Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 3090 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 3090 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso 22803-2020 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Centrale dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 794/2019 della CORTE DI APPELLO di SALERNO, depositata il 27/12/2019 R.G.N. 24/2018;
Oggetto
Previdenza agricoli
R.G.N. 22803/NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 25/10/2023
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/10/2023 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
RILEVATO IN FATTO
che, con sentenza depositata il 27.12.2019, la Corte d’appello di Salerno, in riforma della pronuncia di primo grado, ha rigettato la domanda di NOME COGNOME volta alla reiscrizione negli elenchi dei lavoratori agricoli da cui era stata cancellata a seguito di disconoscimento del rapporto di lavoro precorso nell’anno 2010 con l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE;
che avverso tale pronuncia NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura; che l’RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso;
che, chiamata la causa all’adunanza camerale del 25.10.2023, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (articolo 380bis .1, comma 2°, c.p.c.);
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con il primo motivo, la ricorrente denuncia omessa pronuncia e violazione degli artt. 276 e 277 c.p.c. per non avere la Corte di merito rilevato l’inammissibilità dell’appello proposto dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE per essere stato notificato oltre il termine di dieci gi orni dall’emissione del decreto di fissazione dell’udienza di cui all’art. 435 c.p.c. e comunque per essere stato proposto oltre il termine breve di cui all’art. 325 c.p.c., essendo stata la sentenza di prime cure notificata presso il domicilio eletto dall ‘ente previdenziale in prime cure;
che, con il secondo motivo, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2700 c.c. per avere la Corte territoriale errato nella valutazione delle
risultanze probatorie e, segnatamente, delle deposizioni testimoniali;
che, con riguardo al primo motivo, va ribadito che il termine di dieci giorni assegnato dall’art. 435 c.p.c. all’appellante per la notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza di discussione non è perentorio, di talché la sua inosservanza non comporta alcuna decadenza dall’impugnazione (così già Cass. n. 21358 del 2010, che si è fatta carico di distinguere la fattispecie della notificazione tardiva rispetto a quella dell’omessa notificazione, su cui Cass. S.U. n. 20604 del 2008 aveva fondato il dictum impropriamente richiamato nel ricorso per cassazione; nello stesso senso, da ult., v. Cass. nn. 15358 del 2017 e 24034 del 2020);
che, sempre con riguardo al primo motivo, va rilevato che i giudici di merito hanno dato atto che la notifica della sentenza di primo grado non è stata effettuata nei confronti del difensore costituito in primo grado, escludendo perciò correttamente l’avvenuta decorrenza del termine breve per l’impugnazione;
che, tanto premesso, risulta evidente che il primo motivo di gravame è infondato nella parte in cui lamenta la violazione dell’art. 435 c.p.c. e affatto inammissibile nella parte in cui si duole della violazione dell’art. 325 c.p.c., mancando di ogni confronto con l’anzidetta ratio decidendi ;
che, sebbene i giudici territoriali non abbiano motivato in ordine alla reiezione della censura concernente la presunta violazione dell’art. 435 c.p.c., soccorre il principio di diritto secondo cui la mancanza di motivazione su una questione di diritto e non di fatto deve ritenersi irrilevante, ai fini della cassazione della sentenza, qualora il giudice del merito sia comunque pervenuto ad un’esatta soluzione del
problema giuridico sottoposto al suo esame, giacché in tal caso questa Corte, in ragione dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, di cui all’art. 111, comma 2°, Cost., ha il potere, in una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 384 c.p.c., di correggere la motivazione anche a fronte di un error in procedendo , quale la motivazione omessa, mediante l’enunciazione delle ragioni che giustificano in diritto la decisione anche implicitamente assunta (Cass. S.U. n. 2731 del 2017);
che affatto inammissibile è invece il secondo motivo, pretendendo di veicolare, al di là dei riferimenti a presunte violazioni di legge, una critica dell’accertamento di fatto compiuto dai giudici territoriali, che non è in alcun modo consentita in questa sede di legittimità se non nei limiti rigorosi di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c., nel senso attribuitogli da Cass. S.U. n. 8053 del 2014 e innumerevoli succ. conf.; che il ricorso, pertanto, va rigettato;
che, non ricorrendo i presupposti per l’applicabilità dell’art. 152 att. c.p.c., non controvertendosi in materia di prestazioni di previdenza e assistenza (cfr. Cass. n. 16676 del 2020), la ricorrente va senz’altro condannata alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo;
che, in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso;
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in € 3.200,00, di cui € 3.000,00 per compensi,
oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del