Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 27252 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 27252 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso 6336-2024 proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, soggetta all’attività di direzione e coordinamento di RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 863/2023 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 25/09/2023 R.G.N. 280/2023; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/09/2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Oggetto
Licenziamento
ex lege n. 92 del 2012
R.G.N.NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud 11/09/2025
CC
Fatti di causa
La Corte di Appello di Palermo ha confermato la pronuncia del Tribunale della stessa sede di rigetto della impugnativa di licenziamento disciplinare del 16.2.2022, proposta da NOME COGNOME nei confronti di RAGIONE_SOCIALE di cui era dipendente.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso NOME COGNOME sulla base di tre motivi. La società ha resistito con controricorso.
La Consigliera delegata ha, con atto del 1° marzo 2025, formulato proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380- bis c.p.c.
Il ricorrente ha chiesto la decisione del ricorso.
RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria.
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
Ragioni della decisione
I motivi possono essere così sintetizzati.
Con il primo motivo, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 25 del CCNL di settore e dell’art. 2119 cod. civ., in ordine alla insussistenza di ogni prova relativa alla esistenza del grave nocumento morale e materiale prodotto alla società.
Con il secondo motivo si eccepisce, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 e n. 4 cpc, la nullità e/o illegittimità della sentenza per contraddittoria e/o apparente motivazione sul difetto di proporzionalità.
Con il terzo motivo si censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 25 del CCNL di settore e dell’art. 2119 cod. civ., in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 e n. 4 cpc, in ordine alla mancata previsione dei fatti contestati tra quelli
legittimanti il licenziamento ‘per giusta causa e senza preavviso’ nonché per la mancata conversione della giusta causa in giustificato motivo soggettivo.
Il ricorso è inammissibile come correttamente rilevato dalla Consigliera delegata le cui argomentazioni sono pienamente condivise dal Collegio.
Invero, non è stato rispettato il termine breve di sessanta giorni, dettato dall’art. 1 co. 62 della legge n. 92 del 2012 per l’impugnazione della sentenza di appello, termine che decorre dalla comunicazione via pec del provvedimento da parte della Cancelleria.
Nella fattispecie in esame, la sentenza della Corte distrettuale è stata comunicata, al procuratore del lavoratore ricorrente, via pec, il 25.9.2023 dalla Cancelleria mentre il ricorso per cassazione è stato notificato alla società controricorrente in data 7.3.2024.
Questa Corte ha già affermato con riguardo al reclamo disciplinato dal co. 58 dell’art. 1 legge n. 92 del 2012 che il termine per impugnare nell’ambito del rito Fornero decorre dalla semplice comunicazione del provvedimento, trattandosi di previsione speciale, che in via derogatoria comporta la decorrenza del termine da detto incombente, su cui non incide la modifica dell’art. 133 co. 2 cpc nella parte in cui stabilisce che ‘la comunicazione non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all’art. 325 cpc’, in quanto attinente al regime generale della comunicazione dei provvedimenti da parte della cancelleria (Cass. n. 6059/2018); lo stesso principio è stato affermato con riguardo al ricorso per cassazione nell’ambito del medesimo rito Fornero anche in considerazione dello stesso tenore
testuale dei commi 58 e 62 dell’art. 1 legge n. 92 citata (cfr.
Cass. n. 32263/2019; Cass. n. 482/2023).
Deve, poi, osservarsi che parte ricorrente, a fronte di queste osservazioni, nulla ha dedotto limitandosi unicamente a chiedere la decisione del ricorso senza motivare le ragioni del dissenso da lla proposta formulata ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c.
Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile perché tardivamente proposto.
Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo.
Poiché il giudizio è definito in conformità della proposta di definizione accelerata , va disposta la condanna del COGNOME a norma dell’art. 96, comma 3 e comma 4, c.p.c.
Vale, infatti, rammentare quanto segue: in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380-bis, comma 3, c.p.c. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022) ─ che, nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta, contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 c.p.c. ─ codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi ad una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente (Cass. Sez. U. 13 ottobre 2023, n. 28540).
In tal senso, il ricorrente va condannato, in favore della controricorrente, al pagamento della somma equitativamente determinata di € 2. 250,00, oltre che al
pagamento dell’ulteriore somma di € 2. 250,00 in favore della Cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ult eriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite che liquida in euro 4.500,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge. C ondanna il ricorrente al pagamento della somma di €. 2.250,00 in favore della parte controricorrente, e di una ulteriore somma di €. 2.250,00 in favore della Cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, de ll’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, dell’11 .9.2025
La Presidente AVV_NOTAIOssa NOME COGNOME