Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 12124 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 12124 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/05/2025
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 13292/2024 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE società che ha incorporato per fusione RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE giusta procura speciale in calce al ricorso
– ricorrente
–
contro
GARANTE per la PROTEZIONE dei DATI PERSONALI, rappresentato e difeso o pe legis dall’Avvocatura Generale dello Stato (NUMERO_DOCUMENTO
– controricorrente –
nonché contro
COGNOME e COGNOME NOME
– intimati
–
avverso la sentenza del Tribunale di Milano n. 9710/2023 pubblicata in data 1/12/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’ 8/4/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione avanti al Tribunale di Milano avverso il provvedimento sanzionatorio adottato dal Garante per la Protezione dei Dati Personali nella riunione del 2 marzo 2023, a essa notificato il 20 marzo 2023, con cui le era stata inflitta, quale editore del libro intitolato ‘Impunità di gregge, sesso, bugie e omertà nel mondo dello sport’, la sanzione pecuniaria di € 2.000 ed era stata disposta l’annotazione del provvedimento nel registro interno dell’Autorità di cui all’art. 57, par. 1, lett. u), del Regolamento RGPD. 2. Il tribunale riteneva, in primo luogo, che nel caso di specie non si fosse verificata alcuna decadenza né estinzione per prescrizione del potere sanzionatorio attribuito dalla legge al Garante per la Protezione dei Dati Personali: l’interpretazione sistematica dell’art. 143, comma 3, d. lgs. 196/2003 imponeva, infatti, di ritenere che la norma fosse stata adottata esclusivamente a tutela del diritto del reclamante alla celere definizione del procedimento da lui instaurato, nel senso previsto dall’art. 77 Reg. UE 2016/679, e non in considerazione delle esigenze del soggetto autore delle violazioni denunziate, mentre il potere sanzionatorio dell’autorità garante rimaneva regolato dal combinato disposto degli artt. 166, commi 3 e 7, d. lgs. 196/2003 e 28 l. 689/1981 ed incontrava l’unico limite, previsto da quest’ultima norma, del termine quinquennale di prescrizione del diritto dovere del Garante di irrogare sanzioni pecuniarie.
Riteneva, nel merito, che l’indicazione, oltre che dei nomi di NOME e NOME COGNOME, anche dei titoli di studio da loro conseguiti e delle professioni dagli stessi svolte, che aveva reso possibile la precisa individuazione delle persone dei figli del condannato, avesse ecceduto, sia pure di poco, il limite dell’essenzialità dell’informazione circa i fatti di interesse pubblico narrati nel libro.
RAGIONE_SOCIALE società che ha incorporato per fusione RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione di questa sentenza, pubblicata in data 1° dicembre 2023, prospettando
due motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso il Garante per la Protezione dei Dati Personali e della Privacy.
Gli intimati NOME COGNOME e NOME COGNOME non hanno svolto difese.
Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte, ex art. 380 bis .1 c.p.c., chiedendo che il ricorso sia rimesso in pubblica udienza o, in subordine, che sia respinto.
Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ..
Ritenuto che:
4.1 Il primo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 143, comma 3, d. lgs. 196/2003 e 8, comma 11, reg. 2/2019, la falsa ed erronea applicazione degli artt. 166, commi 3, 7 e 9, d. lgs. 196/2003 e 28 l. 689/1981 nonché la violazione degli artt. 3 e 6 reg. 2/2019, 140bis d. lgs. 196/2003 e 10, comma 4, d. lgs. 150/2011: l’Autorità ha adottato il provvedimento conclusivo opposto a un anno e dieci mesi dal deposito del reclamo, quando -a dire della ricorrente – era ormai decaduta dal potere di provvedere; il distinguo compiuto dal tribunale, secondo cui l’esercizio del potere sanzionatorio sarebbe cosa diversa dal potere-dovere del Garante di pronunciarsi sul reclamo, è -in tesi -specioso, perché, secondo quanto indicato proprio dall’art. 166 d. lgs. 196/2003, il procedimento che irroga la sanzione è lo stesso che decide il reclamo, di cui deve osservare forme e termini.
Peraltro, aggiunge la ricorrente, mentre nella l. 689/1981 il legislatore ha fatto la scelta di non indicare un termine ultimo decadenziale per l’esercizio del potere di applicare la sanzione, per cui termine decadenziale e di prescrizione coincidono, così non è nel d. lgs. 196/2003, in cui è previsto un termine di chiusura del procedimento di definizione del reclamo per l’adozione del provvedimento finale.
Il tribunale non avrebbe considerato e apprezzato le specifiche disposizioni che differenziavano i due procedimenti, finendo così per confondere la prescrizione del diritto con la decadenza dall’esercizio di un potere o di un diritto, malgrado gli stessi siano due istituti giuridici affatto diversi tra loro.
4.2 Il secondo motivo di ricorso assume, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione degli artt. 111 Cost e 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ.: il tribunale -sostiene la ricorrente – ha ritenuto che il riferimento al titolo di studio della figlia e all’attività agonistica svolta rendesse i Vismara più identificabili di quanto già lo fossero in ragione della menzione delle loro generalità e della loro parentela con il padre, senza spiegare, però, come ciò potesse essere avvenuto.
Il mezzo, inoltre, lamenta, ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 5, par. 1, lett. a) e c), GDPR, 137, comma 3, d.lgs. 196/2003, 5, comma 2, e 6 delle regole deontologiche, poiché la condotta assunta in pubblico, sia quanto al titol o di studio che rispetto all’attività agonistica, legittimava il trattamento dei relativi dati, peraltro pertinenti all’informazione che l’autrice del libro intendeva dare ed essenziali al contesto in cui il ragionamento si svolgeva.
La censura eccepisce, infine, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., perché il giudice a quo ha deliberato sul tema del diritto all’oblio malgrado lo stesso non fosse mai stato invocato dagli interessati.
Questa Corte, con ordinanza interlocutoria n. 34858/2024, ha ritenuto opportuna la rimessione in pubblica udienza della questione di diritto posta anche in questa sede dal primo motivo, concernente la natura perentoria oppure ordinatoria del termine di contestazione della violazione di cui si discute, attesane la particolare complessità e rilevanza, l’assenza di specifici precedenti di legittimità ed il suo chiaro valore nomofilattico.
Il presente procedimento, perciò, deve essere rinviato a nuovo ruolo affinché la sua trattazione avvenga dopo la pubblica udienza fissata per il processo n. 6202/2024 R.G..
P.Q.M.
La Corte rinvia la causa a nuovo ruolo. Così deciso in Roma in data 8 aprile 2025.