Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3218 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 3218 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2173/2024 R.G. proposto da : COGNOME rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE ,
-ricorrente-
contro
MINISTERO INTERNO, PROCURATORE GENERALE PRESSO LA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE, QUESTURA DI SALERNO
-intimati- avverso ORDINANZA di NOME COGNOME SALERNO nel proc.to n. 6646/2023 depositata il 17/01/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME cittadino bengalese, ha impugnato il decreto del Questore di Salerno del 9 ottobre 2023, notificato in pari
data, con cui ne era stato disposto il respingimento dal territorio dello Stato, con accompagnamento alla frontiera, deducendo l’esistenza dei presupposti per l’ottenimento della protezione internazionale.
Il Giudice di Pace di Salerno , con l’ordinanza qui impugnata, ha dichiarato inammissibile il ricorso in quanto tardivo, essendo stato proposto il 9 dicembre 2023, oltre il termine di trenta giorni dalla notifica del provvedimento impugnato in data 9 ottobre 2023.
Lo straniero ha proposto ricorso per cassazione, affidato a un unico motivo, ulteriormente illustrato da memoria; le Amministrazioni intimate non si sono costituite in giudizio.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione dell’art. 18 d. lgs. n. 150/2011 e dell’art. 54 l. n. 69/2009, deducendo che la norma che prevede l’impugnabilità del provvedimento di espulsione nel termine di 30 giorni non si applichi ai cittadini residenti all’estero. Il ricorrente deduce, in proposito, di essere senza fissa dimora e osserva che l’amministrazione non avrebbe contestato la circostanza in fatto che il ricorrente fosse residente all’estero.
Il ricorso è infondato.
Dispone l’art. 18, comma 3, d lgs. n. 150/2011 che « Il ricorso è proposto, a pena di inammissibilità, entro trenta giorni dalla notificazione del provvedimento, ovvero entro sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero ». La norma discrimina il termine di impugnazione del decreto di espulsione in funzione del luogo di residenza del soggetto interessato e ricalca l’analoga disposizione dell’art. 35 -bis , comma 2, d. lgs. n. 25/2008 (introdotto dall’art. 6 d.l. n. 13/2017, conv. dalla l. n. 46/2017), che è andata a sostituire per le impugnazioni dei provvedimenti in tema di protezione internazionale, a far data dal 18 febbraio 2017, l’identica
disposizione normativa dell’abrogato art. 19, comma 3, d. lgs. n. 150/2011. E’, quindi, la residenza all’estero de l ricorrente che costituisce il presupposto per l’applicazione di un termine più lungo per impugnare il decreto di espulsione.
A tale riguardo va richiamata la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui l’onere della prova dell’osservanza del termine d’impugnazione e, quindi, della sua tempestività e ammissibilità (Cass., n. 18690/2022), anche in ragione della ricorrenza di cause ostative al decorso del termine stesso, incombe sulla parte impugnante, sicché il mancato assolvimento di tale onere comporta che il gravame debba essere dichiarato d’ufficio inammissibile (Cass., n. 20054/2023; Cass., n. 7660/2004).
Né giova al ricorrente, ai fini della prova della tempestività dell’impugnazione, l’omessa contestazione dei presupposti in base ai quali l’impugnazione possa considerarsi tempestiva, atteso che si tratta di incombente rimesso all’esame del giudice di impugnazione a tutela dell’esigenza pubblicistica del rispetto del vincolo della cosa giudicata formale (Cass., n. 9987/2016; Cass., n. 25070/2010; Cass., Sez. U., n. 9005/2009).
Sotto questo profilo il ricorrente si è limitato ad allegare di essere senza fissa dimora in Italia, come anche indicato nell’intestazione del provvedimento impugnato. La dichiarazione di assenza di dimora fissa o abituale in Italia non equivale, tuttavia, alla prova della residenza all’estero del ricorrente, non potendo tale allegazione ritenersi equiparabile, ai fini dell’applicazione del più lungo termine per l’impugnazione, al caso della comprovata residenza all’estero del ricorrente.
Questo principio è conforme alla giurisprudenza di questa Corte (Cass., n. 23915/2023), laddove -in un caso in cui il cittadino straniero non aveva mai regolarizzato il proprio domicilio, essendo
sempre vissuto in stato di irregolarità -si è affermato che non poteva trovare applicazione il termine di sessanta giorni previsto dalla norma dell’art. 18, comma 3, cit. in caso di residenza all’estero (« non essendo, in particolare, emerso, al di l à delle argomentazioni svolte in ricorso, che lo stesso fosse, in quel momento, effettivamente residente all’estero »: Cass., n. 23915/2023).
Non può, pertanto, ritenersi equiparabile al caso del cittadino straniero residente all’estero, al fine dei termini per impugnare un atto dell’Autorità preposta, il caso in cui il domicilio o la dimora abituale del destinatario non siano noti (Corte di Giustizia UE, 16 maggio 2024, C-222/23, Toplofikatsia Sofia, punto 75), come nel caso in cui il cittadino straniero si qualifichi senza fissa dimora.
Come già precisato , trattandosi di assolvimento dell’onere della prova della tempestività dell’impugnazione, non può giovare al ricorrente la circostanza che l’Amministrazione non abbia contestato la circostanza in fatto che il ricorrente fosse residente all’estero.
Deve, pertanto, enunciarsi il seguente principio di diritto:
« A i fini dell’applicazione del termine di sessanta giorni di cui all’art. 18, comma 3, d. lgs. n. 150/2011 per impugnare il decreto di espulsione , la parte che impugna ha l’onere di allegare e provare di essere residente all’estero, anche in caso di non contestazione da parte dell’Amministrazione, rientrando tale elemento della fattispecie tra quelli imposti ai fini del rispetto del termine di impugnazione e, quindi, della relativa tempestività e ammissibilità; tale elemento non è surrogabile dalla allegazione che il ricorrente risulti senza fissa dimora nel territorio nazionale ».
Il provvedimento impugnato, nella parte in cui ha ritenuto applicabile il termine per impugnare di trenta giorni, ha fatto corretta applicazione del suddetto principio.
Il ricorso va, pertanto, rigettato; non vi è luogo a provvedere sulle spese in assenza di costituzione delle amministrazioni intimate; non sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato essendo il procedimento (espulsione) esente.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 30/01/2025.