Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 16443 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 16443 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 22617/2020 r.g. proposto da:
NOME COGNOME NOME e NOME COGNOME, quali eredi di NOME COGNOME, entrambi rappresentati e difesi, giusta procura speciale allegata al ricorso, da ll’ AVV_NOTAIO, con cui elettivamente domiciliano in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO.
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE (quale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE), con sede in Milano, alla INDIRIZZO, in persona del procuratore AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al controricorso, da ll’ AVV_NOTAIO, presso il cui studio elettivamente domicilia in Roma, alla INDIRIZZO.
-controricorrente –
e
RAGIONE_SOCIALE
avverso la sentenza non definitiva, n. cron. 3894/2018, della CORTE DI APPELLO DI RAGIONE_SOCIALE, pubblicata il giorno 01/08/2018, e la sentenza definitiva, n. cron. 2105/2019, della medesima corte di appello, pubblicata il giorno 17/04/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 07/06/2024 dal AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
1. Con atto ritualmente notificato il 6 maggio 2008, NOME COGNOME citò RAGIONE_SOCIALE innanzi al Tribunale di Nola, esponendo che: i ) con rogito notarile del 13 luglio 1990, il predetto istituto di credito gli aveva concesso un’apertura di credito di £. 1.300.000.000, assistita da garanzia ipotecaria iscritta su beni immobili per il valore di £. 1.700.000.000; ii ) che, in base al l’art. 3 del predetto contratto ed a ll’art. 57 del modulo prestampato, indicato quale ‘ allegato B ‘ nel contratto stesso, gli interessi passivi e la loro misura erano stati stabiliti mediante rinvio agli usi su piazza e ne era stato previsto il calcolo con capitalizzazione trimestrale; iii ) dalla data di apertura del rapporto di conto corrente n. 16/3, risalente al 13 luglio 1990, siccome coincidente con quella della collegata concessione di credito, alla data di ‘ giroconto a sofferenza della posizione debitoria ‘ (avvenuta il 21 giugno 2001), la banca aveva violato quanto disposto: iii-a ) dall’art. 117 TUB, per mancanza di pattuizioni scritte delle condizioni regolanti il rapporto stesso; iii-b ) dall’art. 1284 cod. civ., in ragione degli interessi passivi applicati; iii-c ) dagli artt. 4 della legge n. 154/1992, 117 e ss. TUB e 120 TUB per ‘ valute ‘ applicate su versamenti e prelievi, per la modifica unilaterale e non pattuita dei tassi di interessi, determinati mediante rinvio ad ‘ usi su piazza ‘, per l’applicazione di commissione di massimo scoperto, per il conteggio trimestrale di detti accessori e per la violazione del tasso soglia fissato dalla legge n. 108/1996. Chiese, pertanto, previa declaratoria di nullità delle corrispondenti clausole contrattuali ed a seguito di invocata c.t.u., accertarsi
e dichiararsi che il saldo del conto corrente predetto, alla data della sua chiusura, era attivo e pari ad €. 320.546,64, in esso comprendendo gli interessi nella misura del saggio legale maturati sino alla data di proposizione della domanda di che trattasi, ovvero ad €. 211.595,86, a seguito di ricalcolo conteggiando il tasso sostitutivo, secondo il rendimento dei BOT, così come stabilito dall’art. 117 TUB . P er l’effetto, condannarsi RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE s.p.a. al pagamento di tali somme o, in via gradata, di quelle da determinarsi mediante c.t.u., oltre interessi, da ogni singolo pagamento al soddisfo, e maggior danno ex art. 1224 cod. civ.
1.1. Costituitasi la convenuta, che contestò le avverse pretese e spiegò domando riconvenzionale volta ad ottenere la condanna dell’attore al pagamento di €. 234.822,62 , quale saldo passivo del conto corrente suddetto, l’adito tribunale, disposta ed espletata una consulenza contabile, con ordinanza ex art. 186quater cod. proc. civ. del 7 luglio 2011 (divenuta definitiva in assenza di richiesta di prosecuzione del giudizio di merito e di pronuncia di sentenza), condannò RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE s.p.a. al pagamento, in favore del COGNOME, di €. 201.742,06, oltre interessi legali d al 16 aprile 2003 fino alla pubblicazione della sentenza.
Pronunciando sui gravami, principale ed incidentale, promossi, rispettivamente, dal COGNOME e da RAGIONE_SOCIALE, avverso quel provvedimento, l’adita Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE: i ) con sentenza non definitiva del 18 luglio/1 agosto 2018, n. 3894, accolse quello principale, per quanto di ragione, e, per l’effetto, dichiarò la nullità parziale del contratto di apertura di credito, nonché del collegato rapporto di conto corrente bancario; rigettò l’appello incidentale e condannò la banca, appellante in cidentale, alla rifusione delle spese di lite anche della fase della lite di secondo grado ivi parzialmente definita; pose definitivamente a carico della medesima banca le spese di c.t.u. espletata nel grado di appello; dispose la rimessione della causa su l ruolo per l’ulteriore corso ovvero per il calcolo con espunzione delle valute -ai fini della determinazione della somma oggetto di ripetizione, come da separata ordinanza in pari data resa; ii ) con sentenza definitiva del 20 marzo/17 aprile 2019, n. 2105 (pronunciata nel contraddittorio con NOME
NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali eredi dell’originario appellante principale medio tempore deceduto), in parziale riforma del provvedimento impugnato, condannò la banca appellata alla restituzione, in favore della controparte, della maggior somma di € 254.307,00, oltre interessi legali dal 16 luglio 2003 sino all’effettivo soddisfo, detratte le somme già eventualmente percepite in esecuzione del provvedimento impugnato; compensò le spese di lite in ragione di un quarto, ponendone il residuo a carico della banca, riliquidandole per entrambi i gradi; pose a carico delle parti anche le spese di c.t.u., sia di primo che di secondo grado, secondo la medesima proporzione innanzi indicata.
2.1. In particolare, quella corte: i ) con la menzionata sentenza non definitiva n. 3894/2018, respinse il motivo di appello relativo alla illegittima applicazione di oneri passivi, quali spese di tenuta del conto corrente, e rigettò la eccezione di illegittima imputazione a debito degli oneri fiscali; accolse il motivo di gravame relativo alla censura di nullità della clausola determinativa degli interessi passivi, per indeterminatezza del loro oggetto, con conseguente applicazione degli interessi nella misura del saggio legale, escludendo, invece, l’applicazione del meccanismo di sostituzione automatica degli illegittimi interessi applicati da RAGIONE_SOCIALE con quelli di cui all’art. 117 del d.lgs. n. 385/1993, come richiesto dal COGNOME. Precisò, su l punto, che al contratto stipulato in data anteriore all’entrata in vigore delle leggi del 1992 e del 1993, quale era quello in esame, una volta privato della clausola nulla per indeterminatezza e nullità della relativa pattuizione, ex art. 1419 cod. civ., si sarebbero dovuti applicare gli interessi nella misura legale, poiché il criterio sostitutivo di cui all’art. 117 poteva applicarsi solo ai contratti stipulati dopo l’entrata in vigore delle menzionate leggi, stante la specialità di tali disposizioni r ispetto alla disciplina generale contenuta nell’art. 1284 cod. civ. Dichiarò la nullità della clausola determinativa della commissione di massimo scoperto e dei giorni valuta, la illegittimità della pattuizione relativa alla regolamentazione dei cd. giorni valuta e non riconobbe alcuna capitalizzazione; ii ) con la sentenza definitiva n. 2105 del 2019, rideterminò il quantum della condanna della banca in favore degli eredi NOME, nei termini
in precedenza indicati, e statuì nuovamente sulle spese di entrambi i gradi di giudizio.
Per la cassazione di entrambe le descritte sentenze hanno promosso ricorso NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali eredi di NOME COGNOME, affidandosi a cinque motivi. Ha resistito, con controricorso, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE s.p.a., tramite la rappresentante RAGIONE_SOCIALE, che ha eccepito, preliminarmente, la inammissibilità dell’avverso ricorso perché tardivo. È rimasta solo intimata RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE s.p.a. Entrambe le parti costituite hanno depositato memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via pregiudiziale rispetto alla descrizione ed all’esame dei formulati cinque motivi di ricorso, deve essere scrutinata l’eccezione di inammissibilità dell’odierna impugnazione formulata da RAGIONE_SOCIALE, quale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE ( cfr . pag. 12-14 del suo controricorso), sul presupposto dell’essere la stessa tardiva perché proposta oltre il termine annuale di cui all’art. 327 cod. proc. civ., nel testo, qui applicabile ratione temporis , anteriore alla modifica apportatagli dalla legge n. 69 del 2009 (utilizzabile, invece, per i giudizi iniziati, in primo grado, a decorrere dal 4 luglio 2009). Accertamento, peraltro, che questa Corte può svolgere di ufficio, trattandosi di riscontrare, se del caso, la formazione di un giudicato interno ( cfr . in motivazione, Cass. n. 13822 del 2022).
1.1. Orbene, giova rimarcare, innanzitutto, che l’odierno processo è stato instaurato, in primo grado, il 6 maggio 2008, data della notifica della corrispondente citazione di RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE a comparire innanzi al Tribunale di Nola ( cfr . la corrispondente indicazione rinvenibile nel ricorso, alla pag. 1, nonché nella sentenza non definitiva n. 3894/2018, alla pag. 3), anteriormente, quindi, alla entrata in vigore della legge n. 69 del 2009 (avvenuta il successivo 4 luglio 2009): ad esso, dunque, resta applicabile l’art. 327 cod. proc. civ. nella formulazione anteriore alla modifica apportatagli dall’appena menzionata legge;
1.2. Giusta l’art. 327, comma 1, cod. proc. civ., nel richiamato testo qui utilizzabile, ‘ Indipendentemente dalla notificazione, l’appello, il ricorso per
cassazione e la revocazione per i motivi indicati nei nn. 4 e 5 dell’art. 395 non possono proporsi dopo decorso un anno dalla pubblicazione della sentenza ‘. Va ricordato, in proposito, che, in assenza di notificazione, il termine cd. lungo per l’impugnazione della sentenza decorre dalla data di sua pubblicazione e non dalla comunicazione del deposito della stessa alla parte costituita ( cfr ., anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 13822 del 2022; Cass. n. 29164 del 2020; Cass. nn. 11910 e 639 del 2003), a nulla valendo, quindi, l’omissione e/o la tardività della comunicazione da parte del cancelliere. Tanto deriva dal fatto che ciò che il giudice deve accertare per la decorrenza del termine predetto è il momento in cui la sentenza risulta conoscibile, vale a dire quello in cui la stessa, dopo il deposito ufficiale, è inserita nell’elenco cronologico delle sentenze con attribuzione del numero identificativo ( cfr . Cass., SU., n. 18569 del 2016. Circa le sentenze redatte in formato digitale, si veda, con conclusioni analoghe, Cass. n. 2362 del 2019)
1.2.1. Ciò significa che, nella specie, non risultando notificata la sentenza definitiva n. 2105/2019 della corte partenopea (rispetto a quella non definitiva n. 3894/2018 della medesima corte, invece, era stata effettuata rituale e tempestiva riserva di impugnazione, ergo , il ricorso contro la stessa si sarebbe dovuto proporre contestualmente a quello contro la sentenza definitiva), il termine lungo di decadenza per la proposizione del ricorso per cassazione era pari ad un anno dalla sua pubblicazione, avvenuta il 17 aprile 2019 ( cfr . la stampigliatura rinvenibile nella prima pagina, in alto a destra, della stessa).
1.3. È doveroso ricordare, poi, che, secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, per i termini mensili o annuali, fra i quali è compreso quello di decadenza dall’impugnazione ex art. 327 cod. proc. civ., si osserva, a norma degli artt. 155, comma 2, cod. proc. civ. e 2963, comma 4, cod. civ., il sistema della computazione civile, non ex numero bensì ex nominatione dierum , nel senso che il decorso del tempo si ha, indipendentemente dall’effettivo numero dei giorni compresi nel rispettivo periodo, allo spirare del giorno corrispondente a quello del mese iniziale ( cfr. ex multis , Cass. nn. 33186 e 22518 del 2023; Cass. n. 2186 del 2021; Cass. nn. 17640 e 15029
del 2020; Cass. n. 17313 del 2018; Cass. n. 22699 del 2013; Cass. n. 11491 del 2012). Il termine scade, pertanto, nell’ultimo istante del giorno del mese corrispondente a quello in cui il fatto si è verificato, dovendosi considerare il giorno del mese iniziale quale riferimento per determinare il giorno di scadenza.
1.3.1. Nella specie, quindi, il termine da osservarsi giusta l’art. 327, comma 1, cod. proc. civ. (un anno dall’avvenuta pubblicazione della sentenza definitiva, risalente al 17 aprile 2019) è spirato il 21 luglio 2020 (martedì), così individuato: un anno dal 17 aprile 2019 (data di pubblicazione della sentenza), maggiorato del periodo di sospensione feriale dei termini (1-31 agosto 2019), ex art. 1, comma 1, della legge n. 742 del 1969 (nel testo, qui applicabile ratione temporis , modificato dal d.l. n. 132 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 162 del 2014), cui va aggiunto il periodo di sospensione straordinaria (9 marzo 2020 -11 maggio 2020), giusta le misure adottate dal legislatore per far fronte all’emergenza epidemiologica da Covid -19 ( cfr ., in particolare, quanto disposto dall’articolo 83, comma 2, del d.l. n. 18 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 2020, che ha sospeso, per il periodo dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020, successivamente allungato fino all’11 maggio 2020 dall’art. 36 del d.l. n. 23 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 40 del 2020, il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali).
1.3.2. Pertanto, risultando l’odierno ricorso promosso con atto notificato il 22 luglio 2020 ( cfr . la relativa relata di notifica ad esso allegata, effettuata tramite posta elettronica certificata dal difensore officiato da NOME COGNOME e NOME), oltre il termine lungo annuale di cui all’art. 327 cod. proc. civ. (nel testo in precedenza richiamato), decorrente dal 17 aprile 2019, per tutto quanto si è precedentemente spiegato, lo stesso deve considerarsi inammissibile (neppure rinvenendosi, al suo interno, qualsivoglia specifica e motivata istanza di rimessione in termini) in ragione della sua tardività.
1.3.3. Tanto ha carattere assorbente e rende superfluo l’esame dei motivi del ricorso predetto.
2. Le spese di questo giudizio di legittimità sostenute dalla costituitasi controricorrente restano a carico dei menzionati ricorrenti, in solido tra loro, altresì dandosi atto, -in assenza di ogni discrezionalità al riguardo ( cfr . Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 -che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte dei medesimi ricorrenti, in solido tra loro, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto, mentre « spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento ».
PER QUESTI MOTIVI
La Corte dichiara inammissibile il ricorso di NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali eredi di NOME COGNOME, e li condanna, in solido tra loro, al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità sostenute dalla costituitasi controricorrente, liquidate in complessivi € 3.100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera dei medesimi ricorrenti, in solido tra loro, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, giusta il comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile