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Test audiometrico non professionale non è giusta causa

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’esecuzione di un test audiometrico non professionale da parte del figlio non laureato di un agente non costituisce giusta causa per il recesso dal contratto di agenzia. La Corte ha ritenuto tale test un’attività meramente esplorativa e promozionale, distinta da quella sanitaria riservata ai tecnici audioprotesisti, confermando la decisione della Corte d’Appello che aveva condannato la società preponente al pagamento di cospicue indennità all’agente.

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Test Audiometrico non Professionale: Non Giustifica il Recesso per Giusta Causa

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito un punto fondamentale riguardo i contratti di agenzia nel settore audioprotesico. L’esecuzione di un test audiometrico non professionale, di natura meramente esplorativa e promozionale, non costituisce un inadempimento così grave da giustificare un recesso per giusta causa da parte della società preponente. Questa decisione sottolinea la netta distinzione tra le attività promozionali e l’esercizio di una professione sanitaria protetta.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine dal recesso per giusta causa intimato da una nota società operante nel settore degli apparecchi acustici nei confronti di un suo agente monomandatario. La contestazione alla base del recesso era che il figlio dell’agente, non ancora in possesso della qualifica di tecnico audioprotesista, avesse eseguito un test dell’udito su una cliente.

L’agente impugnava il recesso, chiedendo il pagamento delle indennità di fine rapporto. La Corte d’Appello, riformando la decisione di primo grado, accoglieva le ragioni dell’agente. I giudici di secondo grado avevano qualificato il test eseguito dal figlio come un’attività del tutto innocua e assimilabile a quelle praticate dai promoter della stessa società durante le campagne pubblicitarie, ad esempio sui camper allestiti nelle piazze. Si trattava, secondo la Corte territoriale, di un’attività preliminare ed esplorativa, ben distinta dall’atto medico-professionale di individuazione e adattamento della protesi, che richiede la competenza specifica del tecnico laureato e, a monte, la prescrizione di un medico specialista.

La Decisione della Corte di Cassazione

La società, insoddisfatta della sentenza d’appello, ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che i giudici avessero errato nell’interpretare le normative di settore, che riservano l’esecuzione di esami audiometrici al personale qualificato.

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la decisione dei giudici di merito. Gli Ermellini hanno evidenziato come la Corte d’Appello avesse correttamente interpretato le norme, circoscrivendone l’applicazione ai soli test audiometrici di tipo professionale, e non a generiche prove di natura promozionale.

Le motivazioni: la distinzione tra test professionale e test esplorativo

Il cuore della motivazione risiede nella distinzione operata dai giudici di merito. Un conto è l’esame audiometrico professionale, finalizzato alla diagnosi e alla prescrizione di una protesi acustica, attività riservata per legge al tecnico audioprotesista. Un altro conto è un test superficiale, di primo approccio, volto unicamente ad attrarre possibili clienti e a sensibilizzarli su un’eventuale diminuzione della sensibilità acustica. Quest’ultimo, definito come test audiometrico non professionale, è stato ritenuto un’attività promozionale, del tutto simile a quella che la stessa società preponente svolgeva per fini pubblicitari.

La Corte di Cassazione ha ribadito che la valutazione sulla natura del test eseguito (se professionale o meramente esplorativo) costituisce un “apprezzamento di merito”, ovvero un’analisi dei fatti e delle prove che spetta esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado. La Corte di legittimità non può entrare in questo tipo di valutazione, potendo sindacare solo la violazione di norme di diritto. Poiché i giudici d’appello avevano fornito una motivazione logica e coerente per la loro decisione, la Cassazione non ha potuto fare altro che respingere il ricorso.

Le conclusioni: implicazioni pratiche

L’ordinanza ha importanti implicazioni pratiche. In primo luogo, stabilisce che non ogni attività legata alla misurazione dell’udito rientra automaticamente nell’ambito della professione sanitaria protetta. Esiste uno spazio per attività promozionali e di primo contatto che, sebbene utilizzino strumenti tecnici, non integrano l’esercizio abusivo della professione se non sono finalizzate alla diagnosi o all’adattamento di una protesi. In secondo luogo, la decisione ribadisce che il recesso per giusta causa richiede un inadempimento di notevole gravità, tale da ledere irrimediabilmente il rapporto di fiducia. Un’azione considerata promozionale e non illecita non possiede tale gravità. Infine, la sentenza è un chiaro monito sull’inammissibilità dei ricorsi in Cassazione che mirano a ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti già esaminati nei gradi di merito.

Quando un test dell’udito può essere considerato un ‘test audiometrico non professionale’?
Secondo la sentenza, un test è considerato non professionale quando ha natura meramente esplorativa e di primo approccio, simile a quelli svolti a fini pubblicitari e promozionali per attrarre clienti. Si distingue dal test professionale perché non è finalizzato all’individuazione e all’adattamento di una protesi acustica, attività che richiede la competenza di un tecnico qualificato.

L’esecuzione di un test audiometrico non professionale da parte di personale non qualificato costituisce giusta causa di recesso dal contratto di agenzia?
No. La Corte ha stabilito che tale condotta, essendo assimilabile a un’attività promozionale e non a un illecito esercizio di una professione sanitaria, non costituisce un inadempimento contrattuale di gravità tale da giustificare il recesso per giusta causa.

Qual è il limite del sindacato della Corte di Cassazione sulla valutazione dei fatti?
La Corte di Cassazione non può riesaminare la valutazione dei fatti e delle prove (cosiddetto ‘apprezzamento di merito’) compiuta dai giudici dei gradi precedenti. Il suo ruolo è limitato a verificare la corretta applicazione delle norme di diritto. Se la decisione impugnata è basata su una motivazione logica e coerente, la Corte non può modificarla solo perché le prove avrebbero potuto essere interpretate diversamente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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