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Termine impugnazione espulsione: quando decorre?

Un cittadino straniero ha impugnato un decreto di espulsione anni dopo la sua notifica, sostenendo di non averlo compreso. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, stabilendo che il termine impugnazione espulsione decorre dal momento in cui si ha effettiva conoscenza dell’atto, anche se tramite il proprio avvocato, e non solo dalla notifica iniziale. Il ricorso, presentato oltre 30 giorni da tale conoscenza, è stato ritenuto tardivo.

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Pubblicato il 30 agosto 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Termine Impugnazione Espulsione: La Conoscenza dell’Atto Fa Decorrere i Termini

Il rispetto delle scadenze processuali è un pilastro del nostro sistema giuridico. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale riguardo al termine impugnazione espulsione per i cittadini stranieri, sottolineando che la decorrenza non è legata solo alla notifica formale, ma al momento in cui si acquisisce un’effettiva e adeguata conoscenza del provvedimento, anche se avvenuta tramite il proprio legale. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Un cittadino straniero proponeva ricorso avverso un decreto di espulsione emesso nei suoi confronti nel 2017. A fondamento della sua impugnazione, sosteneva la nullità del decreto originale in quanto notificato in italiano e inglese, lingue che dichiarava di non comprendere. La sua situazione si era evoluta nel tempo: dopo un periodo di permanenza sul territorio, era stato effettivamente rimpatriato nell’agosto 2023. Successivamente, nel marzo 2024, tramite il suo avvocato che aveva richiesto accesso agli atti, veniva a conoscenza della sua iscrizione nel Sistema d’Informazione Schengen (SIS) come persona destinataria di un provvedimento di espulsione. Nonostante questa scoperta, il ricorso contro il decreto del 2017 veniva depositato solo nel maggio 2024.

La Decisione del Giudice di Pace e il Ricorso in Cassazione

In primo grado, il Giudice di Pace aveva dichiarato il ricorso inammissibile per tardività. Secondo il giudice, il termine perentorio di trenta giorni per l’impugnazione era ampiamente decorso. Anche senza considerare la data della notifica originale, il termine si era consumato al più tardi alla data del rimpatrio (agosto 2023) o, in ogni caso, alla data in cui il ricorrente aveva appreso dell’iscrizione nel SIS tramite il suo difensore (marzo 2024). Il ricorso di maggio 2024 era, quindi, palesemente fuori tempo massimo.

Contro questa decisione, il cittadino straniero proponeva ricorso per cassazione, insistendo sulla nullità dell’espulsione per mancata traduzione in una lingua a lui nota e sulla conseguente tempestività della sua impugnazione.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione sul termine impugnazione espulsione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo a sua volta inammissibile. Il punto centrale della motivazione della Corte non è entrare nel merito della validità della notifica originale, ma evidenziare un vizio fondamentale nel modo in cui è stato presentato il ricorso.

La Corte spiega che il ricorrente non ha efficacemente contestato la ratio decidendi (la ragione fondamentale) della sentenza del Giudice di Pace. Quest’ultimo aveva basato la sua decisione di inammissibilità su un fatto preciso: il ricorrente aveva acquisito una “conoscenza adeguata” del provvedimento espulsivo al più tardi nel marzo 2024, quando il suo avvocato aveva avuto accesso agli atti. Da quel momento, iniziava a decorrere un nuovo termine di 30 giorni per impugnare. Il ricorso, depositato a maggio, era quindi tardivo rispetto a questa data.

Il ricorrente, nel suo motivo di cassazione, si è limitato a lamentare la mancata traduzione dell’atto originale del 2017, senza però contestare la valutazione del Giudice di Pace riguardo alla conoscenza acquisita nel 2024. In pratica, ha ignorato il vero motivo per cui il suo primo ricorso era stato respinto. Secondo la Suprema Corte, concentrarsi solo sulla notifica originaria, senza affrontare il tema della conoscenza successiva tramite il difensore, rende il motivo di ricorso inammissibile perché non coglie il nucleo della decisione impugnata.

Le Conclusioni

La decisione della Corte di Cassazione ribadisce un principio cruciale: il termine impugnazione espulsione inizia a decorrere dal momento in cui il destinatario ha una conoscenza effettiva e sufficiente del provvedimento e della possibilità di contestarlo. Questa conoscenza può derivare non solo dalla notifica formale, ma anche da eventi successivi, come l’accesso agli atti da parte del proprio avvocato. Se un giudice di merito basa la sua decisione su questa conoscenza successiva, è questo il punto che deve essere specificamente contestato in un eventuale ricorso in Cassazione. Omettere di farlo rende l’impugnazione inammissibile, indipendentemente dalla validità della notifica iniziale.

Da quale momento inizia a decorrere il termine per impugnare un decreto di espulsione?
Secondo la sentenza, il termine perentorio di 30 giorni per impugnare un decreto di espulsione decorre dal momento in cui il destinatario acquisisce una conoscenza adeguata del provvedimento, che può coincidere con la notifica o con un momento successivo, come l’accesso agli atti da parte del proprio difensore.

Cosa succede se un ricorso viene presentato oltre il termine perentorio di 30 giorni?
Se il ricorso viene presentato oltre il termine perentorio, viene dichiarato inammissibile. Ciò significa che il giudice non esamina il merito della questione (ad esempio, se l’espulsione era legittima o meno) ma si ferma a una valutazione procedurale, respingendo l’atto perché tardivo.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso in questo caso?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché il ricorrente non ha contestato la vera ragione della decisione del giudice precedente (la ratio decidendi). Il giudice di merito aveva stabilito che il termine era decorso dalla conoscenza dell’atto ottenuta tramite l’avvocato, ma il ricorso in Cassazione si è limitato a contestare la validità della notifica originale, senza affrontare questo punto cruciale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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