Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 11495 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 11495 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 01/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 23906-2023 proposto da:
COGNOME in proprio e rappresentata e difesa dall ‘ Avvocato NOME COGNOME per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
PROCEDURA DI LIQUIDAZIONE AZIENDE RAGIONE_SOCIALE. DI COGNOME RAGIONE_SOCIALE., COGNOME, COGNOME NOME E COGNOME;
– intimata – avverso il DECRETO N. 9357/2023 DEL TRIBUNALE DI VENEZIA, depositato il 25/10/2023, n. cron. 9375, rep. 6437/2023, in RG n. 11521/2023;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nell’adunanza in camera di consiglio dell’8/4/2025;
FATTI DI CAUSA
1.1. NOME COGNOME ha proposto domanda di partecipazione alla procedura di liquidazione RAGIONE_SOCIALE di COGNOME RAGIONE_SOCIALE, COGNOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
1.2. Il tribunale di Venezia, con decreto in data 28/6/2023, ha rigettato la domanda.
1.3. NOME COGNOME ha proposto reclamo avverso tale decreto che il tribunale, con la pronuncia in epigrafe, ha rigettato.
1.4. Il tribunale, in particolare, ha ritenuto che: -innanzitutto, è condivisibile la qualificazione del termine assegnato dal liquidatore ai creditori come processuale e non, invece, come termine meramente ‘ amministrativo ‘; -la liquidazione del patrimonio, infatti, a differenza di altre procedure aperte e gestite al di fuori del tribunale, come la liquidazione coatta amministrativa, rappresenta una procedura aperta dal tribunale, gestita da organi nominati dal tribunale e sotto il suo controllo; – è, dunque, condivisibile la qualificazione dei termini di cui agli artt. 14 sexies e s. l. n. 3/2012 come ordinatori, non potendo tali termini, in virtù di quanto previsto dall’art. 152 c.p.c., essere qualificati come perentori, in assenza di una espressa previsione legislativa; – la natura ordinatoria del termine entro cui insinuarsi al passivo comporta, tuttavia, l’applicazione dell’ art. 154 c.p.c., secondo cui ‘ il giudice, prima della scadenza, può abbreviare o prorogare, anche d’ufficio, il termine che non sia stabilito a pena di decadenza. La proroga non può avere una durata superiore al termine originario. Non può essere consentita proroga ulteriore, se non per motivi particolarmente gravi e con provvedimento motivato ‘; – la reclamante, quindi, avrebbe potuto chiedere al tribunale una proroga del termine assegnato dal liquidatore ai sensi della
disposizione sopra richiamata con istanza presentata prima della scadenza del termine ovvero, in ogni caso, avrebbe dovuto motivare la causa del ritardo nella presentazione dell’istanza di insinuazione; – il carattere semplificato della procedura di liquidazione del patrimonio, rispetto alle altre procedure concorsuali, non comporta, in effetti, che la procedura sia deformalizzata e che il ritardo nella presentazione della domanda di partecipazione al passivo sia privo di qualsivoglia tipo di sanzione, dovendosi, in ogni caso, applicare i principi e la disciplina dei termini processuali, tra cui l’art. 154 c.p.c.; – pur avendo la procedura delineata dalla l. n. 3 cit. natura concorsuale, il procedimento di verifica dello stato passivo è assoggettato alle ordinarie regole processuali, trattandosi della p arentesi di cognizione che si svolge all’interno della procedura concorsuale, cui si applicano le ordinarie regole processuali; nel caso in esame, il creditore ricorrente ha lasciato decorrere il termine concesso dal liquidatore senza chiedere alcuna proroga prima della sua scadenza, per cui, tenuto conto della mancata indicazione da parte dello stesso della causa che gli avrebbe impedito di rispettare il termine assegnato, dev ‘ essere, in definitiva, confermata la decisione con la quale il giudice delegato ha ritenuto di dichiarare inammissibile la domanda tardivamente proposta e, in ogni caso, tardiva l’istanza di rimessione in termini.
1.5. Il tribunale, quindi, ha respinto il reclamo ed ha, per l ‘ effetto, confermato il decreto con il quale il credito vantato da NOME COGNOME è stato escluso dalla procedura di liquidazione resistente.
1.6. NOME COGNOME con ricorso notificato il 5/12/2023 ha chiesto, per tre motivi, la cassazione del decreto.
1.7. La Procedura di liquidazione è rimasta intimata.
1.8. La ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 14 quinquies , 14 sexies , 14 septies , 14 octies e 14 novies della l. n. 3/2012 nonché la violazione e la falsa applicazione degli artt. 152 e s. c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c., la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2966 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., e la violazione e la falsa applicazione dell’art. 12 delle preleggi, in comb.disp. con gli artt. 14 sexies e s. l. n. 3/2012, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato: (a) innanzitutto, nella parte in cui il tribunale ha ritenuto che il procedimento di verifica dei crediti in relazione alle domanda di partecipazione alla liquidazione del sovraindebitato, disciplinato dall’art. 14 sexies e s. della l. 3/2012, che si svolge avanti al liquidatore, sia un procedimento giurisdizionale di cognizione, al quale possa ritenersi applicabile la disciplina dei termini previsti per il compimento degli atti processuali del giudizio ordinario, senza, tuttavia, considerare che: – malgrado la procedura di liquidazione ex art. 14 ter e s. della l. n. 3/2012 sia aperta con provvedimento del tribunale, il procedimento di partecipazione alla liquidazione disciplinato dagli artt. 14 sexies e s. della citata legge non ha, quanto alla fase svolta avanti al liquidatore, natura giurisdizionale, come si evince dalla disciplina prevista dall’art. 14 quinquies della l. n. 3 cit.; – la fase giurisdizionale inizia, infatti, soltanto se e nel momento in cui il tribunale è chiamato a formare lo stato passivo perché questo gli viene rimesso dal liquidatore per risolvere questioni da costui non risolubili e provveda in tal senso, tant’è che solo in questo momento inizia a decorrere il termine di cui
all’art. 14 octies, comma 4, della l. n. 3 cit. per il reclamo al collegio, giusta rinvio all’art. 10, comma 6, della medesima legge, avverso il provvedimento del giudice; (b) in secondo luogo, nella parte in cui il tribunale ha ritenuto che la questione dell’ammissibilità della domanda di partecipazione alla liquidazione, consegnata oltre il termine fissato dal liquidatore ai sensi dell’art. 14 sexies , comma 1, lett. b) della l. n. 3 cit., doveva essere risolta facendo applicazione della disciplina dei termini processuali legali e giudiziari di cui agli artt. 152 e s. c.p.c., senza, tuttavia, considerare che: -la questione dev’essere, piuttosto, risolta sulla base delle norme generali che disciplinano la decadenza, indebitamente pretermesse dal tribunale, tale per cui la sanzione della decadenza da un diritto soggettivo, in ragione del suo mancato esercizio entro un certo termine, può essere prevista solo dalla legge o da un contratto (art. 2966 c.c.); nell’ambito del procedimento di partecipazione alla liquidazione dei beni così come regolata dalla l. n. 3 cit., non vi è, invece, alcuna norma che preveda la sanzione d ell’i nammissibilità della domanda tardiva di partecipazione alla liquidazione per il caso di mancato rispetto del termine a tale scopo fissato dal liquidatore; (c) infine, nella parte in cui il tribunale ha ritenuto che il procedimento di verifica dei crediti che si svolge innanzi al liquidatore è un procedimento assoggettato alle norme previste dagli artt. 152 e s. c.p.c., senza, per contro, rilevare che tale procedimento, ancorché speciale, resta un procedimento concorsuale al quale si applicano le norme speciali processuali previste dalla relativa disciplina, la quale non prevede alcuna sanzione di inammissibilità della domanda tardiva di partecipazione alla liquidazione del patrimonio e non sanziona con alcuna decadenza il mancato rispetto del termine fissato, ai sensi
dell’art. 14 sexies , lett. b), della l. n. 3 cit., dal liquidatore, applicando tutt’al più la disciplina prevista dalla legge fallimentare in punto di domande di ammissione cd. ‘ semitardive ‘, tenuto conto del fatto che, nel caso in esame, la domanda della reclamante era stata depositata entro il termine di un anno dalla scadenza di quello fissato dal liquidatore, e che il procedimento di verifica avanti al liquidatore non era stato nemmeno concluso, essendo in corso i termini per essere in corso quelli per le osservazioni al progetto di stato passivo sulle domande tempestive.
2.2. Con il secondo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 152 e s. c.p.c., in comb.disp. con gli artt. 14 sexies della l. n. 3/2012, nonché la violazione e la falsa applicazione dell’art. 102 Cost., in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha ritenuto che il termine fissato al liquidatore di cui all’art. 14 sexies , lett. b), della l. n. 3 cit., sia stato ‘ assegnato dal tribunale ‘, senza, tuttavia, considerare che: l’art. 152 c.p.c., rubricato ‘ termini legali e termini giudiziari ‘, prevede pur sempre che i termini processuali debbano essere stabiliti o dalla legge o dal giudice; – il termine stabilito dal liquidatore ex art. 14 sexies lett. b), l. n. 3 cit. non è né un termine stabilito dalla legge, né un termine stabilito dal giudice; – tale termine, pertanto, non rientra nella disciplina dell’art. 152 c.p.c., con la conseguenza che allo stesso non può nemmeno applicarsi l’art. 154 c.p.c., con l’ulteriore e ffetto per cui la creditrice non era tenuta a chiederne la proroga al giudice prima della sua scadenza, né a motivare in ordine alle ragioni del ritardo e della sua non imputabilità nell’istanza di rimessione in termini.
2.3. Con il terzo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione dell’art. 154 c.p.c., in comb.disp. con l’art. 24 Cost., in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c., nonché la violazione dell’art. 132 n . 4 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato: (a) innanzitutto, nella parte in cui il tribunale ha ritenuto inammissibile per tardività la domanda di partecipazione alla liquidazione presentata dalla reclamante, senza, però, considerare che: – il termine, pur qualificato come ordinatorio, è stato, in sostanza, trasformato in un termine perentorio; – la legge non prevede alcuna norma che consenta di decretare una inammissibilità o decadenza della domanda di partecipazione alla liquidazione tardivamente presentata rispetto al termine fissato dal liquidatore; – tale interpretazione perviene alla sostanziale espropriazione di un diritto soggettivo perfetto in assenza di una previsione di legge che tale diritto consenta di espropriare, di fatto trasformando il termine ordinatorio in uno strumento di ablazione, costituzionalmente illegittimo, del diritto medesimo; (b) in secondo luogo, nella parte in cui il tribunale, pur partendo dal presupposto che il termine fissato dal liquidatore sia ordinatorio e non perentorio, ha, poi, contraddittoriamente applicato allo stesso la disciplina dei termini perentori.
2.4. I motivi, da trattare congiuntamente, sono infondati.
2.5. L’interpretazione, sostenuta dalla ricorrente, secondo cui la domanda di partecipazione alla liquidazione del patrimonio del sovraindebitamento prescinde dall’osservanza e dalla scadenza del termine previsto dall’art 14 sexies , lett. b), della l. n. 3/2012, non è, infatti, conforme all’orientamento maturato in sede di legittimità.
2.6. Questa Corte, invero, con la sentenza n. 6850 del 2025, ha recentemente e condivisibilmente affermato che tale interpretazione muove dal presupposto che il testo della norma presenti una lacuna e necessiti , pertanto, di un’integrazione, laddove, al contrario, ‘ la mancata previsione da parte del legislatore della L. n. 3/2012 della possibilità di proporre domande tardive è frutto di una scelta dello stesso legislatore, che non ha ritenuto ammissibile altro che la domanda tempestiva ‘: e se non prevede la disciplina delle domande tardive, ciò si giustifica in ragione della peculiarità di tale procedura, improntata alla massima semplicità e celerità.
2.7. Né, d’altra parte, ha osservato la Corte, può affermarsi, per accedere all’interpretazione invocata dalla ricorrente, che il termine di cui all’art. 14 sexies , lett. b), della l. n. 3 cit. non è stato previsto a pena di decadenza e che una diversa interpretazione si porrebbe conseguentemente in conflitto con l’art. 152 c.p.c.: ‘ sul punto, va osservato, che tale norma disciplina i termini per il compimento degli atti del processo, mentre gli atti del procedimento di liquidazione del patrimonio del sovraindebitato non sono atti processuali in senso proprio: sono atti di un procedimento concorsuale di liquidazione di beni, non di un vero processo a parti contrapposte funzionale a una tutela dichiarativa ‘.
2.8. Del resto, ove ci si trovi in presenza di atti che non hanno natura processuale in senso stretto, il carattere perentorio di un termine non deve necessariamente risultare esplicitamente dalla norma, potendosi desumere dalla funzione, ricavabile con chiarezza dal testo della legge, che il termine è chiamato a svolgere, come nel caso di liquidazione concorsuale dell’eredità beneficiata.
2.9. Si è, al riguardo, affermato che: -‘ il termine previsto dall’art. 498, comma 2, c.c., entro il quale l’erede deve invitare i creditori e i legatari a presentare le dichiarazioni di credito, ha natura perentoria, in quanto coerente con l’esigenza di procedere in tempi ragionevoli alla liquidazione dell’eredità; in funzione della medesima necessità è perentorio anche il termine, fissato dal notaio, entro il quale i creditori e i legatari possono presentare le dichiarazioni di credito’; -nella fattispecie di cui all’art. 498 c.c., caratterizzata dall’analoga situazione del concorso di più creditori e dalla liquidazione di un patrimonio (in questo caso ereditario), benché il termine ivi previsto non sia espressamente previsto come perentorio, la perentorietà è stata desunta ‘ dall’esigenza acceleratoria della procedura, che indubbiamente si riscontra anche nella liquidazione del patrimonio del debitore sovraindebitato ‘; -non v’è dubbio, infatti, che, anche in confronto con la disciplina della procedura fallimentare, ‘ l’esigenza di procedere alla rapida liquidazione del patrimonio emerge (nel sovraindebitamento) con evidenza sia nella fase di verifica del passivo, che in quella di eventuale contestazione della decisione sull’ammissione del credito, e pure in quella di l iquidazione dell’attivo, fasi la cui regolamentazione è caratterizzata dalla massima semplificazione del rito ‘; – nella procedura fallimentare, invero, è il giudice delegato che provvede necessariamente all’esame di ciascuna domanda e forma lo stato passivo, mentre nella liquidazione ex art. 14 ter e s. l. n. 3 cit. è il liquidatore che, dopo aver provveduto (come il curatore fallimentare) a predisporre il progetto di stato passivo, ove non vi siano osservazioni, lo approva, con la conseguenza che l’intervento del giudice è solo eventuale, in presenza di contestazioni non superabili; – anche la fase di eventuale impugnazione della decisione del giudice è assai più
snella rispetto alla procedura fallimentare, non essendo previsto nella procedura di sovraindebitamento un vero e proprio procedimento di impugnazione articolato e minutamente disciplinato, come quello di cui all’art. 99 l.fall.; – con il richiamo dell’art . 14 octies , comma 4, all’art. 10, comma 6, il legislatore ha, infatti, previsto la possibilità di proporre reclamo con un procedimento del tutto deformalizzato, come si evince dal riferimento agli artt. 737 e s. c.p.c., in quanto compatibili, che prevede termini sensibilmente più brevi di quelli previsti dal procedimento ex art. 99 l.fall.; – anche la fase liquidatoria è più snella, atteso che nella procedura fallimentare il programma di liquidazione ex art. 104 ter l.fall. soggiace a termini specifici e alla susseguente sottoposizione al comitato dei creditori, laddove, invece, nella procedura di liquidazione, a norma dell’art. 14 novies , il liquidatore deve elaborare il programma entro termini ben più ristretti (trenta giorni dalla formazione dell’inventario) e depositarlo direttamente in cancelleria, senza necessità di approvazione di altro organo, onde ‘ assicurare la ragionevole durata della procedura’.
2.10. In definitiva, come nella liquidazione dell’eredità beneficiata prevista dall’art. 498 c.c., anche la procedura di liquidazione del sovraindebitato è tutta improntata, oltre che alla semplificazione, al suo sollecito svolgimento, con la conseguenza che i termini che il legislatore ha previsto per la verifica dello stato passivo e per l’esame delle domande hanno un significato pregnante, e non possono ritenersi ‘inutili’ (come sostanzialmente pretenderebbe la ricorrente) solo perché non espressamente previsti a pena di decadenza: la loro perentorietà (oggi riconosciuta nel codice della crisi all’art. 270) discende, quindi, dalla loro funzione, sicché, in definitiva, è preclusa al creditore la presentazione di domande di partecipazione alla
liquidazione oltre il termine ex art. 14 sexies , lett. b), l. n. 3 cit. salvo che il creditore tardivo non giustifichi il suo ritardo nell’ottica di un’istanza di remissione in termini (art. 153 c.p.c.), dimostrando l’esistenza della causa non imputabile che abbia determinato la decadenza.
2.11. Né, infine, può affermarsi che, nel caso in esame, non si tratterebbe di termine legale (o giudiziale) in quanto fissato dal liquidatore, posto che si tratta di un termine di fonte legale la cui semplice determinazione è in realtà demandata all’organo della procedura, sicché la conseguenza circa la perentorietà del medesimo (intesa come perentorietà di tipo funzionale) resta inalterata.
2.12. Il principio di diritto che è stato affermato è, dunque, che ‘gli artt. 14 -ter e seg. della l. n. 3 del 2012 contengono una disciplina compiuta della liquidazione del patrimonio del sovraindebitato, nella quale il termine ex art. 14 sexies lett b) la cui concreta determinazione è rimessa all’organo della liquidazione – è termine di fonte legale avente specifica funzione acceleratoria della procedura’ con la conseguenza che, ‘pur non essendo espressamente previsto dalla legge a pena di decadenza, il termine va considerato perentorio’ ed è, pertanto, ‘preclusa al creditore la semplice presentazione di domande di partecipazione alla liquidazione oltre il termine citato, salvo che il creditore tardivo non giustifichi il suo ritardo nell’ottica di un’istanza di rimessione in termini (art. 153 c.p.c.), dimostrando l’esistenza della causa non imputabile che abbia determinato la decadenza’.
2.13. Il decreto impugnato ha rispettato i principi esposti: lì dove ha dichiarato l’inammissibilità della domanda di partecipazione presentata dalla ricorrente successivamente alla scadenza del termine stabilito dal liquidatore senza che la stessa
abbia invocato una qualsivoglia giustificazione del suo ritardo; a nulla, per contro, rilevando il fatto (invocato dalla ricorrente: cfr. la memoria, p. 8) che la domanda sia stata (in ipotesi) proposta entro il termine (di quindici giorni) fissato dallo stesso liquidatore , a norma dell’art. 14 octies , comma 1, della l. n. 3 cit., per l a presentazione di eventuali ‘ osservazioni ‘, posto che : – si tratta del (diverso) termine (rispetto a quello già fissato a norma dell’art. 14 sexies , lett. b) che il liquidatore, dopo aver esaminato le ‘ domande ‘ di partecipazione di cui all’art. 14 septies , assegna esclusivamente ‘ agli interessati ‘ cui comunica il ‘ progetto di stato passivo ‘ che, alla luce dell’esame delle domande proposte, lo stesso predispone; – il termine assegnato per le osservazioni, pertanto, non è certamente idoneo a rendere tempestiva una domanda che, al contrario, tale non sia, in quanto proposta (come quella della reclamante) oltre la ‘ data ‘ fissata dal liquidatore ai sensi dell’art. 14 sexies , lett. b), cit.
Il ricorso è, dunque, infondato.
Nulla per le spese del giudizio in difetto di costituzione in giudizio della resistente.
La Corte dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; dà atto, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto
dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, nella Camera di consiglio della Prima