Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16160 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 16160 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 13765-2023 proposto da:
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata presso gli indirizzi PEC degli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 901/2022 della CORTE D’APPELLO di MILANO, del 19/10/2022 R.G.N. 599/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/03/2025 dalla Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
Tardività
impugnazione
R.G.N. 13765/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 18/03/2025
CC
Rilevato che:
La Corte d’appello di Milano ha dichiarato inammissibile l’appello principale di NOME COGNOME perché proposto oltre il termine di sei mesi previsto dall’art. 327 c.p.c. ed ha dichiarato inefficace l’appello incidentale tardivo della RAGIONE_SOCIALE
Avverso la sentenza d’appello NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione con un unico motivo. La RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
A seguito di proposta di definizione del giudizio, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comunicata alle parti, e della richiesta di decisione presentata dal difensore dell’appellante, è stata fissata l’odierna adunanza camerale. Il ricorrente ha depositato memoria.
Il Collegio si è riservato di depositare l’ordinanza nei successivi sessanta giorni, ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c., come modificato dal d.lgs. n. 149 del 2022.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione o falsa applicazione dell’art. 327 c.p.c. per avere la Corte d’appello errato nella individuazione del dies a quo del termine di decadenza e, specificamente, per avere supposto che la sentenza di primo grado, con contestuale motivazione, fosse stata letta in udienza il 23.11.2021, all’esito della discussione orale tenutasi da remoto.
Il ricorrente assume che dal verbale dell’udienza del 23.11.2021, svolta da remoto, si evince come non sia stata data alcuna lettura della sentenza di primo grado; che dalle annotazioni di cancelleria, riportate nello storico del fascicolo telematico, risulta che il 24.11.21 è stato registrato il verbale d’udienza e che il 29.11.21 è stato registrato il deposito della
sentenza n. 490/2021, comunicata in tale data a mezzo p.e.c. al procuratore domiciliatario; che da quest’ultima data decorrevano i termini per l’impugnazione.
Nella memoria depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la difesa del ricorrente ha illustrato i profili di contrasto tra l’interpretazione adottata dai giudici di appello sulla decorrenza del termine di decadenza dell’impugnazione e il diritto europeo ed ha chiesto, in via preliminare, il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione Europea, ai sensi dell’art. 267 TFUE, della questione volta a stabilire se sia compatibile con il diritto europeo la previsione di una decorrenza automatica del termine di impugnazione dalla data di pubblicazione della sentenza, a prescindere dalla comunicazione o dalla effettiva conoscibilità della stessa.
2. Il motivo di ricorso è infondato.
Ha rilievo dirimente, nella fattispecie oggetto di causa, la circostanza, pacificamente accertata dalla Corte d’appello e messa in risalto nella proposta di definizione del giudizio, per cui nella stessa giornata del 23 novembre 2021, in cui si è tenuta, c on collegamento da remoto, l’udienza dinanzi al giudice di primo grado, ‘risultano compiuti anche il deposito in via telematica della sentenza, nonché l’inserimento della sentenza nell’elenco cronologico e l’attribuzione del numero identificativo e della data di pubblicazione da parte della cancelleria’. Tali adempimenti consentono di ritenere perfezionata nella data suddetta la pubblicazione della sentenza.
Questa Corte ha precisato che, ‘in tema di redazione della sentenza in formato digitale, la pubblicazione, ai fini della decorrenza del termine cd. “lungo” di impugnazione di cui all’art. 327 c.p.c., si perfeziona nel momento in cui il sistema
informatico provvede, per il tramite del cancelliere, ad attribuire alla sentenza il numero identificativo e la data, poiché è da tale momento che il provvedimento diviene ostensibile agli interessati’ (Cass. n. 2362 del 2019).
Difatti, il deposito e la pubblicazione della sentenza coincidono e si realizzano nel momento in cui il deposito ufficiale in cancelleria determina l’inserimento della pronunzia nell’elenco cronologico, con attribuzione del numero identificativo e conseguente conoscibilità per gli interessati, in tale momento venendo ad esistenza la sentenza a tutti gli effetti, inclusa la decorrenza del termine lungo per la sua impugnazione (Cass. n. 10810 del 2025; n. 6384 del 2017; Cass., S.U. n. 18569 del 2016).
Nel caso in esame, dalla avvenuta pubblicazione della sentenza di primo grado, in data 23 novembre 2021, deve computarsi, secondo il disposto dell’art. 327, primo comma, c.p.c., il decorso del termine lungo per l’impugnazione dinanzi alla Corte d’appello, termine nella specie non rispettato.
Non ricorrono i presupposti per l’invocato rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia in ordine ad una questione che attiene al diritto processuale interno e su cui neppure è dedotta una competenza interpretativa della Corte di Giustizia.
Peraltro, il palesato contrasto con i principi di diritto eurounitario concernenti l’effettività della tutela e il diritto ad un ricorso effettivo appare contraddetto dalla previsione di un termine semestrale per l’impugnazione a decorrere dalla pubblicazi one della sentenza, conoscibile mediante accesso al fascicolo telematico, nonché dal dato fattuale della avvenuta comunicazione nel caso di specie, tramite biglietto di cancelleria in data 29.11.2021, della pubblicazione medesima, con adeguato spazio tempo rale per la proposizione dell’appello.
Le considerazioni svolte conducono al rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
La conclusione del giudizio in conformità alla proposta di definizione determina le conseguenze di cui al combinato disposto degli att. 380-bis, ultimo comma, e 96, terzo e quarto comma, c.p.c. La parte ricorrente va perciò condannata al pagamento, in favore della controparte, della ulteriore somma equitativamente determinata ed indicata in dispositivo nonché al pagamento, in favore della Cassa delle ammende, dell’importo pure indicato nel dispositivo.
Il rigetto del ricorso costituisce presupposto processuale per il raddoppio del contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 (cfr. Cass. S.U. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in € 4.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Condanna il ricorrente al pagamento della somma di € 1.500,00 in favore della parte controricorrente, e di una ulteriore somma di € 1.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nell’adunanza camerale del 18 marzo 2025