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Termine non perentorio: Cassazione sulla Legge Pinto

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 25819/2024, ha chiarito la natura del termine di costituzione nel giudizio di opposizione previsto dalla Legge Pinto per l’equa riparazione. Nel caso esaminato, il Ministero della Giustizia si era costituito tardivamente, e la Corte d’Appello aveva dichiarato inammissibile la sua opposizione incidentale. La Cassazione ha ribaltato tale decisione, affermando che il termine di costituzione in questo specifico procedimento è un termine non perentorio. La sua violazione, pertanto, non determina la decadenza dal diritto di difesa, in quanto l’opposizione non è un’impugnazione ma una fase a contraddittorio pieno del medesimo giudizio. La sentenza è stata cassata con rinvio.

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Pubblicato il 20 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Termine non perentorio e Legge Pinto: la Cassazione fa chiarezza

La Legge Pinto, introdotta per offrire un’equa riparazione in caso di irragionevole durata dei processi, presenta meccanismi procedurali specifici. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato una questione cruciale: la natura del termine per costituirsi in giudizio da parte dello Stato. La decisione chiarisce che si tratta di un termine non perentorio, con importanti conseguenze pratiche per la difesa dell’amministrazione e per lo svolgimento del giudizio stesso.

I fatti del caso

Una società, dopo aver ottenuto un indennizzo ritenuto insufficiente per l’eccessiva durata di una procedura fallimentare, proponeva opposizione al decreto emesso dalla Corte d’Appello. Il tribunale fissava l’udienza e assegnava al Ministero della Giustizia un termine di dieci giorni prima della stessa per costituirsi in giudizio.

Il Ministero si costituiva depositando una comparsa due giorni prima dell’udienza, quindi oltre il termine fissato, proponendo anche un’opposizione incidentale. La Corte d’Appello, rilevando la tardività della costituzione, dichiarava inammissibile l’opposizione del Ministero.

Contro questa decisione, il Ministero della Giustizia ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello avesse erroneamente attribuito natura perentoria a un termine che, per legge, non lo è.

La questione giuridica: quando un termine non è perentorio?

Il nodo centrale della controversia ruota attorno alla qualificazione del termine assegnato dal giudice per la costituzione della parte convenuta nel giudizio di opposizione ex art. 5-ter della Legge 89/2001. Il Ministero ha argomentato che tale termine non può essere considerato perentorio, cioè un termine la cui scadenza provoca la decadenza dal diritto di compiere l’atto.

Secondo la difesa del Ministero, l’errore della Corte d’Appello risiedeva nel non aver considerato due aspetti fondamentali:

1. Natura del giudizio di opposizione: Non si tratta di un’impugnazione in senso tecnico, ma di una fase a contraddittorio pieno che segue un provvedimento emesso inaudita altera parte. Di conseguenza, non si applicano le rigide preclusioni tipiche dei mezzi di impugnazione.
2. Principio generale sui termini processuali: L’art. 152 del codice di procedura civile stabilisce che i termini possono essere dichiarati perentori solo quando la legge lo prevede espressamente. In assenza di una norma specifica, un termine fissato dal giudice deve considerarsi ordinatorio.

La difesa ha quindi sostenuto che la tardiva costituzione non poteva comportare l’inammissibilità dell’atto.

Le motivazioni della Corte di Cassazione sul termine non perentorio

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del Ministero, ritenendolo fondato. Richiamando la sua consolidata giurisprudenza, ha ribadito che l’opposizione prevista dalla Legge Pinto non introduce un autonomo giudizio di impugnazione, ma realizza una fase a contraddittorio pieno di un unico procedimento. L’obiettivo è consentire un esame completo della pretesa risarcitoria.

Il punto chiave della motivazione risiede in un ragionamento a cascata: la giurisprudenza ha già chiarito che il termine per la notifica del ricorso in opposizione e del decreto di fissazione udienza alla controparte è un termine non perentorio. Se non è perentorio il termine per avviare il contraddittorio, a maggior ragione non può esserlo quello concesso alla parte convenuta per costituirsi e difendersi.

La Corte ha specificato che un termine può essere considerato perentorio solo se la legge lo qualifica espressamente come tale o se la decadenza è la conseguenza diretta del suo superamento, cosa che non avviene nel procedimento in esame. Pertanto, la Corte d’Appello ha errato nel dichiarare inammissibile l’opposizione incidentale del Ministero basandosi unicamente sulla tardività della sua costituzione in giudizio.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della decisione

Questa ordinanza consolida un principio di garanzia fondamentale nel processo. La declaratoria di inammissibilità per il solo superamento di un termine ordinatorio costituisce una sanzione sproporzionata che limita il diritto di difesa. La decisione della Cassazione assicura che il giudizio di opposizione ex Legge Pinto si svolga nel pieno rispetto del contraddittorio, consentendo a tutte le parti di esporre le proprie ragioni nel merito.

In pratica, se la parte convenuta si costituisce oltre il termine fissato dal giudice, il suo atto è valido e deve essere esaminato. Il giudice dovrà valutare nel merito le difese proposte, senza poterle liquidare come inammissibili per una mera tardività non sanzionata con la decadenza dalla legge. Questo garantisce che la decisione finale sia basata su una valutazione completa dei fatti e delle questioni giuridiche, piuttosto che su formalismi procedurali.

Nel procedimento di opposizione previsto dalla Legge Pinto, il termine per la costituzione in giudizio della parte convenuta è perentorio?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che questo termine non è perentorio. Il suo mancato rispetto non comporta l’inammissibilità della costituzione e dell’eventuale opposizione incidentale.

Perché l’opposizione secondo l’art. 5-ter della Legge 89/2001 non è considerata un’impugnazione?
Perché non introduce un nuovo grado di giudizio, ma realizza una fase a contraddittorio pieno di un unico procedimento, successiva a un decreto emesso senza aver sentito pienamente le parti (inaudita altera parte). Lo scopo è un esame completo della pretesa originaria.

Qual è la regola generale per stabilire se un termine processuale è perentorio?
Secondo l’art. 152 del codice di procedura civile, un termine è perentorio solo se la legge lo dichiara espressamente tale, o se la perentorietà si può desumere dalle conseguenze che la legge stessa prevede in caso di superamento. In assenza di tali indicazioni, i termini stabiliti dal giudice o dalla legge sono, di regola, ordinatori.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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