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Termine lungo impugnazione: la data di deposito decide

Un professionista ha presentato ricorso in Cassazione contro un’ordinanza che respingeva la sua richiesta di compenso. La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile per tardività, chiarendo che il termine lungo impugnazione di sei mesi decorre dalla data di deposito del provvedimento in cancelleria e non dalla successiva data di iscrizione a repertorio. La decisione sottolinea l’importanza del rispetto rigoroso dei termini processuali.

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Pubblicato il 30 agosto 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Termine Lungo Impugnazione: la Data di Deposito è Decisiva, non quella del Repertorio

Nel labirinto delle procedure legali, il rispetto dei termini è una regola aurea. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale per avvocati e parti processuali: il calcolo del termine lungo impugnazione per le ordinanze emesse con rito sommario. La Corte ha chiarito, ancora una volta, che il momento determinante è la data di deposito del provvedimento in cancelleria, non altri adempimenti amministrativi successivi. Analizziamo insieme questo caso per capire le implicazioni pratiche di tale principio.

I Fatti di Causa: una Controversia sul Compenso Professionale

La vicenda nasce dalla richiesta di un avvocato di ottenere il pagamento di un ingente compenso, circa 140.000 euro, da un ente ecclesiastico per prestazioni professionali svolte. L’avvocato aveva ottenuto un decreto ingiuntivo basato su un riconoscimento di debito. L’ente, tuttavia, si è opposto a tale decreto. Il Tribunale, dopo aver convertito il rito in sommario di cognizione, ha accolto l’opposizione dell’ente con un’ordinanza collegiale.

Ritenendo errata la decisione, il professionista ha deciso di presentare ricorso per cassazione, ma è proprio qui che la questione dei termini è diventata cruciale.

Il Ricorso in Cassazione e il Calcolo del Termine Lungo Impugnazione

L’ordinanza del Tribunale era stata depositata in cancelleria il 17 novembre 2021. Poiché il giudizio era iniziato prima della riforma Cartabia, si applicava il termine lungo impugnazione di sei mesi previsto dall’art. 327 c.p.c. Questo termine scadeva, quindi, il 17 maggio 2022.

Il ricorrente, tuttavia, ha notificato il suo ricorso solo il 19 maggio 2022, ovvero due giorni dopo la scadenza. La sua difesa si basava sulla convinzione che la data di pubblicazione non fosse quella del deposito (17 novembre), ma quella di iscrizione a repertorio (19 novembre 2021). Questa interpretazione avrebbe spostato la scadenza in avanti, rendendo il suo ricorso tempestivo.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte Suprema non ha accolto la tesi del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile per due ragioni principali.

La Tardività del Ricorso e la Decorrenza del Termine

Il motivo principale e assorbente della decisione è stata la tardività del ricorso. La Cassazione ha riaffermato un principio consolidato, richiamando anche le Sezioni Unite: ai fini dell’impugnazione, la pubblicazione di un’ordinanza (che, come in questo caso, ha natura di sentenza) avviene con il suo deposito in cancelleria, ai sensi dell’art. 133 c.p.c.

La Corte ha specificato che la data di attribuzione del numero di repertorio è un adempimento amministrativo successivo, puramente interno alla cancelleria e funzionale alla tenuta dei registri. Tale atto non ha alcuna influenza sul momento in cui il provvedimento diventa giuridicamente esistente e, di conseguenza, sulla decorrenza del termine lungo impugnazione. Il termine di sei mesi è iniziato a decorrere dal 17 novembre 2021 e si è concluso inesorabilmente il 17 maggio 2022. Il ricorso notificato il 19 maggio 2022 era, quindi, irrimediabilmente tardivo.

La Mancata Esposizione Sommaria dei Fatti

Per completezza, i giudici hanno aggiunto un’ulteriore motivazione di inammissibilità. Il ricorso non rispettava il requisito previsto dall’art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c., che impone un’esposizione sommaria ma chiara dei fatti di causa e dello svolgimento del processo. Secondo la Corte, l’atto, pur essendo prolisso su dettagli irrilevanti, non illustrava adeguatamente lo sviluppo processuale del giudizio, impedendo alla Corte stessa di avere una cognizione completa della controversia senza dover consultare altri atti. Questo vizio di forma, da solo, sarebbe stato sufficiente a decretare l’inammissibilità.

Le Conclusioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile e ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese legali in favore dell’ente ecclesiastico, liquidate in 7.200 euro oltre accessori. Questa ordinanza serve come un importante monito: la diligenza nel calcolo dei termini processuali è un dovere non negoziabile. Confondere la data di deposito con quella di iscrizione a repertorio è un errore grave che può precludere definitivamente la possibilità di far valere le proprie ragioni in giudizio. La pubblicazione di un provvedimento coincide con il suo deposito in cancelleria, e da quel momento scattano i termini perentori per l’impugnazione, un principio che ogni operatore del diritto deve avere ben chiaro per tutelare efficacemente i diritti dei propri assistiti.

Da quando decorre il termine lungo per impugnare un’ordinanza emessa in un rito sommario?
Il termine lungo di sei mesi per l’impugnazione decorre dalla data di pubblicazione del provvedimento, la quale coincide con la data del suo deposito in cancelleria, e non da adempimenti successivi come l’iscrizione a repertorio.

La data di iscrizione a repertorio di un provvedimento ha valore ai fini del calcolo dei termini di impugnazione?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la data di attribuzione del numero di repertorio è un atto amministrativo interno alla cancelleria, del tutto irrilevante per la decorrenza dei termini per impugnare.

Quali sono le conseguenze se un ricorso per cassazione non espone in modo chiaro e sommario i fatti di causa?
Il ricorso è dichiarato inammissibile per violazione di un requisito di forma prescritto dall’art. 366 c.p.c. Questo impedisce alla Corte di esaminare il merito delle questioni sollevate, a prescindere dalla loro fondatezza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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