Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 23446 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 23446 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/08/2024
ORDINANZA
Oggetto
CONTRATTI E OBBLIGAZIONI IN GENERE
Intempestività dell’appello Erroneo computo del termine c.d. ‘lungo’
R.G.N. 11213/2022
COGNOME.
Rep.
Ud. 23/04/2024
Adunanza camerale
sul ricorso 11213-2022 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in RAGIONE_SOCIALE, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende unitamente all’ AVV_NOTAIO COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del direttore generale e legale rappresentante ‘ pro tempore ‘ , elettivamente domiciliata presso la sede dell’Avvocatura dell’Ente, INDIRIZZO, rappresentata e difesa dall’ AVV_NOTAIO COGNOME;
– controricorrente –
COGNOME NOME;
– intimato –
Avverso la sentenza n. 2234/2021 d ella Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, del 25/03/2021;
udita la relazione della causa svolta nell ‘adunanza camerale in data 23/04/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ricorre, sulla base di un unico motivo, per la cassazione della sentenza n. 2234/21, del 25 marzo 2021, della Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE , che ha dichiarato inammissibile, per tardività, il gravame da essa proposta avverso la sentenza n. 25376/13, del 23 gennaio 2014, del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, con la quale era stato dichiarato risolto il contratto di locazione corrente tra di essa e l’RAGIONE_SOCIALE, poi divenuta RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi, ‘RAGIONE_SOCIALE‘) , con condanna della COGNOME -per quanto qui d’interesse a pagare la somma di € 135.537,06.
Riferisce, in punto di fatto, l’odiern a ricorrente di aver adito il Tribunale romano, convenendo in giudizio tale NOME COGNOME, con ricorso ex art. 447bis cod. proc. civ., notificato il 2 aprile 2009, per udienza del successivo 29 maggio.
L’iniziativa era stata assunta per conseguire il rilascio immediato di locali ad uso commerciale di proprietà del predetto RAGIONE_SOCIALE, in quanto detenuti senza titolo dal COGNOME, con condanna dello stesso a pagare diverse somme, imputategli a vario titolo. Disposta per ordine del giudice la chiamata in causa dell’RAGIONE_SOCIALE, il quale, secondo quanto si legge nel presente ricorso, ‘rivendicava una propria posizione autonoma nei confronti di tutte
nonché contro
le parti’, l’esito del giudizio per quanto qui di interesse -consisteva, come detto, nella risoluzione del contratto e nella condanna dell’odierna ricorrente al pagamento della somma suddetta (oltre che nell’ordine di riconsegna del bene impartito al COGNOME).
Esperito gravame dalla COGNOME , il giudice d’appello ne dichiarava la tardività, sul presupposto che il deposito del ricorso ex art. 433 cod. proc. civ., avvenuto il 10 marzo 2015, non avesse rispettato il termine semestrale ex art. 327 cod. proc. civ., destinato, nella specie, a scadere il 23 luglio 2014.
Avverso la sentenza della Corte capitolina ha proposto ricorso per cassazione la COGNOME, sulla base -come detto -di un unico motivo.
3.1. Esso denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione e falsa applicazione di norme di diritto, sul presupposto dell’applicabilità ‘al caso di specie del termine lungo di un anno per impugnare e dell’ulteriore termine di sospensione feriale di quarantasei giorni dal 1° agosto al 15 settembre’.
Evidenzia, infatti, la ricorrente che il termine semestrale ex art. 327 cod. proc. civ. (introdotto dall’art. 46, comma 17, del d.lgs. 18 giugno 2009, n. 69) non era applicabile al caso di specie, essendo destinato ad operare -a norma dell’art. 58, comma 1, del medesimo d.lgs. n. 69 del 2009 -solo per l’impugnazione delle sentenze rese all’esito di giudizi il cui primo grado fosse stato instaurato a far data dal 4 luglio 2009. Tale non era, si assume, il caso di specie, dato che il ricorso ex art. 447bis cod. proc. civ. era stato depositato il 12 settembre 2008.
Di conseguenza, essendo stata la sentenza oggetto di appello pubblicata il 23 gennaio 2014, il deposito dell’atto di gravame , avvenuto il 10 marzo 2015, doveva ritenersi tempestivo,
conteggiando nel termine annuale anche i quarantasei giorni della sospensione feriale di cui alla legge 7 ottobre 1969, n. 742, trovando applicazione la riduzione, a trentuno giorni, di tale periodo di sospensione solo a far data dal mese di agosto 2015, s econdo quanto specificamente previsto dall’art. 16, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito con modificazioni dalla legge 10 novembre 2014, n. 162.
Né in senso contrario, ovvero per escludere l’operatività della sospensione feriale del termine, potrebbe rilevare l’assoggettamento del presente giudizio al c.d. ‘rito locatizio’, come tale disciplinato dalle regole proprie del processo del lavoro (che è sottratto all’applicazione della disciplina di cui alla citata legge n. 742 del 1969), essendo ‘l’esclusione della sospensione dei termini’ secondo quanto chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte -‘correlata non alla specialità del rito, bensì alla specifica natura della controversia’.
Ha resistito all’avversaria impugnazione, con controricorso, l’RAGIONE_SOCIALE, chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata, svolgendo considerazioni relative, esclusivamente, al merito della controversia.
È rimasto solo intimato il COGNOME.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380bis .1 cod. proc. civ.
Non consta la presentazione di requisitoria scritta da parte del Procuratore Generale presso questa Corte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
8. Il ricorso va accolto.
8.1. Il solo motivo proposto è, infatti, fondato.
8.1.1. Nello scrutinarlo, deve muoversi dalla premessa che il termine c.d. ‘lungo’ per proporre l’appello era, nella specie, quello annuale, di cui al testo originario dell’art. 327 cod. proc. civ., anteriore alle modificazioni apportate dall’art. 46, comma 17, del d.lgs. 18 giugno 2009, n. 69, giacché -come correttamente evidenzia la ricorrente -la novellata disciplina era destinata ad applicarsi ‘ ratione temporis ‘ (secondo quanto previsto dall’art. 58, comma 1, del medesimo d.lgs. n. 69 del 2009) ai soli giudizi il cui primo grado fosse stato instaurato a far data dal 4 luglio 2009.
Tale non era, effettivamente, il caso di specie, dato che il ricorso ex art. 447bis cod. proc. civ. della COGNOME era stato depositato -ciò che rileva ai fini dell’identificazione della pendenza della lite nei giudizi instaurati con ricorso (cfr. Cass. Sez. Lav., sent. 17 marzo 1992, n. 3271, Rv. 476303-01) -il 12 settembre 2008.
Ciò detto, il termine annuale risulta essere stato osservato dalla COGNOME.
Difatti, poiché la sentenza di prime cure è stata depositata in data 23 gennaio 2014, il termine di un anno e quarantasei giorni -operando la riduzione di quest’ultima a trentuno giorni, disposta dal decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito con modificazioni dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, solo a far data dall’agosto 2015 , mentre nella specie la pronuncia appellata risaliva all’anno 2014 (così Cass. Sez. 3, ord. 23 giugno 2021, n. 17949, Rv. 661957-01; in senso conforme, in motivazione, Cass.
Sez. 5, ord. 23 maggio 2022, n. 16662; Cass. Sez. 3, ord. 22 febbraio 2022, n. 5763; Cass. Sez. 3, sent. 22 dicembre 2021, n. 41261; Cass. Sez. 5, ord. 7 dicembre 2021, n. 38769) -scadeva il giorno 11 marzo 2015, mentre il ricorso in appello è stato depositato il giorno 10 marzo.
In conclusione, il ricorso va accolto e l’impugnata sentenza cassata, con rinvio alla Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, in diversa sezione