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Terzo mandato avvocati: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione, Sezioni Unite, ha stabilito che ai fini del divieto di terzo mandato consecutivo per i consiglieri degli ordini forensi, un mandato si considera interamente espletato anche se interrotto da dimissioni anticipate. La sentenza chiarisce che rileva la durata ‘oggettiva’ della consiliatura per cui si è stati eletti, e non la durata ‘soggettiva’ del servizio effettivamente prestato. Pertanto, un avvocato che ha già svolto due mandati consecutivi non può ricandidarsi immediatamente, anche se uno dei due mandati è durato meno di due anni a causa di dimissioni.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Terzo Mandato Avvocati: La Cassazione Interviene sul Calcolo dei Mandati Interrotti

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha fornito un chiarimento fondamentale sul divieto di terzo mandato consecutivo per i membri dei Consigli degli Ordini degli Avvocati. La decisione stabilisce un principio cardine: ai fini del calcolo, conta la durata legale dell’intero mandato per cui si è stati eletti, non il periodo di tempo effettivamente trascorso in carica. Questa pronuncia ha importanti ripercussioni sulla candidabilità e sulle regole di ricambio all’interno degli organi forensi.

I Fatti del Caso: Elezioni e Ineleggibilità

La vicenda trae origine dalla candidatura di un avvocato per il rinnovo del Consiglio dell’Ordine per il quadriennio 2023/2026. La Commissione elettorale aveva inizialmente escluso il candidato, ritenendo che si trattasse del suo terzo mandato consecutivo, in violazione della normativa vigente. Tuttavia, il Consiglio Nazionale Forense (CNF) aveva ribaltato questa decisione in via cautelare e poi nel merito, riammettendo l’avvocato alla competizione elettorale.

La motivazione del CNF si basava sul fatto che uno dei due mandati precedenti, quello iniziato nel 2019, si era interrotto prima del biennio. L’avvocato, infatti, si era dimesso nel gennaio 2020 a seguito di una sentenza dello stesso CNF che ne aveva dichiarato l’ineleggibilità. Secondo il CNF, un mandato di durata inferiore ai due anni non doveva essere conteggiato ai fini del divieto di rielezione.

La Decisione della Corte di Cassazione e il divieto di terzo mandato

Investita della questione, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso contro la decisione del CNF, cassando la sentenza e rinviando la causa allo stesso Consiglio Nazionale Forense. Le Sezioni Unite hanno riaffermato un principio già espresso in una precedente pronuncia (n. 8566/2021): la nozione di mandato da considerare è quella ‘oggettiva’.

Ciò significa che, una volta eletto, il consigliere riceve un mandato per l’intera durata legale della consiliatura (in questo caso, un quadriennio). Le vicende personali successive, come le dimissioni volontarie, non possono ridurre la portata ‘oggettiva’ di quel mandato. Di conseguenza, anche se il consigliere ha servito per un periodo inferiore a quello legale, quel mandato deve essere conteggiato per intero ai fini del divieto di terzo mandato.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha spiegato che la ratio della normativa è quella di favorire l’avvicendamento e il ricambio generazionale all’interno degli organi di vertice, evitando la cristallizzazione di posizioni di potere. Permettere a un consigliere di ‘azzerare’ il conteggio di un mandato tramite dimissioni anticipate, anche se strategiche, eluderebbe lo scopo della legge.

I giudici hanno sottolineato che le dimissioni, seppur motivate dalla volontà di adeguarsi a una pronuncia di ineleggibilità, rimangono un atto volontario. Tale atto non può incidere sulla durata oggettiva della consiliatura per la quale il mandato era stato conferito. Inoltre, la dichiarazione di ineleggibilità, pur operando ex tunc (cioè retroattivamente), non annulla l’attività svolta fino a quel momento dal consigliere, che agisce come ‘funzionario di fatto’, a tutela della validità degli atti compiuti e dell’affidamento dei terzi.

In sintesi, la durata infrabiennale del mandato svolto soggettivamente è irrilevante. Ciò che conta è il conferimento del mandato per l’intera consiliatura 2019/2022. Avendo già completato un altro mandato consecutivo, il candidato non poteva legittimamente presentarsi per un terzo.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La decisione delle Sezioni Unite consolida un’interpretazione rigorosa del divieto di terzo mandato. Le implicazioni pratiche sono chiare: un consigliere che ha ricevuto due mandati consecutivi non può ricandidarsi per il terzo, a prescindere dal fatto che uno dei due si sia interrotto prematuramente per sua volontà. Il calcolo si basa sul numero di elezioni consecutive vinte per una consiliatura, non sulla somma dei giorni di servizio effettivo. Questo principio garantisce che l’obiettivo di ricambio e apertura degli organi professionali non venga aggirato attraverso le dimissioni, rafforzando la trasparenza e la parità di condizioni nelle competizioni elettorali forensi.

Un mandato interrotto da dimissioni volontarie conta ai fini del divieto di terzo mandato consecutivo?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, ai fini del divieto rileva la nozione di mandato in senso oggettivo, legata alla durata legale della consiliatura. Le dimissioni anticipate, essendo un atto volontario, non interrompono il conteggio del mandato, che si considera espletato per intero.

La durata effettiva del mandato, se inferiore a due anni, esclude il mandato dal conteggio per il divieto di rielezione?
No. L’ordinanza chiarisce che la previsione di non computare i mandati di durata inferiore a due anni non si applica al caso in cui la minor durata dipenda da dimissioni volontarie del consigliere. Si deve considerare l’intera durata della consiliatura per cui si è stati eletti.

Una dichiarazione di ineleggibilità con effetto retroattivo (ex tunc) annulla il mandato come se non fosse mai esistito ai fini del calcolo dei mandati?
No. Sebbene la dichiarazione di ineleggibilità abbia effetti retroattivi, essa non annulla l’attività svolta fino alle dimissioni. In base al principio del ‘funzionario di fatto’, gli atti compiuti restano validi. Ai fini del calcolo, il mandato è stato comunque ricevuto e deve essere computato, specialmente se l’interruzione è avvenuta tramite dimissioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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