Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 9319 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 9319 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 09/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2990/2019 R.G. proposto da:
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE e rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME
–
ricorrente-
contro
COGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME in qualità di eredi di COGNOME, rappresentati e dife si dall’Avv. NOME COGNOME
–
contro
ricorrenti e ricorrenti in via incidentale –
nonché
COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME (gli ultimi tre quali eredi di COGNOME) e COGNOME NOME COGNOMEanche nella qualità di procuratore speciale di
NOME NOMECOGNOME NOME e COGNOME NOME, quali eredi di COGNOME NOME), elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME;
-controricorrenti-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO ANCONA n. 1836/2017, pubblicata il 12/12/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 3/12/2024 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il giudizio trae origine dalla domanda con la quale COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, nella qualità di procuratore speciale di COGNOME NOME, e COGNOME NOME chiesero al Tribunale di Ascoli Piceno di dichiarare la nullità del testamento olografo di COGNOME NOME, deceduta in data 5.4.1984, con il quale aveva istituito COGNOME NOME erede universale, per difetto di olografia; chiesero, in ogni caso, dichiararsi l’inefficacia e l’annullabilità della scheda testamentaria per incapacità di intendere e di volere della testatrice al momento della redazione, nonché l’esclusione del convenuto dalla successione per indegnità.
Gli attori, unitamente al riconoscimento della loro qualità di eredi legittimi ed all’attribuzione della proprietà indivisa in parti uguali di tutti i beni ereditari, chiesero, altresì, il risarcimento dei danni per il mancato godimento dei beni ereditari.
1.1 Nel corso del giudizio, il giudice i struttore ordinò l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti gli eredi ex lege della de cuius e la notifica avvenne per pubblici proclami, ai sensi dell’art.150 c.p.c. .
A seguito dell’integrazione del contraddittorio, si costituirono in giudizio COGNOME NOME e COGNOME NOME, quest’ultimo con intervento volontario adesivo dipendente.
COGNOME NOME dedusse di essere l’unico erede della COGNOME NOME, sulla base della statuizione della sentenza penale, che, in primo grado, aveva accertato la responsabilità penale di COGNOME NOME e COGNOME NOME per circonvenzione della de cuius ; in tale giudizio COGNOME NOME si era costituito parte civile e, all’esito del giudizio penale, era stata emessa sentenza di non doversi procedere nei confronti degli imputati per prescrizione del reato, con conferma delle statuizioni civili in suo favore.
1.2 Il Tribunale di Ascoli Piceno rigettò la domanda di nullità del testamento.
Pur rilevando l’intervento di una mano estranea a quella della testatrice, il Tribunale riconobbe la sostanziale autografia del testamento, ritenendo che le alterazioni della scheda testamentaria non impedissero l’individuazione della originaria, genuina volontà che la testatrice aveva inteso manifestare nel testamento.
COGNOME NOME propose appello avverso la sentenza del Tribunale, resistito da COGNOME NOME, che propose appello incidentale. Si costituirono, formulando a loro volta appello incidentale, anche COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME (gli ultimi tre quali eredi di COGNOME COGNOME), COGNOME NOME (anche nella qualità di procuratore speciale di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, quali eredi di COGNOME NOME), mentre gli altri eredi di COGNOME NOME rimasero contumaci.
2.1 La Corte di appello di Ancona, con sentenza pubblicata il 12.12.2017, accolse parzialmente il gravame principale e quello incidentale di COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME (gli ultimi tre quali eredi di COGNOME NOME), COGNOME NOME (pure nella qualità di procuratore speciale di
NOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, quali eredi di COGNOME NOME NOME); rigettò l’appello incidentale di COGNOME NOME e, in riforma della sentenza di primo grado, dichiarò la nullità del testamento di COGNOME NOME e che i beni ereditari descritti nella denuncia di successione, presentata da COGNOME NOME il 14.09.1984, facevano parte dell’asse ereditario della stessa COGNOME NOME.
Per quel che ancora rileva in questa sede, la citata Corte di appello ritenne sussistenti i presupposti per la notifica ex art. 150 c.p.c. nei confronti di tutti gli eredi ex lege della de cuius .
Nel merito, la Corte distrettuale aderì all’orientamento giurisprudenziale secondo cui, in presenza di aiuto e guida della mano del testatore da parte di una terza persona, tale intervento, di per sé, esclude il requisito della autografia, indispensabile per la validità del testamento olografo, a nulla rilevando l’eventuale corrispondenza del contenuto della scheda alla volontà del testatore.
La Corte dichiarò prescritta la domanda di indegnità a succedere perché proposta oltre il termine decennale decorrente dall’epoca dell’apertura della successione, avvenuta nel 1984, in quanto già da quella data gli attori erano a conoscenza delle gravi condizioni di vita della de cuius .
La domanda di unico erede di COGNOME NOME venne dichiarata inammissibile in quanto tardivamente proposta; il predetto si era costituito con comparsa di intervento, aderendo alle domande degli attori e, nel corso del giudizio, aveva chiesto di essere dichiarato unico erede. Tale domanda si poneva in contrasto con quella degli attori e, poiché era stata tardivamente proposta, si sarebbe dovuta ritenere inammissibile.
La domanda era, in ogni caso, infondata perché il fatto che NOME COGNOME si fosse costituito parte civile in sede penale rilevava esclusivamente ai fini delle statuizioni civili a suo favore,
ma non precludeva ad altri interessati di richiedere la tutela dei rispettivi diritti in sede civile.
COGNOME NOMECOGNOME in qualità di erede unico di COGNOME NOME, ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello , articolato su tre motivi.
3.1 COGNOME NOME ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale sulla base di un unico motivo.
3.2 COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME (gli ultimi tre quali eredi di COGNOME COGNOME), COGNOME NOME (anche nella qualità di procuratore speciale di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, quali eredi di COGNOME NOME NOME), hanno resistito con un congiunto controricorso. 3.3 Con atto del 2/4/2022, COGNOME NOME e COGNOME NOME, in qualità di eredi di COGNOME NOME, hanno rinunciato al ricorso incidentale.
3.4 Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.
3.5 In prossimità della camera di consiglio, COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo del ricorso principale, si denuncia la violazione e/o falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4 c.p.c., degli artt. 137 c.p.c., 140 c.p.c. e 150 c.p.c., con riferimento all’autorizzazione alla notifica per pubblici proclami, a seguito dell’ordine di integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti gli eredi ex lege della de cuius .
Il ricorrente sostiene che, essendo fratello degli attori COGNOME NOME e COGNOME NOME, la sua residenza era ben nota agli attori e non sarebbero, dunque, sussistiti i presupposti per la notificazione per pubblici proclami con riferimento a tutti i litisconsorti necessari. Tale modalità di notifica gli avrebbe causato
un pregiudizio, in quanto il suo intervento volontario, era avvenuto tardivamente dopo lo spirare dei termini ex art. 183 c.p.c., impedendogli di proporre tempestivamente autonome domande proprie. Per tale ragione, si era dovuto limitare ad aderire alle richieste degli attori, senza articolare autonomi mezzi di prova e la sua domanda, volta ad essere dichiarato unico erede di COGNOME NOMECOGNOME era stata dichiarata inammissibile per tardività, nonostante avesse richiesto tempestivamente la rimessione in termini per la sua proposizione.
1.1. Il motivo è infondato.
1.2 La notificazione per pubblici proclami è prevista dall’art. 150 c.p.c. nel caso in cui la notificazione nei modi ordinari risulti sommamente difficile a causa del rilevante numero di destinatari ovvero per la difficoltà di identificarli tutti.
Come affermato in dottrina e dalla stessa giurisprudenza di questa Corte, l’art. 150 c.p.c. ha introdotto nell’ordinamento processuale italiano la possibilità di promuovere giudizi ordinari di cognizione contro intere categorie o ceti di persone non tutte identificate nominativamente, ma identificate solo in base a certe qualificazioni o a certe situazioni in cui si possono essere venuti a trovare.
Tale forma di notificazione conduce alla conoscenza legale dell’atto da notificare in quanto è sostenuta da un notevole grado di probabilità che i destinatari acquisiscano effettiva conoscenza dell’atto.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di questa Corte, in tema di notificazioni per pubblici proclami, la mancata specificazione delle generalità dei destinatari comporta l’inesistenza dell’atto, e della relativa vocatio in ius , tutte le volte in cui tale tipo di notificazione sia reso necessario da difficoltà dovute all’elevato numero dei destinatari, sicché è onere del notificante procedere alla specifica individuazione di ciascuno di essi; laddove, invece, la notifica per pubblici proclami sia conseguente a difficoltà nella
identificazione stessa di tutti i possibili destinatari, e ciò risulti dal provvedimento di autorizzazione a tale tipo di notifica emanato dalla competente autorità giudiziaria, la notifica per pubblici proclami è valida (Cass. n. 5173/1994; Cass. n. 6507/1998; Cass. n. 121/2005).
Va ulteriormente puntualizzato che, nella seconda ipotesi considerata dalla norma in esame, la mancata indicazione specifica dei possibili destinatari non può essere considerata causa nemmeno di nullità dell’atto, derivando la necessità di procedere alla notificazione per pubblici proclami proprio dalla difficoltà di identificare tutti i destinatari, positivamente vagliata dall’autorità giudiziaria con il provvedimento autorizzatorio (Cass. n. 17742/2014).
1.3. Nel caso di specie, dall’esame diretto degli atti, consentito per la natura dei vizi ( in procedendo ) denunciati, si evince che, come correttamente ritenuto dalla Corte d’Appello, gli attori avevano richiesto l’autorizzazione alla notifica per pubblici proclami indicando tutti i successibili ex lege di COGNOME Domenica nei confronti dei quali doveva essere integrato il contraddittorio nel termine di sessanta giorni.
L’integrazione del contraddittorio riguardava un numero rilevante di destinatari che era difficile individuare con precisione e rintracciare in quanto alcuni eredi erano deceduti, anche all’estero, e non vi era certezza del luogo di residenza.
Nella richiesta di autorizzazione riportata nel controricorso di COGNOME NOME e degli altri soggetti indicati in epigrafe, viene evidenziato il rilevante numero di destinatari e l’estrema difficoltà di identificarli tutti, essendo i sei fratelli e sorelle della de cuius COGNOME NOME in gran parte defunti in Argentina, Francia ed in varie parti d’Italia, lasciando eredi difficilmente identificabili nominativamente ed essendo difficile reperire tutte le loro residenze .
Essendo, dunque, la conforme autorizzazione del Presidente del Tribunale riferibile alla dedotta difficoltà di identificazione di tutti i destinatari dell’atto da notificare, la mancata specificazione di tali destinatari non comporta l’invalidità della notificazione.
Del resto, quando sia stata autorizzata la notificazione per pubblici proclami, essa costituisce una modalità di notifica nei confronti di tutti i litisconsorti necessari sicché, una volta accertata la sussistenza dei presupposti, il ricorrente non può dolersi della circostanza che a lui non sia stata effettuata la notifica nei modi ordinari.
Il giudizio di primo grado, introdotto con la citazione notificata per pubblici proclami, presentava, pertanto, un contraddittorio pienamente integro, nonostante gli effettivi destinatari della notifica non fossero venuti a conoscenza dell’atto così notificato per cause ad essi imputabili.
Una volta accertata la regolarità della notifica, la tardiva costituzione comporta l’accettazione del giudizio nello stato in cui si trova, con le preclusioni maturate, fatta salva la possibilità della rimessione in termini.
Nel caso di specie, NOME COGNOME si era costituito con comparsa del 18.4.2004, contenente un intervento adesivo dipendente ai sensi dell’art. 105 , comma 2, c.p.c., perché aveva, per l’appunto, aderito alle domande degli attori.
Dal ricorso risulta, peraltro, che la richiesta rimessione in termini per la proposizione di autonome domande era avvenuta tardivamente all’udienza del 20.4.20 04, mediante la comparsa di costituzione con nuovo difensore, che aveva modificato la precedente linea difensiva, chiedendo che COGNOME NOME fosse dichiarato unico erede.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, la rimessione in termini prevista dall’art. 153, comma 2, c.p.c. (già, in precedenza, dall’art. 184-bis dello stesso codice) deve essere
domandata dalla parte interessata senza ritardo e non appena essa abbia acquisito la consapevolezza di avere violato il termine stabilito dalla legge o dal giudice per il compimento dell’atto (Cass. n. 23561/2011; Cass. n. 4841/2012).
Ne consegue la tardività della richiesta di rimessione in termini e della domanda proposta con la comparsa di intervento, perché non (più) adesiva della domanda degli attori.
Con il secondo motivo del ricorso principale, si deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 602 c.c., 606 c.c., degli artt. 591 c.c., 428 c.c., 1425 c.c., 1442 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.
Il ricorrente confuta la decisione della Corte di Appello, che aveva dichiarato nullo il testamento per difetto di autografia, sostenendo che l’intervento del terzo fosse marginale ovvero limitato a guidare e sostenere le lettere iniziali di alcune parole, senza aver alterato il senso e l’espressione della volontà testamentaria.
Il COGNOME, a sostegno della propria tesi, richiama il precedente di questa Corte n. 32/1992, con cui era stata ritenuta la validità del testamento olografo redatto per iscritto dal testatore con la collaborazione grafica meramente meccanica di un terzo del quale il testatore si sia servito senza divenirne un inerte strumento di scritturazione. Si prospetta, quindi, che il testamento di COGNOME COGNOME sarebbe stato, pertanto, non nullo ma annullabile, ex art. 591 c.c., per vizio del consenso o per incapacità della testatrice, accertata con sentenza passata in giudicato nel procedimento penale; tale azione si sarebbe prescritta per gli altri attori ma non per COGNOME NOME, che si era costituito parte civile del procedimento penale nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME per circonvenzione della de cuius, procedimento che si era concluso con sentenza di non doversi procedere per prescrizione del reato, con conferma delle statuizioni civili in suo favore.
2.1. Anche questo motivo è privo di fondamento.
2.2 Va osservato che in materia testamentaria, il rigore formale richiesto per il testamento olografo e la sua particolare semplicità di redazione comportano che l’intervento di un terzo nella redazione del testamento, anche solo per guidare la mano del testatore, escluda il requisito dell’autografia e dunque deve ritenersi affetto da nullità.
Il collegio ritiene che le puntuali indicazioni fornite dalla Corte distrettuale a favore della tesi più rigorosa, corredate di precisi riferimenti della giurisprudenza di questa Corte, conducono alla conclusione (della conferma) della nullità del testamento qualora la mano del testatore sia stata guidata dal terzo.
In tal senso, come già affermato da questa Corte con le pronunce n. 24882/2013 e n. 5505/2017 (quest’ultima richiamata anche nella sentenza impugnata), deve ritenersi che, in presenza di aiuto e di guida della mano del testatore da parte di una terza persona, per la redazione di un testamento olografo, tale intervento del terzo, di per sé, escluda il requisito dell’autografia di tale testamento, indispensabile per la validità del testamento olografo, a nulla rilevando l’eventuale corrispondenza del contenuto della scheda alla volontà del testatore (v., nello stesso senso, già Cass. n. 3163/1993, Cass. n. 11733/2002 e Cass. n. 26258/2008).
Per tali ragioni, è ultroneo verificare se la mano guidante sia intervenuta su tutta la scheda testamentaria o se la parte non interessata dal suo intervento rappresenti una compiuta manifestazione di volontà, trattandosi di condotta in ogni caso idonea ad alterare la personalità ed abitualità del gesto grafico e tale da condizionare l’accertamento della validità del testamento alla verifica di ulteriori circostanze -quali l’effettiva finalità dell’aiuto del terzo o la corrispondenza del testo scritto alla volontà dell’adiuvato -che minerebbero le finalità di chiarezza e semplificazione alla base della disciplina del testamento olografo.
Unica ipotesi in cui è riconosciuta in giurisprudenza la validità del testamento nel caso in cui il testatore si sia fatto guidare la mano riguarda l’ipotesi in cui abbia vergato la data della scheda con maggiore chiarezza ovvero un elemento la cui mancanza comporta solo l’annullabilità e non la nullità del testamento ex art. 606, commi 1 e 2, c.c. (v. Cass. n. 30237/2023).
Il terzo motivo lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 651 c.p.p., 654 c.p.p. e 578 c.p.p. e dell’art. 2909 c.c., in relazione all’art.360, comma 1, n.3 c.p.c.; secondo il ricorrente, alla sentenza della Corte di appello penale di Ancona, che aveva dichiarato non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME per prescrizione, confermando le statuizioni civili in favore di NOME COGNOME, avrebbe dovuto essere attribuita efficacia vincolante nel giudizio civile in ordine all’accertamento della sua qualità di erede.
3.1. Pure questo motivo è infondato.
3.2. Ai sensi dell’art. 654 c.p.p., solo la sentenza penale di condanna o di assoluzione pronunciata a seguito di dibattimento ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo esclusivamente a fini risarcitori e non anche in ordine al riconoscimento della qualità di erede.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, sebbene l’art. 578 c.p.p. esplichi effetti risarcitori per le statuizioni civili nei confronti delle sole parti civili costituite, tutti gli eredi hanno comunque il diritto di proporre domanda giudiziale nella sede civile al fine di ottenere l’accertamento della nullità o dell’annullabilità del testamento olografo (Cass. n. 27055/2024).
Difatti, sebbene COGNOME NOME si fosse costituito parte civile nel giudizio penale, ciò rilevava esclusivamente ai fini delle statuizioni civili a suo favore ma non precludeva agli altri interessati di agire per la tutela dei rispettivi diritti in sede civile.
Come affermato da questa Corte in un caso sovrapponibile a quello in esame, qualora, in sede penale, sia stata pronunciata in primo o in secondo grado la condanna, anche generica, alle restituzioni e al risarcimento dei danni cagionati dal reato a favore della parte civile, e la Corte di cassazione, nell’annullare senza rinvio la pronuncia per essere il reato estinto per prescrizione, tenga ferme le statuizioni civili, attesa la sentenza di condanna in primo grado e l’assenza di impugnazione sul punto, una tale decisione dà luogo alla formazione del giudicato sulla statuizione resa dal giudice penale, a norma dell’art. 578 c.p.p., sulla domanda civile portata nella sede penale, come tale vincolante in ogni altro giudizio tra le stesse parti in cui si verta sulle conseguenze, anche diverse dalle restituzioni o dal risarcimento, derivanti dal fatto (Cass. n. 11467/2020).
Ne consegue che la statuizione in sede penale in ordine agli effetti civili in favore di COGNOME NOME non rileva ai fini dell’accertamento della qualità di erede e, difetta, pertanto, l’efficacia di un giudicato penale di condanna.
In definitiva, alla stregua di tutte le complessive argomentazioni svolte, il ricorso del COGNOME NOME deve essere integralmente rigettato.
A seguito della rinuncia del ricorso incidentale da parte di COGNOME NOME e COGNOME NOME, in qualità di eredi di COGNOME NOME, va dichiarata l’estinzione parziale del giudizio di cassazione limitatamente ai rapporti processuali riconducibili al ricorso incidentale rinunciato.
In considerazione dell’esito del giudizio e del comportamento delle parti con riferimento al relativo rapporto processuale, le spese di lite vanno compensate tra il ricorrente principale ed i ricorrenti in via incidentale.
Sia COGNOME NOMECOGNOME ricorrente principale, che COGNOME NOME e COGNOME NOME, in qualità di eredi di COGNOME NOME, ricorrenti in
via incidentale, vanno condannati alle spese di lite in favore dei controricorrenti COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME (gli ultimi tre quali eredi di COGNOME COGNOME), COGNOME NOME (nella qualità di procuratore speciale di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, quali eredi di COGNOME NOME Secondo), in applicazione del principio della soccombenza. Esse si liquidano come in dispositivo.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del DPR 115/2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13, se dovuto.
P.Q.M.
R igetta il ricorso principale, dichiara l’estinzione parziale del giudizio di cassazione limitatamente ai rapporti processuali riconducibili al ricorso incidentale rinunciato.
Compensa le spese del presente giudizio tra il ricorrente principale e i ricorrenti incidentali.
Condanna il ricorrente principale e i ricorrenti incidentali, in solido fra loro, al pagamento, in favore dei controricorrenti COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME (gli ultimi tre quali eredi di COGNOME NOME), COGNOME NOME (anche nella qualità di procuratore speciale di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, quali eredi di COGNOME NOME), delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in euro 6.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre contributo forfettario, iva e c.p.a. nella misura e sulle voci come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR 115/2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda