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Terzo mandato consecutivo: Cassazione chiarisce

Le Sezioni Unite della Cassazione hanno stabilito che, ai fini del divieto di terzo mandato consecutivo per i consiglieri degli Ordini forensi, le dimissioni anticipate non interrompono la consecutività. Il mandato va considerato nella sua durata legale ‘oggettiva’, non in quella ‘soggettiva’ effettivamente svolta dal singolo. La Corte ha cassato la decisione del Consiglio Nazionale Forense che aveva ritenuto legittime le candidature di due avvocati.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Terzo mandato consecutivo: le Sezioni Unite chiariscono i dubbi

Con l’ordinanza n. 9755 del 2024, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione tornano a pronunciarsi su un tema cruciale per la vita degli ordini professionali: il divieto di terzo mandato consecutivo. La decisione chiarisce in modo definitivo che le dimissioni volontarie anticipate non sono sufficienti a interrompere la sequenza dei mandati, riaffermando un’interpretazione rigorosa della normativa volta a garantire il ricambio e la più ampia partecipazione alla vita istituzionale forense.

I Fatti del Caso: una controversia elettorale

La vicenda nasce da un ricorso presentato contro l’elezione di alcuni avvocati al Consiglio di un grande Ordine territoriale per il quadriennio 2023-2026. I ricorrenti sostenevano l’illegittimità delle candidature a causa della violazione del divieto del terzo mandato consecutivo.

Le posizioni contestate erano principalmente due:
1. Una consigliera eletta per un primo mandato (2012-2013), dimessasi per assumere un altro incarico istituzionale incompatibile, e successivamente rieletta per il quadriennio 2019-2022. La sua candidatura per il 2023-2026 era stata considerata legittima dal Consiglio Nazionale Forense.
2. Un consigliere che aveva ricoperto la carica per diverse consiliature consecutive e che, eletto anche per il quadriennio 2019-2022, si era dimesso nel 2020 a seguito di una dichiarazione di ineleggibilità. Il CNF aveva ritenuto che, essendo il mandato svolto per meno di due anni, non impedisse una nuova candidatura.

Il Consiglio Nazionale Forense aveva inizialmente respinto in parte il reclamo, ma i ricorrenti hanno portato la questione dinanzi alla Corte di Cassazione.

La decisione della Cassazione sul terzo mandato consecutivo

Le Sezioni Unite hanno accolto il ricorso, cassando la decisione del CNF e stabilendo principi fondamentali per l’applicazione della normativa.

La nozione “oggettiva” del mandato

La Corte ribadisce un principio già affermato in precedenza (sentenza n. 8566/2021): ai fini del calcolo dei mandati, si deve fare riferimento alla “nozione oggettiva di mandato”. Ciò significa che conta la durata legale della consiliatura per la quale si è stati eletti, non il periodo di tempo effettivo in cui il singolo consigliere ha svolto l’incarico. Le vicende personali, come le dimissioni volontarie, sono irrilevanti.

L’irrilevanza delle dimissioni e dei mandati brevi

La Cassazione chiarisce due punti cruciali:
* Dimissioni volontarie: Non sono idonee a interrompere la consecutività dei mandati. Anche se motivate dalla scelta di ricoprire un altro incarico incompatibile, le dimissioni restano un atto volontario che non può eludere la finalità della norma.
* Mandato infrabiennale: La legge prevede che i mandati di durata inferiore ai due anni non si contino ai fini del raggiungimento del limite dei due mandati consecutivi. Tuttavia, la Corte specifica che un tale mandato breve è ugualmente inidoneo a fungere da “periodo di pausa” per interrompere la consecutività. In altre parole, non aver partecipato a una consiliatura di durata inferiore a due anni non “azzera” il conteggio dei mandati precedenti.

Le motivazioni della Corte

La ratio della normativa, sottolinea la Corte, è quella di favorire il ricambio all’interno degli organi di governo degli Ordini professionali. L’obiettivo è “assicurare la più ampia partecipazione degli iscritti” e impedire la “cristallizzazione della rappresentanza” che può derivare da lunghe permanenze nelle stesse cariche. Permettere che dimissioni volontarie o brevi periodi di interruzione possano aggirare questo divieto vanificherebbe lo scopo della legge. L’interpretazione deve essere rigorosa e funzionale a garantire l’effettiva alternanza e l’immissione di “forze fresche” nel meccanismo rappresentativo.

Le conclusioni

In conclusione, le Sezioni Unite hanno cassato con rinvio la decisione impugnata. Il principio che emerge è chiaro: per il divieto del terzo mandato consecutivo, si considera l’intera durata legale della consiliatura, a prescindere da dimissioni anticipate. Inoltre, un’interruzione inferiore ai due anni non è sufficiente a interrompere la sequenza. Questa ordinanza rappresenta un punto fermo nell’interpretazione della normativa elettorale forense, rafforzando i principi di alternanza e parità di accesso alle cariche elettive.

Le dimissioni anticipate da consigliere dell’Ordine interrompono la consecutività dei mandati ai fini del divieto di rielezione?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che si deve far riferimento alla durata legale e oggettiva della consiliatura, non al periodo soggettivamente svolto. Le dimissioni volontarie, anche se motivate, non interrompono la sequenza dei mandati consecutivi.

Un mandato durato legalmente meno di due anni può interrompere la serie di mandati consecutivi?
No. Secondo la Corte, un mandato infrabiennale (inferiore a due anni) non viene conteggiato ai fini del divieto, ma non è neppure idoneo a costituire una cesura che interrompa la consecutività dei mandati precedenti.

Come si calcola la durata di un mandato per il divieto del terzo mandato consecutivo?
Si calcola sulla base della durata legale e oggettiva della consiliatura per la quale un candidato è stato eletto. La circostanza che il consigliere si sia dimesso prima della scadenza naturale del mandato è irrilevante.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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