Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 18285 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 18285 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso nr. 23792/2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, incorporante per fusione RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rapp.te p.t, elettivamente domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, che, unitamente all’AVV_NOTAIO, la rappresentata e difende, giusta procura speciale in calce al ricorso
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rapp.te p.t., domiciliata ex lege in Roma, INDIRIZZO, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, giusta procura speciale in atti
-controricorrente –
avverso la sentenza nr. 270/2022 della Corte d’Appello di Trieste, depositata in data 30/6/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di AVV_NOTAIOiglio del 24 gennaio 2024 dal AVV_NOTAIO. NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1 Il RAGIONE_SOCIALE convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Pordenone, RAGIONE_SOCIALE, chiedendo che, accertata l’inefficacia ex art. 67 2° comma e 70 l. fall. di numerose rimesse bancarie accreditate nel periodo sospetto sul c/c intrattenuto dalla società poi fallita presso la banca convenuta, questa venisse condannata alla restituzione della somma di € 637.883,07. Il processo, dichiarato interrotto dal giudice di primo grado all’udienza del 5/9/2017, a seguito della sottoposizione di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE alla procedura di liquidazione coatta amministrativa, fu riassunto, con ricorso del 17/11/2017, da RAGIONE_SOCIALE (poi incorporata in RAGIONE_SOCIALE), nella qualità di assuntore del concordato del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, nei confronti di Intesa SanPaolo spa, indicata quale successore a titolo particolare dell’originaria convenuta in forza di atto di cessione del 26/6/2017.
Il Tribunale di Pordenone accolse la domanda e, dichiarata l’inefficacia delle rimesse solutorie individuate dal ctu contabile nominato, condannò Intesa SanPaolo al pagamento in favore di NOME COGNOME della somma di € 390.768,43 oltre interessi e spese di giudizio.
3 La sentenza, impugnata dalla banca soccombente, è stata dichiarata nulla dalla Corte d’appello di Trieste per intervenuta estinzione del giudizio.
3.1 La corte del merito ha affermato che il termine di tre mesi, previsto dall’art 305 c.p.c. per la riassunzione del processo, era
iniziato a decorrere dal 10/7/2017, giorno in cui parte attrice aveva avuto legale conoscenza dell’evento interruttivo, essendole stata notificata via pec l’istanza di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di anticipazione dell’udienza proprio al fine di dichiarare l’interruzione del processo; l’atto di riassunzione, depositato solo il 17/11/2017, doveva pertanto ritenersi tardivo, con AVV_NOTAIOeguente estinzione del giudizio, rilevabile in ogni stato e grado.
La sentenza, pubblicata il 30 giugno 2022, è stata impugnata da RAGIONE_SOCIALE con ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, cui Intesa SanPaolo ha replicato con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 L’unico motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 43 l.fall. e 305 c.p.c., in relazione all’art. 360 1° comma nr. 3 c.p.c. ; la ricorrente sostiene che il termine trimestrale per la riassunzione del giudizio interrotto per la messa in stato di liquidazione coatta di una delle parti decorre, secondo l’autorevole interpretazione che sul punto hanno reso le Sezioni Unite, dalla «dichiarazione giudiziale di interruzione» e non da altri eventi e/o atti partecipativi.
2 La censura è fondata.
2.1 L’assunto della corte del merito, secondo cui detto termine trimestrale decorre dal giorno in cui l’evento interruttivo è stato legalmente portato a conoscenza della controparte, non è in linea con l’arresto delle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. n. 12154/2021) -pur citato dal giudice a quo , ma evidentemente male interpretato -che a superamento dei contrasti esistenti in materia, ha affermato che l’interruzione del processo è sì automatica ai sensi dell’art. 43, comma 3, l. fall. (applicabile anche al regime della liquidazione coatta amministrativa stante il rinvio
alla legge fallimentare contenuto nell’art. 80 comma 6 d.lgs n. 385/1993) ma che, tanto dal lato del curatore del fallimento, quanto da quello delle controparti, il termine per la relativa riassunzione o prosecuzione ai sensi dell’art. 305 c.p.c. decorre dalla conoscenza della dichiarazione giudiziale dell’interruzione, e quindi dalla sua pronuncia in udienza ai sensi dell’art. 176, comma 2, c.p.c., o dalla notificazione alle parti e al curatore ad opera di uno degli interessati o d’ufficio.’
2.2. Richiamati i plurimi precedenti orientamenti, le SS.UU. cit. hanno rilevato come il d. lgs n. 14/19, seppur non direttamente applicabile ai fallimenti pronunciati prima della sua entrata in vigore (il 15.7.2022), detti tuttavia un principio volto ad uniformare per tutte le parti del processo la decorrenza del termine per la riassunzione, svincolandola da una concreta indagine in ordine alla conoscenza che tali parti abbiano in altro modo avuto dell’evento interruttivo, e rapportandola alla declaratoria d’interruzione pronunciata dal giudice (e, per le parti non presenti in giudizio, alla sua successiva comunicazione).
2.3 L’art. 143 CCII, invero, dispone espressamente al terzo comma che « L’apertura della liquidazione giudiziale determina l’interruzione del processo. Il termine per la riassunzione del processo interrotto decorre da quando l’interruzione viene dichiarata dal giudice ». Quindi, fino a tale declaratoria, nessun termine per la riassunzione può iniziare a decorrere ed è pertanto esclusa la possibilità d’estinzione del giudizio.
2.4 La stessa soluzione è stata seguita dalle SS.UU. cit. anche per le procedure apertesi prima dell’entrata in vigore del nuovo codice della crisi d’impresa, in quanto ritenuta al contempo idonea a dirimere i contrasti giurisprudenziali registrati in materia in modo razionale, e già armonizzata rispetto all’assetto normativo destinato a compiersi con l’entrata in vigore nella sua interezza del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14.
2.5. Ciò, lungi dallo smentire l’automaticità dell’effetto interruttivo -posto che il giudice può addivenire alla dichiarazione di interruzione del procedimento per il solo fatto di essere venuto a conoscenza della sopravvenuta procedura fallimentare ed a prescindere da una canalizzazione di quella conoscenza per iniziativa del difensore del fallito, ex art. 300, co. 1, c.p.c. -riconduce la conoscenza della causa interruttiva ex art. 43 L.F. proprio al processo inciso dall’interruzione stessa, derivando dalla pronuncia dichiarativa del giudice l’identica certezza del nesso tra l’evento e i suoi effetti, simmetricamente per curatore e parte che non ne sia colpita; ciò, beninteso, per il curatore, a patto che il provvedimento gli sia notificato a cura di chi abbia interesse a far AVV_NOTAIOumare il prima possibile il termine, ovvero gli sia comunicato dallo stesso ufficio.
2.6. Conclusivamente, le SS.UU. hanno enunciato il seguente principio di diritto: «in caso di apertura del fallimento, l’interruzione del processo è automatica ai sensi dell’art.43 co.3 l.fall., ma il termine per la relativa riassunzione o prosecuzione, per evitare gli effetti di estinzione di cui all’art.305 c.p.c. e al di fuori delle ipotesi di improcedibilità ai sensi degli artt. 52 e 93 l. fall. per le domande di credito, decorre dal momento in cui la dichiarazione giudiziale dell’interruzione stessa sia portata a conoscenza di ciascuna parte; tale dichiarazione, ove già non conosciuta nei casi di pronuncia in udienza ai sensi dell’art.176 co.2 c.p.c., va direttamente notificata alle parti o al curatore da ogni altro interessato ovvero comunicata -ai predetti fini -anche dall’ufficio giudiziario, potendo il giudice pronunciarla altresì d’ufficio, allorché gli risulti, in qualunque modo, l’avvenuta dichiarazione di fallimento ».
2.7 Nel caso in esame il termine per la riassunzione decorreva quindi dal 5/9/2017, data dell’udienza in cui il giudice di primo grado dichiarò interrotto il giudizio, sicché alla data del 17/11/2017, di deposito dell’atto di riassunzione, il termine
trimestrale previsto dall’art 305 c.p.c. non era ancora decorso e non si era verificata l’estinzione.
4 La sentenza impugnata va pertanto cassata, con rinvio della causa alla Corte d’Appello di Trieste in diversa composizione, per l’esame del merito e per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
PQM
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Trieste in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di AVV_NOTAIOiglio del 24 gennaio 2024