Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 4619 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2   Num. 4619  Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20229/2021 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, domiciliato in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA), che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) , rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE);
– controricorrente e ricorrente incidentale-
avverso  il  DECRETO  di  CORTE  D’APPELLO  DI  ANCONA  n.  392/2020 depositata il 25/01/2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/09/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con ricorso alla Corte d’appello di Ancona in data 17.02.2020, NOME COGNOME chiedeva il riconoscimento dell’equa riparazione per l’eccessiva durata del fallimento del RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE NOME personalmente, quale socio accomandatario. La sentenza di dichiarazione di fallimento veniva depositata in cancelleria dal Tribunale di Fermo il 16.12.1988, mentre il decreto di chiusura della procedura fallimentare veniva depositato in data 17.07.2018, per un tempo dunque eccedente la durata ragionevole complessivamente pari a 23 anni, sei mesi e 16 giorni.
1.1. Il Giudice Designato accoglieva il ricorso, riconosceva un indennizzo pari ad € 15.800,00, dichiarava infondata la censura con la quale la difesa erariale lamentava la tardività della domanda di equa riparazione, sul presupposto che stante l’unitarietà della procedura fallimentare -fosse applicabile il termine lungo annuale della p revigente versione dell’art. 327 cod. proc. civ., e non il termine semestrale subentrato a seguito della riforma. Il RAGIONE_SOCIALE della Giustizia proponeva ricorso avverso detto decreto, ex art. 5ter legge n. 89 del 2001.
La Corte d’Appello di Ancona in composizione collegiale, con decreto 292/2001 qui impugnato, rigettava l’opposizione e condannava il RAGIONE_SOCIALE opponente alla rifusione delle spese in favore di NOME COGNOME quantificate in complessivi € . 500,00. Riteneva il giudice dell’opposizione di dover aderire all’orientamento in virtù del quale la Corte di legittimità ha riconosciuto ratione temporis per le procedure fallimentari temporalmente compatibili con quella presupposta l’applicabilità, ex art. 327 cod. proc. civ., del termine lungo annuale e non di quello semestrale, sulla base del fatto che il decreto di chiusura del fallimento costituisca un sub procedimento che si innesta all’interno
del  procedimento  fallimentare e,  come  tale,  è  necessariamente regolato dalla legge applicabile al procedimento principale.
Il decreto collegiale è impugnato per la cassazione dalla difesa erariale, e il ricorso affidato ad un unico motivo.
Ad  esso  resiste  NOME  COGNOME  con  controricorso  contenente ricorso incidentale basato su un unico motivo, illustrato da memoria depositata in prossimità dell’adunanza.
RAGIONI RAGIONE_SOCIALE DECISIONE
1 Con l’unico motivo di ricorso principale, il RAGIONE_SOCIALE della Giustizia denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 4 della legge 24 marzo 2001, n. 89, dell’art. 119 del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, e dell’art. 327 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ. Si censura il decreto impugnato per avere la Corte d’Appello di Ancona erroneamente ritenuto che il decreto di chiusura del fallimento fosse divenuto definitivo nel termine di un anno, secondo la previgente versione dell’art. 327 cod. proc. civ. e non di sei mesi, con tutte le conseguenze sul termine di decadenza semestrale per la proposizione della domanda di equa riparazione. Nella prospettazione della dell’amministrazione ricorrente, l’odierno resistente era legittimato a proporre reclamo avverso il decreto di chiusura della procedura fallimentare entro il termine di sei mesi dal suo deposito, vale a dire entro il 19.09.2019: ciò in quanto l’art. 46 , comma 1, della legge n. 69 del 2009 ha ridotto il termine «lungo» da un anno a sei mesi , rendendolo applicabile, ai sensi dell’art. 58, comma 1, della legge predetta ai giudizi instaurati dopo il 04.07.2009. Poiché il ricorso ex artt. 2 e 3 legge n. 89 del 2001 è stato depositato in data 17.02.2020, esso deve considerarsi tardivo, in quanto depositato ben oltre lo spirare del termine decadenziale dei sei mesi previsto dall’art. 4 della legge Pinto.
2 Con il ricorso incidentale il COGNOME denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., dell’art. 2233 cod. civ. e del D.M. n. 55 del 2014, con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ. Il ricorrente incidentale si duole del fatto che la Corte d’Appello di Ancona, dopo aver riconosciuto al COGNOME l’indennizzo per eccessiva durata del processo presupposto per un importo di €15.800,00, ha proceduto alla liquidazione del compenso professionale per la somma di €500,00 senza nulla argomentare o spiegare con riferimento alla scelta operata. Nella prospettazione del ricorrente incidentale detta liquidazione è stata operata in violazione di legge, posto che – anche applicando i minimi tabellari ex art. 4 D.M. n. 55/2014 nel terzo scaglione di riferimento -il compenso professionale ammonterebbe ad €3.118,00, non già ad €500,00.
3 Il ricorso principale del RAGIONE_SOCIALE è inammissibile , ai sensi dell’art. 360bis ,  1),  cod.  proc.  civ.,  avendo  la  Corte  di  merito  deciso  le questioni di diritto in conformità della giurisprudenza di legittimità e l’esame dei motivi non offre elementi per mutare l’orientamento (cfr. anche Cass. Sez. U – , Sentenza n. 7155 del 21/03/2017; Sez. 2 – , Ordinanza n. 29629 del 28/12/2020).
Come ripetutamente affermato da questa Corte, il reclamo ex art. 119 legge fall. è diretto ad introdurre una fase endofallimentare che ha natura di procedimento incidentale all’interno della procedura concorsuale e, come tale, non può essere assoggettato ad una disciplina processuale differente da quella regolatrice del procedimento principale in cui si inserisce (Cass. Sez. 2, ordinanza n. 8088 del 21.03.19, confermata da: Cass. nn. 4020/20, 19735/20, 19735/20, 19736/20, 19740/20, 28496/20, 4531/21, 17070/21, 32009/21, 34665/21, 35519/21, 36156/21, 13267/22, 13348/22, 13350/22, 15547/22, 17384/22, 21186/22, 30606/22 e 4465/23). Tale recente
giurisprudenza (che ha superato precedenti incertezze: così Cass. Sez. 2, n. 24732 del 17.08.2023) risulta, ormai, del tutto consolidata, come puntualmente messo in rilievo nella memoria del controricorrente: non può, pertanto, trovare accoglimento la richiesta della difesa erariale di rimessione della questione alle Sezioni Unite di questa Corte. In definitiva, «deve ribadirsi che al fine di stabilire se sia applicabile il termine lungo di sei mesi ex art. 327 c.p.c., in luogo del termine di un anno, ai fini della proposizione del reclamo avverso il decreto di chiusura del fallimento non comunicato (secondo la versione dell’art. 119 della legge fallimentare anteriore alle riforme di cui al d.lgs. n. 5/2006 e al d.lgs. n. 169/2007 e all’esito della declaratoria di illegittimità costituzionale di cui alla sentenza del Giudice delle leggi 23 luglio 2010, n. 279), occorre considerare non la data di instaurazione del subprocedimento di chiusura, bensì la data di apertura della procedura fallimentare, che rappresenta il giudizio presupposto rispetto al quale si lamenta la non ragionevole durata. E ciò perché il procedimento di reclamo e, a monte, il procedimento di chiusura del fallimento non costituiscono procedimenti autonomi occasionati dal fallimento – rispetto ai quali può applicarsi il principio tempus regit actum , con la conseguente applicabilità del termine lungo semestrale, ove ad essi sia stato dato impulso successivamente alla data del 4 luglio 2009, ai sensi dell’art. 58 della legge n. 69/2009 – ma sono piuttosto procedimenti endofallimentari, avverso l’esito della procedura, ai quali si applica la disciplina transitoria, da cui la riferibilità al termine di un anno oltre a quello della sospensione feriale dei termini» (così, in motivazione, Cass. Sez. 2, n. 30606 del 18.10.22).
Pertanto,  nel  caso  di  specie  la  data  di  apertura  della  procedura fallimentare era quella del 30.12.1988: pertanto, ai fini della proposizione  del  reclamo  e  quindi  della  individuazione  della  data  di
definitività  del  provvedimento,  trovava  applicazione  il  termine  lungo annuale ex art.  327  cod.  proc.  civ.  nella  versione  precedente  alla riforma.
Il giudice dell’opposizione ha, dunque, fatto corretta applicazione dei  principi  enunciati  da  questa  Corte  e  sopra  riportati,  rilevando  di conseguenza la tempestività del ricorso per equa riparazione.
L’inammissibilità  del  ricorso  principale  comporta, ex art.  334, comma 2, cod. proc. civ., l’inefficacia del ricorso incidentale tardivo, notificato il 03.10.2021, quindi ben oltre il termine di sei mesi dalla pubblicazione del provvedimento impugnato (25.1.2021).
Le spese di lite, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza del  solo  ricorrente  principale  (v.  Sez.  3  –  ,  Ordinanza  n.  33733  del 04/12/2023; Sez. 3 – , Ordinanza n. 15220 del 12/06/2018).
P.Q.M.
La  Corte  dichiara  inammissibile  il  ricorso  principale  e  dichiara inefficace  il  ricorso  incidentale;  condanna  il  ricorrente  principale  al pagamento  delle  spese  del  giudizio  di  legittimità,  che  liquida  in  € . 1.5 00,00 per compensi, oltre ad € . 200,00 per esborsi e agli accessori di legge nella misura del 15%, con distrazione in favore del procuratore antistatario che ne ha fatto richiesta;
Roma, 21 settembre 2023.