Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 28366 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L Num. 28366 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/10/2025
Oggetto
Licenziamento Termine per l’adozione del provvedimento disciplinare
RNUMERO_DOCUMENTO.N.NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 08/10/2025
PU
SENTENZA
sul ricorso 19381-2023 proposto da:
COGNOME NOME , rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME;
– ricorrente principale –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
ricorrente incidentale avverso la sentenza n. 3024/2023 RAGIONE_SOCIALE CORTE D’APPELLO di
ROMA, depositata il 21/07/2023 R.G.N. 2090/2022;
udita la relazione RAGIONE_SOCIALE causa svolta nella pubblica udienza del 08/10/2025 dal AVV_NOTAIO; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore AVV_NOTAIO COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e accoglimento dell’incidentale;
udito l’avvocato NOME COGNOME per delega verbale dell’ avvocato NOME COGNOME; udito l’avvocato NOME COGNOME per delega verbale dell’ avvocato NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’Appello di Roma, con la sentenza impugnata, nell’ambito di un procedimento ex lege n. 92 del 2012, in parziale riforma RAGIONE_SOCIALE pronuncia di primo grado, ha dichiarato risolto il rapporto di lavoro tra NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE con effetto dalla data del licenziamento disciplinare intimato il 26 febbraio 2020 ed ha condannato la società al pagamento, in favore del lavoratore, di una indennità risarcitoria pari a venti mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre accessori, ai sensi del comma 5 dell’art. 18 St. lav., come novellato dalla legge richiamata.
Ha poi dichiarato nulla la domanda RAGIONE_SOCIALE società reclamante volta ad ottenere la restituzione delle somme erogate a seguito delle decisioni emesse all’esito delle fasi del giudizio di primo grado.
La Corte territoriale, in sintesi, nell’esaminare le cadenze del procedimento disciplinare, ha condiviso col Tribunale l’assunto secondo cui risultavano insussistenti i presupposti per la proroga del termine di trenta giorni per l’adozione del provvedimento disciplinare stabilita dall’art. 51, lettera a), CCNL per il personale dipendente da aziende esercenti l’RAGIONE_SOCIALE, in difetto di ‘istruttoria particolarmente complessa’.
Tuttavia, diversamente dal Tribunale, ha ritenuto che l’adozione del provvedimento disciplinare oltre il termine di trenta giorni successivi alle giustificazioni addotte dal lavoratore, sebbene illegittima, determinasse l’applicabilità
RAGIONE_SOCIALE tutela di cui al comma 6 dell’art. 18 St. lav., trattandosi di licenziamento da considerare inefficace per il mancato rispetto di un termine procedurale. Ha considerato, in particolare, che ‘la comunicazione del provvedimento di proroga ex art. 51 CCNL cit. al lavoratore (indipendentemente dal successivo accertamento giudiziale RAGIONE_SOCIALE sua illegittimità) esclude che si possa essere creato nell’COGNOME un qualsivoglia affidamento sulla mancanza di connotazioni disciplinari del fatto contestato’, di modo che ‘a fronte del predetto provvedimento di proroga era palese che le giustificazioni addotte dall’COGNOME non erano state accolte’.
Tanto ha indotto la Corte a verificare se, nella specie, sussistesse ‘una delle diverse, ed ulteriori, ipotesi di illegittimità previste dall’art. 18 St. Lav., come modificato dalla l. 92/2012, che assicurano diverse, e più ampie, tutele’, pervenendo alla conclusione che nel caso concreto fosse ravvisabile ‘un difetto di proporzionalità RAGIONE_SOCIALE sanzione irrogata’, con conseguente applicazione RAGIONE_SOCIALE tutela indennitaria cd. ‘forte’ di cui al comma 5 dell’art. 18 richiamato.
‘Quanto alla richiesta RAGIONE_SOCIALE società reclamante di condannare l’COGNOME alla restituzione di tutti gli importi corrisposti in esecuzione delle decisioni delle precedenti fasi – secondo la Corte romana – la domanda è nulla non avendo la società specificato gli elementi di calcolo indispensabili al fine di determinare il preteso credito’.
Per la cassazione di tale sentenza, il lavoratore ha proposto ricorso in via principale con un unico motivo ; ha resistito l’intimata società con controricorso, contenente ricorso incidentale affidato a due motivi.
All’esito dell’adunanza camerale del 28 gennaio 2025, preceduta dalla comunicazione di memorie di entrambe le
parti, la causa è stata rinviata a nuovo ruolo per la fissazione in pubblica udienza.
La Procura AVV_NOTAIO ha depositato memoria in cui ha illustrato le conclusioni di rigetto del ricorso principale e di accoglimento di quello incidentale.
La sola società ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo del ricorso principale, il lavoratore ha denunciato la violazione dell’art. 18, commi 1 e 4, l. 300 del 1970, per ‘erronea applicazione RAGIONE_SOCIALE tutela indennitaria in luogo RAGIONE_SOCIALE reintegrazione e del risarcimento del danno’, sostenendo che ricorre nella specie ‘l’ipotesi sub (comma) 4 dell’art. 18 Statuto lavoratori in quanto il provvedimento disciplinare, adottato in assoluta carenza di potere, è stato disposto dopo la decadenza del datore di lavoro dalla potestà di disporre il licenziamento’.
Con l’impugnazione incidentale, la società deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 278 e 336 c.p.c. (primo motivo), o, in subordine degli artt. 115, 421 e 437 del codice di rito (secondo motivo), in riferimento al capo RAGIONE_SOCIALE decisione che ha disatteso la domanda di condanna alla restituzione di tutti gli importi corrisposti in esecuzione delle decisioni delle precedenti fasi di merito.
Il Collegio giudica infondato il ricorso principale del lavoratore.
La sentenza impugnata, sul punto, è conforme al principio, più volte ribadito, secondo il quale: ‘la violazione del termine per l’adozione del provvedimento conclusivo del procedimento disciplinare, stabilito dalla contrattazione collettiva, è idonea a integrare una violazione RAGIONE_SOCIALE procedura di cui all’art. 7 St. lav., tale da rendere operativa
la tutela prevista dall’art. 18, comma 6, dello stesso Statuto, come modificato dalla legge n. 92 del 2012, purché il ritardo nella comunicazione del licenziamento non risulti, con accertamento in fatto riservato al giudice di merito, notevole e ingiustificato, tale da ledere in senso non solo formale ma anche sostanziale il principio di tempestività, per l’affidamento in tal modo creato nel lavoratore sulla mancanza di connotazioni disciplinari del fatto e per la contrarietà del ritardo datoriale agli obblighi di correttezza e buona fede’ (in termini, Cass. n. 10802 del 2023; conf. Cass. n. 15324 del 2024 e Cass. n. 14172 del 2025; in coerenza con Cass. SS.UU. n. 30985 del 2017).
Nella fattispecie concreta, invece, non può trovare applicazione il principio enunciato da questa Corte rispetto ad analoghe previsioni RAGIONE_SOCIALE contrattazione collettiva, secondo le quali se il provvedimento disciplinare non viene emanato entro un certo termine le giustificazioni presentate dal lavoratore debbono intendersi accolte, con conseguente operatività RAGIONE_SOCIALE tutela di cui all’art. 18, comma 4, RAGIONE_SOCIALE l. n. 300 del 1970 (v. Cass. n. 21569 del 2018; conf. Cass. n. 5485 del 2024).
Nel caso in oggetto, infatti, la Corte territoriale ha accertato che prima del perfezionarsi RAGIONE_SOCIALE decorrenza del termine di trenta giorni dalla presentazione delle giustificazioni, cui la contrattazione collettiva applicabile riconosce la fictio RAGIONE_SOCIALE intervenuta accettazione delle medesime, la datrice di lavoro ha manifestato la volontà di volersi avvalere di un ulteriore termine per completare l’istruttoria, per cui tale comunicazione di proroga -secondo il Collegio del merito -‘(indipendentemente dal successivo accertamento giudiziale RAGIONE_SOCIALE sua illegittimità) esclude che si possa essere creato nell’COGNOME un qualsivoglia affidamento sulla mancanza di connotazioni disciplinari del fatto contestato’ .
Invero, sul piano fattuale, tale condotta datoriale, da un canto, ha precluso il perfezionarsi dell’inerzia protratta per trenta giorni soltanto alla quale la previsione pattizia assegna il significato convenzionale di accettazione delle giustificazioni, e, d’altro canto, esprime un comportamento giudicato incompatibile con la presunzione di accoglimento delle medesime, inidoneo -quindi -ad ingenerare qualsivoglia affidamento.
Si tratta di plausibili apprezzamenti di merito delle circostanze del caso concreto, come tali sottratti al sindacato di legittimità.
Il ricorso incidentale RAGIONE_SOCIALE società è, invece, fondato nei sensi espressi dalla motivazione che segue rispetto alle due censure in cui è articolato.
Come condivisibilmente osservato dal Procuratore AVV_NOTAIO è costante l’affermazione del principio di legittimità secondo cui il diritto alla restituzione delle somme, pagate in esecuzione RAGIONE_SOCIALE sentenza di primo grado provvisoriamente esecutiva, sorge direttamente in conseguenza RAGIONE_SOCIALE riforma RAGIONE_SOCIALE sentenza, la quale, facendo venir meno ex tunc e definitivamente il titolo delle attribuzioni in base alla prima sentenza, impone di porre la controparte nella medesima situazione in cui si trovava in precedenza.
Invero, l’art. 336 c.p.c. (nel testo novellato dall’art. 48 RAGIONE_SOCIALE legge 26 novembre 1990, n. 353), disponendo che la riforma o la cassazione estende i suoi effetti ai provvedimenti e agli atti dipendenti dalla sentenza riformata o cassata, comporta che, non appena sia pubblicata la sentenza di riforma, vengono meno immediatamente sia l’efficacia esecutiva RAGIONE_SOCIALE sentenza di primo grado, sia l’efficacia degli atti o provvedimenti di esecuzione spontanea o coattiva RAGIONE_SOCIALE stessa, rimasti privi di qualsiasi giustificazione, con conseguente obbligo di restituzione delle somme pagate e di
ripristino RAGIONE_SOCIALE situazione precedente (per tutte v. Cass. n. 11491 del 2006).
Coerentemente si è ritenuto che l’azione di ripetizione di somme pagate in esecuzione di un provvedimento giudiziale, provvisoriamente esecutivo, successivamente riformato in sede di sua impugnazione, non si inquadra nell’istituto RAGIONE_SOCIALE condictio indebiti (art. 2033 cod. civ.), sia perché si ricollega ad un’esigenza di restaurazione RAGIONE_SOCIALE situazione patrimoniale precedente al provvedimento stesso, sia perché il comportamento dell’ accipiens non si presta a valutazione di buona o mala fede ai sensi dell’art. 2033 cod. civ. non potendo venire in rilievo stati soggettivi rispetto a prestazioni eseguite e ricevute nella comune consapevolezza RAGIONE_SOCIALE rescindibilità del titolo e RAGIONE_SOCIALE provvisorietà dei suoi effetti (cfr., ex aliis , anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 24475 del 2019; Cass. n. 25589 del 2010; Cass. n. 14178 del 2009; Cass. n. 21992 del 2007). Conseguentemente, gli interessi legali sul quantum da restituire dovranno essere riconosciuti, in applicazione del principio generale di cui all’art. 1282 cod. civ., dal giorno del pagamento a non da quello RAGIONE_SOCIALE domanda, poiché la caducazione del titolo rende indebito il pagamento fin dall’origine, di modo che l’obbligazione restitutoria deve ritenersi sorta ed esigibile fin dal momento RAGIONE_SOCIALE solutio (v. Cass. n. 28646 del 2021, con la giurisprudenza citata in motivazione).
Dal punto di vista processuale, più volte questa Corte regolatrice ha statuito che la richiesta di restituzione delle somme corrisposte in esecuzione RAGIONE_SOCIALE sentenza di primo grado non costituisce domanda nuova in appello e che incorre nell’omessa pronuncia il giudice che non provveda su di essa (cfr. Cass. n. 10124 del 2009; Cass. n. 814 del 2015; Cass. n. 6457 del 2015; Cass. n. 2662 del 2013; Cass. n. 8639 del 2016; Cass. n. 15457 del 2020).
Si è infatti osservato che in relazione alla domanda proposta nella fase di gravame – di restituzione delle somme versate in esecuzione RAGIONE_SOCIALE sentenza di primo grado impugnata, il giudice di appello opera quale giudice di primo grado, in quanto detta domanda non poteva essere formulata precedentemente; da tanto consegue che, se il giudice dell’impugnazione omette, in tale qualità, di pronunziarsi sul punto, la parte ha la facoltà alternativa di far valere l’omessa pronunzia con ricorso in cassazione o di riproporre la domanda restitutoria in separato giudizio, senza che la mancata impugnazione RAGIONE_SOCIALE sentenza determini la formazione del giudicato (cfr. Cass. n. 15461 del 2008; Cass. n. 14253 del 2019); giudicato che invece si è ravvisato nel caso (che non ricorre nella presente controversia) in cui il giudice d’appello abbia, con sentenza non impugnata sul punto, rigettato nel merito la domanda restitutoria per mancata prova dell’avvenuto pagamento RAGIONE_SOCIALE somma dovuta in forza del titolo giudiziale riformato o cassato (cfr. Cass. n. 24896 del 2023).
Nella vicenda in esame, giova ribadire, la sentenza impugnata si è limitata ad una pronuncia in rito (ossia di nullità RAGIONE_SOCIALE domanda restitutoria), in quanto tale inidonea a formare giudicato in senso sostanziale e a paralizzare la pretesa RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
Da ultimo è opportuno rammentare che, nel contesto dell’azione restitutoria, ‘l’avvenuto pagamento può essere desunto anche dal comportamento processuale delle parti, alla stregua del principio di non contestazione che informa il sistema processuale civile e di quello di leale collaborazione tra le parti, manifestata con la previa presa di posizione sui fatti dedotti, funzionale all’operatività del principio di economia processuale’ (in termini, Cass. n. 11115 del 2021).
Sempre avuto specifico riguardo alla controversia che oggi occupa il Collegio va ribadito il principio secondo cui: ‘Il diritto alla restituzione delle somme ricevute in esecuzione di una decisione sorge per il solo fatto RAGIONE_SOCIALE cassazione o RAGIONE_SOCIALE riforma RAGIONE_SOCIALE suddetta decisione; ne consegue che, a fronte di una precisa domanda in tal senso RAGIONE_SOCIALE parte risultante vincitrice, i giudici d’appello sono tenuti a disporre la totale restituzione delle somme pagate – in caso di integrale accoglimento dell’appello – o la compensazione impropria, calcolando la differenza tra i due importi riconosciuti e gli accessori di legge, con determinazione RAGIONE_SOCIALE differenza dovuta da una parte all’altra’ (Cass. n. 7353 del 2004; conf. Cass. n. 27932 del 2005 e Cass. n. 11491 del 2006).
Ciò posto, la sentenza impugnata – che ha riformato la pronuncia di primo grado nella parte in cui ordinava la reintegrazione di NOME COGNOME e condannava la società a corrispondergli una indennità risarcitoria nel limite massimo di dodici mensilità di retribuzione nel dichiarare ‘nulla’ la domanda restitutoria RAGIONE_SOCIALE reclamante non si è attenuta ai principi di diritto innanzi richiamati, formulati anche al fine di evitare la moltiplicazione dei processi, di scongiurare condotte dilatorie, di contenere la durata complessiva dei contenziosi giudiziari.
Pertanto, respinto il ricorso principale del lavoratore, deve essere accolto quello incidentale, con cassazione RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata in relazione al ricorso incidentale accolto e rinvio al giudice indicato in dispositivo che provvederà alla disamina RAGIONE_SOCIALE domanda restitutoria proposta dalla società alla luce dei principi di diritto qui ribaditi, ossia accertando se e in che misura la RAGIONE_SOCIALE avesse ottemperato alla pronuncia di prime cure e, corrispondentemente, maturato il credito restitutorio nei confronti di NOME COGNOME, provvedendo di conseguenza e
regolando anche le spese di lite, comprese quelle del presente giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, RAGIONE_SOCIALE legge n. 228 del 2012, occorre altresì dare atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del solo ricorrente in via principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso incidentale e rigetta quello principale; cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del solo ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio dell’8 ottobre 2025.
Il cons. est. DottAVV_NOTAIO NOME COGNOME
Il Presidente AVV_NOTAIO NOME COGNOME