cui quello col RAGIONE_SOCIALE odierno ricorrente, non potesse incidere sul regolamento contrattuale o determinare la caducazione del tetto di spesa contrattualmente stabilito; sostiene in proposito il RAGIONE_SOCIALE odierno ricorrente che il contratto , dopo l’annullamento, sarebbe viceversa rimasto sprovvisto ‘di tale limite finanziario alla remunerazione delle prestazioni erogate dalle strutture private accreditate e contrattualizzate’ (pag. 15 in ricorso) e contesta le considerazioni della Corte territoriale secondo cui il RAGIONE_SOCIALE stesso, a fronte di un regolamento contrattuale in cui era fissato uno
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RAGIONE_SOCIALE specifico tetto di spesa, erogando prestazioni per un importo superiore, avrebbe tenuto un comportamento contrario a buona fede.
Il complesso motivo, così come prospettato e sopra sinteticamente riassunto, è inammissibile in quanto non sussiste alcuno dei vizi in iudicando evocati.
Il RAGIONE_SOCIALE ricorrente, pur denunciando vizi di violazione di norme, in concreto evoca profili di fatto e tende a suscitare dalla Corte di cassazione un nuovo giudizio di merito in contrapposizione a quello formulato dalla Corte di appello, omettendo di considerare che tanto l’accertamento dei fatti, quanto l’apprezzamento – ad esso funzionale – delle risultanze istruttorie è attività riservata al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione delle prove ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (Cass. 04/07/2017, n. 16467; Cass.23/05/2014, n. 11511; Cass. 13/06/2014, n. 13485; Cass. 15/07/2009, n. 16499).
La c orte d’appello ha ritenuto che il RAGIONE_SOCIALE si fosse espressamente obbligato a rendere in favore dell’RAGIONE_SOCIALE prestazioni per il complessivo importo di € 146.470,41 e, che in base al regolamento contrattuale, era precluso al RAGIONE_SOCIALE appellante chiedere il pagamento di maggiori prestazioni non contrattualmente previste e al riguardo ha espressamente evidenziato « Cosicché il fatto di avere sottoscritto un contratto che prevedeva un limite di prestazioni remunerabili pari a complessivi € 146.470,41 e l’averne erogate per un importo superiore dà luogo ad un comportamento contrario a buona fede da parte della società accreditata che non può comportare a carico dell’RAGIONE_SOCIALE l’obbligo di provvedere al pagamento delle maggiori prestazioni rese, siccome esse non trovano titolo nel contratto (che espressamente esclude tale eventualità), né consentire lo sforamento del tetto di massimo di spesa come determinato dal budget contrattuale» (pag. 9 della sentenza impugnata).
La corte territoriale ha pure escluso «che il fatto che il TAR Calabria abbia annullato il decreto del Commissario ad acta n. 25/2016 di
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RAGIONE_SOCIALEAVV_NOTAIO COGNOME determinazione dei criteri di allocazione delle spese sanitarie possa incidere sul regolamento contrattuale o determinare la caducazione del tetto di spesa contrattualmente stabilito» (pag. 9 della sentenza impugnata).
Inoltre, il g iudice d’appello ha ritenuto che la pronuncia del giudice amministrativo non determinasse la cancellazione del «tetto massimo di spesa stabilito nel contratto» perché pronunciata «investendo essa profili discrezionali nell’esercizio del potere del Commissario ad acta di provvedere alla definizione del livello massimo di finanziamento per l’anno 2016 che non hanno una diretta ricaduta sul contratto stipulato il 28.9.2016, perché detta sentenza non mette in alcun modo in discussione, ma anzi ribadisce espressamente il limite della fissazione del tetto massimo di spesa sostenibile quale elemento essenziale al regime dell’accreditamento» (pag. 10 della sentenza impugnata).
Non producenti neppure le doglianze proposte con la memoria difensiva dal l’odierno ricorrente , con le quali intende evidenziare di non aver mai chiesto la condanna sic et simpliciter dell’RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle somme per le prestazioni erogate nell’anno 2016, quale effetto immediato e diretto della sentenza del Tar Catanzaro n. 2525/2016, ma di aver chiesto piuttosto costitutivi, ficacia/inoperatività delle clausole sub artt. 4, 7 e 14 del il previo accertamento, con effetti dell’invalidità/inef contratto stipulato tra le parti in data 28.9.2016.
Sul punto, difatti, la c orte d’appello lungi dall’aver attribuito effetto diretto alla sentenza del giudice amministrativo, ha qualificato l’azione del ricorrente quale domanda di adempimento contrattuale ed in tal modo, l’ha trattata (pag. 7 e ss. della sentenza impugnata).
In definitiva , la composita censura dedotta svela l’intento della parte ricorrente volto a sollecitare, inammissibilmente in questa sede, un alternativo giudizio di fatto rispetto a quello operato dalla Corte territoriale sulla base della corretta premessa in iure secondo cui, a fronte dell’allegazione della condotta inadempiente dell’RAGIONE_SOCIALE da parte del RAGIONE_SOCIALE creditore, l’RAGIONE_SOCIALE ha debitamente assolto al proprio onere di aver adempiuto la propria prestazione.
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Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, secondo la soccombenza.
P.Q.R.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, d à atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
Così deciso nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile del 30