Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 8378 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 8378 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 16005/2024 proposto da:
NOME COGNOME elett.te domiciliata presso l’avv. NOME COGNOME dal quale è rappresentata e difesa, per procura speciale in atti;
-ricorrente –
-contro-
MINISTERO DELL’INTERNO, in p ersona del Ministro p.t. elett.te domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato dalla quale è rappres. e difesa;
-intimato- avverso la sentenza n. 2634/2024 del Tribunale di Brescia, depositata il 14.6.2024;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/02/2025 dal Cons. rel., dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con sentenza n. 2634/2024 (ai sensi dell’art. 19 -ter d.lgs. 1 settembre 2011 n. 150), pubblicata in data 14.6.2024, il Tribunale di Brescia ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da NOME COGNOME, cittadina nigeriana ma residente in Ucraina, avverso il decreto di diniego del rilascio del permesso di soggiorno, emesso dal Questore di Brescia il 18.9.2022 -con la prescrizione di lasciare il territorio nazionale entro il termine di 10 giorni lavorativi dalla notifica del provvedimento- perché depositato oltre il termine dei trenta giorni.
Il Tribunale, infatti, ha affermato che, essendo stato notificato al richiedente il provvedimento di diniego il giorno 6.1.2023, il termine di legge (trenta giorni) per l’impugnazione sarebbe decorso il 6.2.2023 a fronte di un deposito tardivo (effettuato il 4.3.2023), osservando altresì come la ricorrente non avesse, neppure implicitamente, svolto istanza di remissione in termini ex art. 153, comma 2, c.p.c., ‘ mancando (anche solo) l’allegazione di cause impeditive alla presentazione del ricorso non imputabili alla parte ‘.
Avverso tale provvedimento la cittadina straniera propone ricorso per cassazione affidato a due motivi. Il Ministero ha depositato nota, chiedendo di partecipare all’eventuale udienza di discussione.
Il Pubblico Ministero ha depositato requisitoria, chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO CHE
Il primo motivo denunzia violazione dell’art. 19 -ter , comma 4, l. 2011, n. 150, nullità della sentenza e del procedimento , a norma dell’ art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c, affermando che il termine per impugnare il provvedimento di diniego della protezione speciale ex art. 32, comma
3, del d.lgs. 28 gennaio 2008, n. 25 avrebbe dovuto essere individuato facendo riferimento ai due diversi (ed alternativi) termini previsto dal citato art. 19 ter : il termine di trenta giorni di carattere generale, e quello di sessanta giorni ‘ se il ricorrente risiede all’estero’.
Con il secondo motivo il ricorrente si duole della circostanza che il provvedimento impugnato recava la seguente dicitura ‘ avverso il presente atto è ammesso ricorso gerarchico al Prefetto ovvero giurisdizionale innanzi al Tribunale Ordinario competente per territorio, nel termine di giorni 30 e 60 dalla notifica o dalla comunicazione in via amministrativa o dalla piena conosc enza dell’atto ‘, inducendo così la parte ricorrente a credere che il primo termine (quello di trenta giorni) fosse rivolto alla impugnativa del provvedimento prefettizio, mentre il secondo termine (quello di sessanta) fosse rivolto alla impugnativa del provvedimento giurisdizionale.
Per questa ragione, la parte ricorrente insiste per la cassazione della sentenza impugnata, invocando la mancata operatività degli effetti preclusivi del ricorso, in ragione della scusabilità dell’errore, ciò a causa della erronea ed equivoca indicazione del termine entro il quale era possibile proporre ricorso avverso il provvedimento del Questore.
Peraltro, la ricorrente aggiunge che nel giudizio di merito non avrebbe avuto alcuna ragione di chiedere una rimessione in termini perché ‘ aveva espressamente dichiarato di avere impugnato nel termine assegnatole dal provvedimento…e che l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Brescia non aveva fatto eccezione o rilievo alcuno sul punto, accettando il contraddittorio ‘ (cfr. ricorso pag. 14).
Il primo motivo è infondato.
Va osservato che l’art. 19 -ter , comma 4, del d.lgs. 150/2011 contempla due termini alternativi per l’impugnativa del provvedimento
del Questore: un termine generale di trenta giorni ‘ ovvero ‘ il termine di sessanta giorni per coloro i quali risiedono all’estero.
Il punto giuridico controverso investe il concetto di residenza all’es tero del richiedente, ed implica la questione se questa condizione viene meno se la ricorrente, residente in Ucraina, si trovava sul territorio nazionale alla presentazione del ricorso.
Il collegio ritiene che a coloro che si trovano sul territorio nazionale al momento della domanda è lecito applicare il termine dei trenta giorni (come ha fatto il giudice di merito) per la proposizione del ricorso.
A dire della parte ricorrente, un argomento a sostegno dell’operatività del termine di sessanta giorni lo si può trarre dall’esame dell’art. 35 bis , comma 2, del d.lgs. 2008/25- che ha sostituito per le impugnazioni dei provvedimenti in tema di protezione internazionale, a far data dal 18 febbraio 2017, l’identica disposizione normativa dell’abrogato art. 19, d. lgs. n. 150/2011, secondo il cui disposto, in vigore sino all’ 11.3.2023, ‘ Il ricorso e’ proposto, a pena di inammissibilita’, entro trenta giorni dalla notificazione del provvedimento, ovvero entro sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero .
Al riguardo, si evidenzia che il legislatore nel 2023, volendo distinguere -per diversamente modulare i termini per la presentazione del ricorsotra richiedenti presenti sul territorio nazionale e richiedenti non presenti era intervenuto col d.l. 10 marzo 2023, n. 20, articolo 9, comma 1, d.l.), riscrivendo il comma 2 del predetto 35bis d.lgs. 2008/25, con l’abbandono del criterio formale della residenza all’estero (del tutto insensibile alla circostanza della presenza dello straniero sul territorio nazionale) ed adottando invece quello della presenza o meno del richiedente sul territorio nazionale.
Tuttavia, la norma citata dal ricorrente non costituisce un parametro idoneo a sostenere l’interpretazione propugnata, nel senso di affermare
che l’eliminazione del riferimento alla residenza all’estero, nella nuova formulazione del citato art. 35 bis, possa influire sull’interpretazione del suddetto art. 19 ter, perché vengono in rilievo fattispecie diverse per le quali non può formularsi un’identica ratio, poiché non è ravvisabile un’analogia.
In conformità delle conclusioni espresse dal Pubblico Ministero, va osservato che l’interpretazione fornita dalla parte ricorrente, non facendo affatto riferimento al momento della presentazione della domanda, induce a concludere che ogni richiedente possa essere considerato come persona residente all’estero purché esibisca un documento di residenza estera; si tratta di una interpretazione che potrebbe condurre ad una sorta di indebito e generale allargamento dei termini per la presentazione del ricorso a sessanta giorni.
Ne consegue che la presenza dello straniero nel territorio nazionale, al momento della presentazione della domanda, costituisce la linea di discrimine per verificare l’applicabilità del termine di trenta giorni o di sessanta giorni; si considera applicabile il termine di sessanta giorni quando – al momento della proposizione della domanda -colui che la propone ris ieda all’estero; pertanto , nel caso in esame, trattandosi di domanda presentata dalla parte ricorrente quando la stessa già era in Italia, trova applicazione il termine dei trenta giorni (sul punto, v. Cass., n. 3219/2025).
Può dunque essere enunciato il seguente principio di diritto: ‘ L’art. 19 -ter, comma 4, l. 2011, n. 150, nella parte in cui è prescritto che il ricorso è proposto, a pena di inammissibilità, entro trenta giorni dalla notificazione del provvedimento, ovvero entro sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero, deve essere interpretato nel senso che a il termine per impugnare il provvedimento di diniego della protezione speciale ex art. 32, comma 3, del d.lgs. 28 gennaio 2008, n. 25 è di
30 gg. se il richiedente si trova sul territorio italiano al momento della presentazione della domanda ‘.
Il secondo motivo è fondato. Invero, la ricorrente ha agito, incardinando il ricorso, sulla base della erronea, o quanto meno ambigua, indicazione dei termini indicati nel provvedimento del Questore; nel giudizio di merito, l’Avvocatura non ha contestato la regolare partecipazione al giudizio e la parte ricorrente ha presunto di avere agito nel rituale rispetto dei termini di legge.
In particolare, nella fattispecie, come anche rilevato dal Pubblico Ministero, emergono i presupposti per applicare, come richiesto dalla stessa parte ricorrente , l’orientamento di questa Corte (in materia di verbale di accertamento e di altri procedimenti di tipo amministrativo, non ultimo quello in materia di protezione internazionale) secondo il quale, nel caso di mancata indicazione o di erroneità del termine per proporre ricorso, i vizi non determinano la nullità ma la semplice irregolarità del procedimento (cfr. Sez. L, Sentenza n. 24300 del 27/11/2015 laddove si afferma che ‘ In tema di opposizione ad ordinanza ingiunzione irrogativa di sanzione amministrativa per infrazione al codice della strada, il mancato rispetto del termine di trenta giorni di cui all’art. 22 della legge n. 689 del 1981 per proporre ricorso in opposizione non determina la decadenza dalla opposizione e la inammissibilità del ricorso eventualmente proposto, qualora sia errata l’indicazione, nell’atto amministrativo, del termine d’impugnazione entro il quale proporre ricorso, purché il termine più ampio indicato nel verbale di accertamento notificato sia stato rispettato, atteso che il vizio contenuto nell’atto integra non la nullità bensì una mera irregolarità del provvedimento, che impedisce il verificarsi di preclusioni processuali a seguito del mancato rispetto, da parte dell’interessato, del termine di cui alla disposizione citata ‘;
ancora, Sez. 1, Ordinanza n. 18860 del 12/07/2019 la cui massima così afferma ‘ Alla luce dei principi costituzionali di tutela delle garanzie difensive e del giusto processo, e stante la generale previsione di cui all’art. 153, comma 2, c.p.c., non va dichiarato inammissibile, perché tardivo, il ricorso avverso il provvedimento di rigetto della domanda di protezione internazionale per manifesta infondatezza adottato dalla commissione territoriale, la quale abbia omesso di indicare, tra i casi nei quali il termine d’impugnazione ordinario di giorni trenta è dimezzato, anche quello dell’impugnazione del detto rigetto, dovendosi riconoscere la scusabilità dell’errore in cui è incorso il destinatario del provvedimento ‘).
Quanto alla scusabilità dell’errore, va rilevato che nella specie la stessa risulta dalla circostanza dell’essersi l’opponente attenuto alle indicazioni contenute nell’atto circa il termine per impugnare, che hanno certo ingenerato l’affidamento incolpevole, e dunque scusabile, circa il diverso e più lungo termine per proporre il ricorso in questione. Invero, l’erronea indicazione del termine entro il quale poter proporre il ricorso avverso il decreto del Questore, oggetto di causa, contenuta nello stesso provvedimento, di certo incide e distorce l’esercizio del diritto di difesa del cittadino straniero, mentre il legittimo affidamento incolpevole è da considerare anche una diretta conseguenza del principio costituzionale a tenore del quale ‘ I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialita’ dell’amministrazione ‘, dovendosi altrimenti ritenere che un errore formale imputabile all’ufficio amministrativo interessato possa di fatto precludere l’acce sso alla tutela giurisdizionale.
Ne consegue che l’accertato legittimo affidamento nella suddetta erronea informazione contenuta nel decreto del Questore da parte del
ricorrente deve indurre a ritenere il suo ricorso proposto tempestivamente , senza necessità di applicare l’istituto della remissione in termini, come invece ritenuto dal Tribunale.
Va dunque enunciato il seguente principio di diritto, cui il giudice : ‘ nel caso in cui nel decreto del Questore di diniego del rilascio del permesso di soggiorno sia contenuta l’erronea indicazione di poter impugnare in sede giurisdizionale tale provvedimento nel termine di 60 giorni, invece che di 30, il ricorso del cittadino straniero proposto tardivamente nel termine di 60 giorni deve ritenersi tempestivo e rispettoso del termine di legge in virtù del legittimo affidamento incolpevole ingenerato dall’erronea indicazione del termine del ricorso, che non può determinare preclusioni procedurali in danno del ricorrente’.
Per quanto esposto, in accoglimento del secondo motivo, il provvedimento impugnato va cassato, con rinvio della causa al Tribunale di Brescia, anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo e, in accoglimento del secondo, cassa la sentenza impugnata, nei limiti di cui in motivazione, e rinvia la causa al Tribunale di Brescia, in diversa composizione, anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
Dispone che ai sensi dell’art. 52 del d.lgs. n. 196/03, in caso di diffusione della presente ordinanza si omettano le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.
Così deciso nella camera di consiglio della prima sezione civile del 20