Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5503 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 5503 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11679/2024 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, con diritto di ricevere le notificazioni presso la PEC dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 4287/2023 pubblicata il 24/11/2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/02/2025
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Napoli, con la sentenza n.4287/2023 pubblicata il 24/11/2023, ha dichiarato la inammissibilità del gravame proposto dalla RAGIONE_SOCIALE Avellino nella controversia con NOME COGNOME
La controversia ha per oggetto l’accertamento della illegittimità del sistema di calcolo adottato dalla RAGIONE_SOCIALE per determinare il debito orario assolto a seguito di assenze per ferie, malattia, permessi, festività e la condanna delle differenze retributive maturate a tale titolo.
Il Tribunale di Benevento accoglieva le domande proposte dalla COGNOME.
La corte territoriale ha ritenuto la tardività dell’appello ex art.327 comma primo cod. proc. civ. siccome proposto con atto depositato il 19/05/2022, quando il termine di sei mesi decorrenti dalla data della pubblicazione della sentenza impugnata (18/11/2021) era già spirato.
Per la cassazione della sentenza ricorre la RAGIONE_SOCIALE con ricorso affidato ad un unico motivo. COGNOME resiste con controricorso illustrato da memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo la ricorrente lamenta la «nullità della sentenza e del procedimento ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c., per errores in procedendo , in relazione all’art. 24 Cost. Lesione del diritto di difesa e violazione del principio del contraddittorio ex art. 101 c.p.c. Dies a quo di decorrenza del termine di cui all’art. 327
c.p.c. -effettività della tutela giurisdizionale. Violazione dell’art. 430 c.p.c. Sentenza depositata fuori udienza -Udienza ‘cartolare’ ex art. 221 co. IV D.L. n. 34/2020 -applicabilità dell’art. 133c.p.c. Violazione del principio della ragionevole durata del processo ex art. 111 co. II Cost. e art. 6, par. 1, CEDU».
La RAGIONE_SOCIALE ricorrente sostiene che la sentenza impugnata è stata caricata nel fascicolo telematico, e quindi resa conoscibile alle parti, il 19/11/2021, con spostamento in avanti di un giorno del dies a quo e tempestività dell’appello depositato il 19/05/2022. Deduce che il termine ex art.327 cod. proc. civ. decorre non dalla data del deposito della sentenza, ma da quello della sua effettiva conoscibilità e comunicazione alle parti, entrambe avvenute il 19/11/2021.
Il motivo è inammissibile ex art.360 bis n.1 cod. proc. civ., perché la corte territoriale ha deciso la questione di diritto in conformità dell’orientamento di questa Corte, e l’esame del motivo non offre elementi per mutarlo.
Per le sentenze redatte in formato cartaceo il deposito della sentenza (attività propria del giudice) e la sua pubblicazione (attività proprio del cancelliere) generalmente coincidono. Ciò non si verifica invece per le sentenze depositate in formato telematico, laddove è possibile uno iato temporale tra il momento del deposito e quello della pubblicazione della sentenza.
Sul punto si richiamano i principi di diritto di Cass. 10 novembre 2015, n. 22871, confermata da tutte le pronunce successive, laddove ritiene che: «a seguito della modifica dell’art. 15 del Regolamento di cui al D.M. n. 44 del 2011, effettuata con l’art. 2, comma l, lett. a) e b), del D.M. n. 209 del 2012, il magistrato che ha redatto la sentenza in formato elettronico, dopo avervi apposto la propria firma digitale, non effettua personalmente il deposito, ma la norma va intesa nel senso che egli trasmette telematicamente in cancelleria il documento -corrispondente, in
sostanza, alla “minuta” di cui è detto nel(l’oramai desueto) art. 119 disp. att. cod. proc. civ.- perché il cancelliere (<> il documento) possa provvedere al deposito (dapprima, eventualmente, in minuta) e quindi alla pubblicazione (evento, quest’ultimo, che rende definitivo il testo della sentenza, e ne impedisce la modificazione anche da parte del giudice che ne è stato autore). Quando la sentenza non è “contestuale” ex art. 281 sexies cod. proc. civ., ma depositata ai sensi dell’art. 281 quinquies cod. proc. civ. e dell’art. 15, comma primo, del D.M. n. 44 del 2011, è riservata al cancelliere l’attività di pubblicazione ai sensi dell’art. 133, comma primo e secondo, cod. proc. civ., che comporta anche l’inserimento della sentenza nel registro relativo, con l’attribuzione del numero identificativo (art. 13 del d.m. 27 20 marzo 2000, n. 264 “Regolamento recante norme per la tenuta dei registri presso gli uffici giudiziari” e legge 2 dicembre 1991, n. 399 “Delegificazione delle norme concernenti i registri che devono essere tenuti presso gli uffici giudiziari e l’amministrazione penitenziaria”). A seguito dell’adozione dei registri informatizzati, l’attività risulta regolata dal D.M. 27 aprile 2009 «Nuove regole procedurali relative alla tenuta del registri informatizzati dell’amministrazione della giustizia>>, pubblicato nella G.U. 11 maggio 2009, n. 107. Con l’unico adempimento della “pubblicazione” riservato al cancelliere, il sistema provvede all’attribuzione alla sentenza del numero identificativo e della data di pubblicazione ai sensi e per gli effetti degli artt. 133, comma secondo, e 327, comma primo, cod. proc. civ. (e consente inoltre l’estrazione di copia, cartacea o informatica, da attestarsi conforme da parte dei soggetti abilitati- compresi i difensori a far data dall’agosto 2014).».
6. Sulla sentenza pronunciata dal giudice di prime cure risulta l’apposizione del numero identificativo da parte della cancelleria (n.1274/2021) con indicazione della data di pubblicazione al
18/11/2021. Deve pertanto ritenersi che in quel momento si sia perfezionata la fase dell’inserimento della sentenza -depositata in forma telematicanel relativo registro. L’apposizione del numero identificativo è concludente in questo senso , e l’attestazione costituisce atto pubblico fidefaciente.
7. La corte territoriale ha dunque fatto corretta applicazione del costante orientamento di questa Corte in materia di dies a quo del termine ex art.327 cod. proc. civ. Né può attribuirsi alcuna rilevanza allo iato temporale intercorso tra pubblicazione e comunicazione della sentenza, peraltro contenuto entro i limiti stabiliti dall’art.133 comma secondo cod. proc. civ. (un giorno ) atteso che il c.d. termine lungo decorre dalla pubblicazione della sentenza, a prescindere dal rispetto, da parte della cancelleria, degli obblighi di comunicazione alle parti, e che, inoltre, rientra nei compiti del difensore attivarsi per verificare se siano state compiute attività processuali a sua insaputa (Cass. 29/12/2023 n.36369).
8. Il ricorso è pertanto inammissibile. La parte ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 3.000,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge. Da distrarsi al procuratore che si dichiara antistatario.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 2.000,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge. Da distrarsi al procuratore che si dichiara antistatario. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Lavoro