Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 4247 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L Num. 4247 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/02/2025
SENTENZA
sul ricorso n. 10954/2024 proposto da:
COGNOME PaoloCOGNOME rappresentato e difeso dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME e domiciliato presso la Cancelleria della Suprema Corte di cassazione;
-ricorrente –
contro
Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’Avv ocatura generale dello Stato e domiciliato per legge in INDIRIZZO
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della Corte d’appello di Venezia n. 766/2023 pubblicata il 22 gennaio 2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 gennaio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
lette e udite le conclusioni del P.M. in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’Avv. NOME COGNOME per il ricorrente, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso, e l’Avv ocatura generale dello Stato per la P.A. controricorrente, che ne ha domandato il rigetto.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Padova, con sentenza n. 279/2022, ha rigettato il ricorso di NOME COGNOME, dipendente civile del Ministero della Difesa, addetto all’Officina RAGIONE_SOCIALE dell’Esercito di Padova – RAGIONE_SOCIALE, assunto il 14 novembre 1994 e addetto dal 27 giugno 2008 alle attività materiali di distruzione delle armi nella c.d. area Legge 110, contro il licenziamento per giusta causa irrogato il 4 agosto 2017.
Detto licenziamento era stato inflitto in seguito a un ‘ ordinanza del GIP del Tribunale di Cagliari che aveva disposto nei confronti suoi e di altri la misura cautelare della custodia in carcere per i delitti di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e armi, sia comuni sia da guerra, e di peculato.
NOME COGNOME ha proposto appello che la Corte d’appello di Venezia, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 766/2023, ha rigettato.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.
Il Ministero della Difesa si è difeso con controricorso.
Il ricorrente ha depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo il ricorrente contesta l ‘omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione alla circostanza che la stampigliatura di protocollo in basso a sinistra del documento 3 allegato alla Comparsa di costituzione del Ministero della Difesa avrebbe indicato la data di ricezione dello stesso da parte dell’UPD e non del responsabile della struttura ove egli lavorava, con la conseguenza che non vi sarebbe stata la prova del giorno in cui quest’ultimo avrebbe avuto notizia del documento in questione. Ciò sarebbe
stato rilevante perché il menzionato documento avrebbe riguardato la comunicazione del l’ordinanza cautelare, dalla quale emergeva il contenuto delle accuse rivoltegli in sede penale. Pertanto, la data in esame avrebbe rappresentato il dies a quo a partire dal quale computare il termine di 120 giorni entro il quale il procedimento disciplinare avrebbe dovuto essere concluso.
Inoltre, evidenzia che la corte territoriale avrebbe commesso un secondo errore percettivo, affermando che il Ministero della Difesa avrebbe indicato che ‘la data in basso a sinistra indica la ricezione da parte del generale COGNOME‘. In realtà, la P.A. non avrebbe mai fatto una simile affermazione.
La censura è inammissibile.
In primo luogo, si evidenzia che la Corte d’appello di Venezia ha compiuto un accertamento di fatto, esaminando la menzionata comunicazione, che questo Collegio non può rinnovare.
Infatti, trattandosi di una valutazione delle risultanze istruttorie, è istituzionalmente riservata ai giudici di primo e di secondo grado.
Peraltro, neppure è configurabile il vizio di omesso esame di un fatto, atteso che la corte territoriale ha specificamente considerato il documento de quo e le difese del ricorrente sul punto.
D’altronde, è lo stesso ricorrente a segnalare, nel suo atto di impugnazione, di ritenere la presente censura aggredibile con il rimedio della revocazione piuttosto che del ricorso per cassazione.
Infine, non può non sottolinearsi che il ricorrente ha riprodotto nel suo ricorso non tutto il documento de quo , ma solo l’ultima delle 224 pagine in cui consiste: in realtà, dalla lettura della prima pagina dello stesso, reperibile sull’apposito DESK, risulta quella che, ragionevolmente, la Corte d’appello di Venezia ha ritenuto essere la data di ricezione da parte dell’ufficio RAGIONE_SOCIALE, vale a dire il 6 aprile 2017.
Quanto al secondo errore percettivo segnalato, si sottolinea che esso, anche ove sussistente, non avrebbe inciso sulla decisione, che si fonda sull’accertamento in fatto che l’ordinanza cautelare era stata trasmessa dall’Ufficio Comando all’Ufficio disciplinare lo stesso giorno nel quale era stata ricevuta, ossia il 6 aprile 2017.
Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la nullità della sentenza per violazione degli artt. 112, 113, 115 e 116 c.p.c. per scorretta individuazione del thema probandum in quanto la P.A. non avrebbe mai affermato che la data stampigliata nel protocollo in basso a sinistra dell’ordinanza cautelare indicasse la data di ricezione da parte del generale COGNOME.
La doglianza è inammissibile, non incidendo la circostanza dedotta sulla decisione per le ragioni esposte in sede di esame del motivo precedente.
Con il terzo motivo il ricorrente contesta la violazione o mancata/falsa applicazione degli artt. 2697 e 2729 c.c. e dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., atteso che la corte territoriale avrebbe errato nell’affermare che la ricezione dell’ordinanza cautelare non avrebbe potuto verificarsi prima della sua esecuzione in quanto, da un lato, l’appellante non avrebbe fornito la prova circa una pregressa conoscenza e , dall’altro, sarebbe vigente un principio di presunzione di legittimità dell’operato degli or gani procedenti.
La censura è inammissibile, considerato che la Corte d’appello di Venezia ha individuato la data di conoscenza dell’ordinanza di custodia cautelare citata da parte del generale COGNOME nel 6 aprile 2017 sulla base di una valutazione diretta della documentazione agli atti.
Pertanto, non si pone un problema di ripartizione dell’onere della prova o di presunzioni concernenti il giorno di emissione e quello di esecuzione dell’ordinanza stessa.
Peraltro, è lo stesso ricorrente ad ammettere di avere indicato come giorno della cognizione del provvedimento il 28 marzo 2017, con la conseguenza che la parte della motivazione della sentenza impugnata qui contestata rappresenta, fondamentalmente, un obiter dictum con il quale il giudice di appello ha risposto a un’affermazione del difensore del dipendente.
Con il quarto motivo il ricorrente lamenta la nullità della sentenza per violazione degli artt. 113, 115, 116 e 132 c.p.c. e 2697 e 2702 c.c. in quanto la corte territoriale avrebbe errato nell’affermare che il rinvio dell’audizione
disciplinare, fissata per l’8 giugno 2017 , al 22 giugno 2017, fosse avvenuto per un suo impedimento.
Ne sarebbe derivato che la procedura in esame avrebbe dovuto essere completata entro 120 e non 134 giorni.
La censura è inammissibile per la sua non decisività, atteso che la Corte d’appello di Venezia ha individuato nel 6 aprile 2017 il dies a quo del termine entro il quale concludere il procedimento in questione e che, quindi, detto termine, anche se ritenuto pari a 120 e non a 134 giorni, sarebbe stato, in ogni caso, rispettato.
Peraltro, si evidenzia che il giudice di appello ha stabilito, con una valutazione di fatto delle prove agli atti, in questa sede non più censurabile, che dal tenore complessivo della missiva che comunicava il rinvio si evinceva come questo non potesse essere stato concesso peer esi genze dell’amministrazione e che la nota era rivolta al sindacalista delegato dal ricorrente e faceva menzione di una istanza formulata il 5 giugno 2017, con la quale era stato rappresentato un impedimento.
5) Il ricorso è dichiarato inammissibile.
Le spese di lite seguono la soccombenza ex art. 91 c.p.c. e sono liquidate come in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte,
dichiara inammissibile il ricorso;
-condanna il ricorrente a rifondere le spese di lite, che liquida in € 5.000,00 per compenso professionale, e a rimborsare le spese prenotate a debito;
-ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della IV Sezione Civile, il 21