Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 15137 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 15137 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/05/2024
SENTENZA
sul ricorso 12061-2021 proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI NAPOLI, RAGIONE_SOCIALE DELLA RAGIONE_SOCIALE NAPOLI;
– intimati –
avverso la decisione n. 34/2020 del RAGIONE_SOCIALE depositata il 30/09/2020;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale, dottAVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso, ovvero, in subordine, la rimessione RAGIONE_SOCIALE decisione alle Sezioni Unite, ex art. 374, co. 3, c.p.c.;
lette le memorie del ricorrente;
udita la relazione RAGIONE_SOCIALE causa svolta nella pubblica udienza del 23/05/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
Udite le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale, dottAVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso, ovvero, in subordine, la rimessione RAGIONE_SOCIALE decisione alle Sezioni Unite, ex art. 374, co. 3, c.p.c.;
udito l’AVV_NOTAIO, per delega dell’AVV_NOTAIO per il ricorrente;
MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE
1. Il geometra COGNOME NOME ha proposto ricorso articolato in tredici motivi avverso la decisione del RAGIONE_SOCIALE n. 34 del 30 settembre 2020, che ha respinto il ricorso dello stesso geometra COGNOME contro la delibera assunta dal RAGIONE_SOCIALE, recante la sanzione disciplinare RAGIONE_SOCIALE cancellazione dall’albo per morosità nel versamento dei contributi dovuti alla RAGIONE_SOCIALE.
La decisione gravata riteneva infondate le contestazioni circa la sopravvivenza del RD n. 74/1929, e quelle attinenti alla regolarità formale RAGIONE_SOCIALE procedura disciplinare, quanto alla comunicazione di avvio del procedimento disciplinare ed alla notificazione RAGIONE_SOCIALE decisione impugnata.
Riteneva che la vicenda che era stata oggetto RAGIONE_SOCIALE sanzione applicata rientrasse tra quelle che erano suscettibili di reazione dell’ordinamento sul piano disciplinare, non potendosi in senso contrario invocare una rigida ed assoluta applicazione del principio di tassatività delle fattispecie disciplinarmente rilevanti.
Riteneva che la sanzione irrogata fosse congrua ed adeguata, avuto riguardo alle reiterate inadempienze contributive ed all’arco temporale nel quale si erano protratte, denotando non un’episodica insofferenza alle regole deontologiche, ma piuttosto una indubbia propensione alla violazione dei canoni di correttezza e probità.
Escludeva che il proprio sindacato potesse estendersi alla valutazione circa l’effettiva sussistenza dell’obbligazione inadempiuta, atteso che il COGNOME avrebbe dovuto fare valere tali ragioni in altra sede giudiziaria, e nei confronti RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Reputava del tutto infondate le doglianze in ordine alla pretesa abnormità ed iniquità RAGIONE_SOCIALE sanzione, esulando dalla giurisdizione del RAGIONE_SOCIALE la controversia risarcitoria che il COGNOME aveva inteso avanzare in sede di impugnazione del provvedimento irrogativo RAGIONE_SOCIALE sanzione.
Infine, considerava espressione di un vero e proprio abuso del processo la contestazione circa il difetto di legalità costituzionale RAGIONE_SOCIALE giurisdizione del giudice adito, avendo lo stesso COGNOME introdotto il giudizio dinanzi al RAGIONE_SOCIALE.
Gli intimati, indicati in epigrafe (non risultando notificato il ricorso, nonostante la contraria indicazione nell’intestazione dell’atto, alla RAGIONE_SOCIALE ed ai componenti del RAGIONE_SOCIALE) non hanno svolto attività difensive.
Il ricorrente ha depositato memorie in prossimità dell’adunanza.
Con ordinanza interlocutoria n. 3541/2024, all’esito dell’adunanza camerale, il RAGIONE_SOCIALE ha rimesso la causa alla pubblica udienza, in vista RAGIONE_SOCIALE quale il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte.
Il ricorrente ha depositato memorie, nelle quali ha sostenuto l’applicabilità del termine semestrale per il ricorso oggetto di causa.
Preliminarmente rileva la Corte che il ricorso è inammissibile in quanto tardivamente proposto.
Assume parte ricorrente che la decisione impugnata, mai notificata, sarebbe stata pubblicata in data 13/10/2020, avendo quindi proposto ricorso in data 13/4/2020, nel rispetto del termine di cui all’art. 327 c.p.c., in relazione all’indicata data di pubblicazione.
Tuttavia, dalla lettura RAGIONE_SOCIALE copia del provvedimento impugnato, emerge che lo stesso è stato sì comunicato a
mezzo pec al difensore del ricorrente in data 13 ottobre 2020, ma è stato però depositato, e quindi pubblicato, in data 30 settembre 2020, essendone stata anche rilasciata copia conforme all’originale in data 7 ottobre 2020 (come da attestazione resa dal funzionario rinvenibile alla fine RAGIONE_SOCIALE pag. 7 RAGIONE_SOCIALE copia RAGIONE_SOCIALE decisione impugnata prodotta dallo stesso ricorrente).
Ne consegue che il ricorso risulta essere stato proposto allorché il termine per la sua ricorribilità era ormai decorso, dovendosi pertanto dichiarare la sua inammissibilità.
A tale conclusione, e cioè per la applicazione del termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c., pur in assenza di una specifica ed espressa diposizione contenuta nella legge speciale, deve poi pervenirsi per l’evidente necessità di dover in ogni caso porre un limite temporale massimo alla possibilità di impugnare il provvedimento, e ciò in vista dell’esigenza di addivenire alla formazione del giudicato, alfine di soddisfare evidenti esigenze di certezza giuridica, che viceversa sarebbero gravemente pregiudicate ove si optasse nel senso che solo la notifica del provvedimento, con la conseguenziale decorrenza del termine breve, potrebbe rendere il provvedimento stesso non più suscettibile di impugnazione.
Depongono in tal senso le argomentazioni di recente spese dalle Sezioni Unite di questa Corte che, nell’affrontare il problema RAGIONE_SOCIALE decorrenza del termine breve di cui all’art. 702 quarter c.p.c., ove l’ordinanza sia stata emessa in udienza (Cass. S.U. n. 28975/2022), hanno ribadito che, anche in assenza di una espressa previsione, in ogni caso il termine
semestrale di cui all’art. 327 c.p.c. si applica anche nell’ipotesi in cui l’ordinanza stessa non sia stata comunicata, essendo tale soluzione giustificata dall’esigenza di stabilizzazione RAGIONE_SOCIALE decisione, in funzione di certezza dei rapporti giuridici.
E’ stato evidenziato che la circostanza che il legislatore abbia introdotto “… una norma specifica per regolare il termine breve per la proposizione dell’appello… cioè l’art. 702quater, nell’ottica sistemica non può intendersi come manifestazione di una voluntas legis escludente il termine lungo; esclusione che, d’altronde, sul piano letterale non può neppure ricavarsi dal riferimento agli “effetti di cui all’art. 2909 del codice civile”, poiché quest’ultimo riferimento va inquadrato in quanto si è finora illustrato. Vale a dire, il provvedimento decisorio è impugnabile sempre o entro termine breve o entro termine lungo; l’introduzione di una specifica disciplina attinente al termine breve e agli effetti del suo decorso non può quindi assorbire in modo meramente implicito la via dell’art. 327.
E’ stato quindi sostenuto che nel contesto sistemico, il legislatore avrebbe dovuto espressamente negare l’applicazione del termine lungo”.
Analoghe ragioni a favore RAGIONE_SOCIALE decorrenza in ogni caso del termine lungo possono trarsi da Corte Costituzionale, 29/12/2000, n.577, che ha affermato la manifesta infondatezza, in riferimento all’art. 24 cost., RAGIONE_SOCIALE questione di legittimità costituzionale degli art. 22, 25 e 38 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, nella parte in cui, secondo l’interpretazione RAGIONE_SOCIALE giurisprudenza, devono essere integrati dalla regola posta dall’art. 327, comma 1 c.p.c. nel senso RAGIONE_SOCIALE
soggezione dell’appello al c.d. “termine lungo” annuale da essa previsto e non invece al solo termine di cui allo stesso art. 22, con la conseguente preclusione dell’appello quando il “termine lungo” con la conseguente preclusione dell’appello quando il “termine lungo” sia decorso.
E sempre in questa direzione si pone Corte Costituzionale, 12/05/2016, n. 106, che nell’affermare che il decreto di liquidazione del compenso all’ausiliario è opponibile ex art. 170 del DPR n. 115/2002, nel termine di trenta giorni dalla sua comunicazione o notificazione, ha fatto leva sul fatto che non è giustificata una diversa soluzione che pervenga a ritenere il rimedio impugnatorio proponibile sine die.
Infine, e proprio con specifico riferimento alla disciplina dei provvedimenti emessi dal RAGIONE_SOCIALE, come appunto segnalato nelle conclusioni del Pubblico Ministero, questa Corte nella sua più autorevole composizione, ha affermato che il termine annuale d’impugnazione, previsto dall’art. 327 cod. proc. civ., trova applicazione anche con riguardo al ricorso per RAGIONE_SOCIALEzione avverso le pronunce del RAGIONE_SOCIALE e decorre dalla data del loro deposito in segreteria, il quale, ai sensi dell’art. 10 del regolamento approvato con d.m. 15 febbraio 1949, ne determina la pubblicazione (Cass. S.U. n. 1066/1988).
Non occorre però provvedere sulle spese del giudizio di cassazione in quanto gli intimati non hanno svolto attività difensive.
Poiché il ricorso è dichiarato inammissibile, sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, RAGIONE_SOCIALE
legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato -Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P. Q. M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile;
ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, l. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di RAGIONE_SOCIALE del 23 maggio 2024