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Termine impugnazione rito Fornero: ricorso tardivo

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso in materia di licenziamento perché proposto oltre il termine di 60 giorni. La decisione ribadisce la perentorietà del termine impugnazione rito Fornero, che decorre dalla comunicazione via PEC della sentenza d’appello. Il ricorrente è stato inoltre condannato per abuso del processo.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Termine Impugnazione Rito Fornero: la Cassazione sanziona il ricorso tardivo

Nel diritto del lavoro, il rispetto delle scadenze procedurali è fondamentale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione lo conferma, chiarendo in modo inequivocabile le gravi conseguenze del mancato rispetto del termine impugnazione rito Fornero. L’ordinanza analizza il caso di un lavoratore il cui ricorso è stato dichiarato inammissibile perché presentato fuori tempo massimo, con un’ulteriore condanna per abuso del processo. Approfondiamo la vicenda per capire la logica della decisione e le sue implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso: un Licenziamento e un Ricorso fuori tempo

La vicenda ha origine dall’impugnazione di un licenziamento disciplinare da parte di un lavoratore nei confronti di una società di distribuzione. Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano respinto le ragioni del dipendente, confermando la legittimità del recesso datoriale.

Il lavoratore decideva quindi di presentare ricorso alla Corte di Cassazione. Tuttavia, emergeva un problema cruciale: la sentenza della Corte d’Appello era stata comunicata al suo legale tramite posta elettronica certificata (PEC) il 25 settembre 2023, mentre il ricorso per cassazione era stato notificato alla controparte solo il 7 marzo 2024, ben oltre il termine di sessanta giorni previsto dalla legge.

La Decisione della Corte: Inammissibilità e Sanzioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione non è entrata nel merito delle ragioni del licenziamento, ma si è fermata a un aspetto puramente procedurale: la tardività dell’impugnazione.

Oltre a respingere il ricorso, la Corte ha condannato il lavoratore a:
1. Pagare le spese legali sostenute dalla società datrice di lavoro.
2. Versare un’ulteriore somma alla controparte a titolo di responsabilità aggravata per abuso del processo (ai sensi dell’art. 96 c.p.c.).
3. Pagare un importo aggiuntivo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso, come previsto in caso di impugnazione inammissibile.

Le Motivazioni: la perentorietà del termine impugnazione rito fornero

La Corte ha basato la sua decisione sull’interpretazione rigorosa della Legge n. 92 del 2012, nota come “Riforma Fornero”, che ha introdotto un rito speciale per le controversie sui licenziamenti. L’articolo 1, comma 62, di tale legge stabilisce un termine breve di sessanta giorni per proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza d’appello.

Il punto centrale, sottolineato dai giudici, è il momento da cui questo termine inizia a decorrere. La legge speciale prevede che il termine decorra dalla semplice “comunicazione” del provvedimento da parte della cancelleria. Questa è una deroga rispetto alle regole generali del codice di procedura civile, secondo cui la comunicazione non fa scattare i termini per l’impugnazione (art. 133, co. 2 c.p.c.). Nel rito Fornero, invece, la comunicazione via PEC al difensore è sufficiente a far partire il conto alla rovescia. Poiché il ricorso è stato notificato oltre sei mesi dopo la comunicazione, è stato inevitabilmente ritenuto tardivo.

Inoltre, la Corte ha inflitto una sanzione per abuso del processo. Il caso era stato oggetto di una proposta di definizione accelerata (ex art. 380-bis c.p.c.), che già evidenziava la probabile inammissibilità del ricorso. Il ricorrente ha insistito per una decisione nel merito senza però fornire argomentazioni valide per contrastare la palese tardività. Questo comportamento è stato interpretato come un uso improprio dello strumento processuale, che presume una responsabilità aggravata e giustifica la condanna aggiuntiva.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Lavoratori e Avvocati

Questa ordinanza è un monito severo sull’importanza del rispetto dei termini perentori nel processo del lavoro. La disciplina speciale del rito Fornero non ammette deroghe: il termine di 60 giorni per l’impugnazione decorre dalla comunicazione della sentenza via PEC e il suo mancato rispetto conduce direttamente all’inammissibilità del ricorso, precludendo ogni esame sul merito della controversia. Inoltre, insistere in un’impugnazione manifestamente infondata, soprattutto dopo una proposta di definizione da parte della Corte, espone il ricorrente a sanzioni economiche significative per abuso del processo, aggravando ulteriormente i costi di una lite già persa.

Da quando decorre il termine di 60 giorni per impugnare una sentenza di appello nel rito Fornero?
Il termine decorre dalla data di comunicazione della sentenza da parte della cancelleria del giudice, che avviene tramite posta elettronica certificata (PEC) all’avvocato costituito in giudizio. Si tratta di una norma speciale che deroga alla regola generale.

Quali sono le conseguenze se il ricorso per cassazione viene presentato dopo la scadenza del termine previsto dal rito Fornero?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile, il che significa che la Corte non esamina le ragioni di merito dell’impugnazione. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese legali e al versamento di un ulteriore importo pari al contributo unificato.

Perché il ricorrente è stato condannato per “abuso del processo”?
Perché, nonostante una proposta accelerata di definizione del giudizio che evidenziava l’inammissibilità del ricorso per tardività, ha insistito per una decisione nel merito senza motivare le ragioni del suo dissenso. La Corte ha ritenuto questo comportamento una presunzione di responsabilità aggravata, sanzionandolo ai sensi dell’art. 96 c.p.c.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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