Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 6228 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 6228 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 9819-2023 proposto da:
COGNOME, in qualità di legale rappresentante della ditta RAGIONE_SOCIALE, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso RAGIONE_SOCIALE DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 703/2022 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 18/08/2022 R.G.N. 1074/2018;
Oggetto
ACCERTAMENTO
LAVORO
SUBORDINATO
R.G.N. 9819/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 04/02/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Lecce, in riforma del provvedimento del giudice di primo grado, ha accolto le domande proposte da NOME COGNOME nei confronti di NOME COGNOME accertando il periodo di effettivo lavoro della dipendente e condannando il datore di lavoro al pagamento di differenze retributive, oltre accessori e spese di lite.
La Corte territoriale ha rilevato che il quadro probatorio raccolto consentiva di anticipare la data di assunzione della dipendente (rispetto al contratto formale stipulato tra le parti) a ottobre 2008, di individuare (rispetto alle mansioni svolte) la qualifica corrispondente al I livello (ex 6) del CCNL Servizi ausiliari (e, per il periodo precedente la sua introduzione, il CCNL RAGIONE_SOCIALE) al fine di verificare la giusta retribuzione ai sensi dell’art. 36 Cost. e 2099 c.c., di con fermare l’osservanza di un orario di lavoro ordinario.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a un motivo. La lavoratrice ha resistito con controricorso.
Al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
CONSIDERATO CHE
Con l’unico motivo di ricorso, si denunzia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. nullità della sentenza per violazione degli artt. 115, 116 c.p.c., 111 Cost. a fronte di una sentenza violativa sia dell’obbligo di motivazione che del principio di disponibilità della prova. I giudici del merito hanno scelto l’applicazione, seppur ai fini dell’individuazione della
giusta retribuzione, di un CCNL senza esaminare le prove assunte.
Il ricorso è inammissibile in quanto proposto oltre il termine dettato dall’art. 327 c.p.c.
Questa Corte ha affermato che (Cass. n. 36369 del 2023) la decadenza da un termine processuale, incluso quello per impugnare, non può ritenersi incolpevole e giustificare, quindi, la rimessione in termini, ove sia avvenuta per errore di diritto, ravvisabile laddove la parte si dolga dell’omessa comunicazione della data dell’udienza di trattazione e/o della sentenza stessa, atteso che il termine di cui all’art. 327 c.p.c. decorre dalla pubblicazione della sentenza mediante deposito in cancelleria, a prescindere dal rispetto, da parte di quest’ultima, degli obblighi di comunicazione alle parti, e che, inoltre, rientra nei compiti del difensore attivarsi per verificare se siano state compiute attività processuali a sua insaputa.
E’ stato, inoltre, rilevato (Cass. n. 2829 del 2023) che la data di pubblicazione di un provvedimento redatto in modalità digitale coincide non già con quella del deposito telematico ad opera del giudice, bensì con quella di attestazione dell’avvenuto deposito da parte del cancelliere che, mediante il sistema informatico, attribuisce al provvedimento il numero identificativo e la data; tale attestazione costituisce un atto pubblico, che fa piena prova fino a querela di falso, ed è pertanto dalla data ivi indicata che decorre il termine “lungo” per l’impugnazione.
Nel caso di specie, la sentenza, dotata di numero di registro cronologico, risulta depositata dalla Cancelleria il 18.8.2022 mentre il ricorso risulta notificato oltre il termine di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza, ossia in data 23.2.2023 (calcolando che il 18.2.2023 era sabato).
In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile e le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 cod.proc.civ.
Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002;
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 200,00 per esborsi, nonché in Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, de ll’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 4 febbraio