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Termine impugnazione errato: Cassazione salva ricorso

La Corte di Cassazione ha stabilito che un ricorso presentato oltre il termine di legge deve considerarsi tempestivo se l’atto amministrativo impugnato indicava un termine impugnazione errato e più lungo. Il caso riguardava una cittadina straniera il cui ricorso contro il diniego del permesso di soggiorno era stato dichiarato inammissibile in primo grado per tardività. La Cassazione ha cassato la decisione, affermando che l’errore dell’amministrazione genera un legittimo affidamento nel cittadino, rendendo l’errore scusabile e il ricorso valido, senza necessità di chiedere la remissione in termini.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Termine Impugnazione Errato: L’Amministrazione Sbaglia, il Cittadino ha Ragione

Quando un atto della Pubblica Amministrazione contiene un termine impugnazione errato, quali sono le conseguenze per il cittadino che si affida a tale indicazione? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale a tutela del diritto di difesa: l’errore dell’ente pubblico non può pregiudicare l’accesso alla giustizia. Il ricorso presentato entro il termine più lungo, sebbene sbagliato, indicato nel provvedimento è da considerarsi valido.

I fatti di causa

Una cittadina straniera, residente in Ucraina ma presente in Italia, si è vista negare il rilascio del permesso di soggiorno da parte della Questura. Il decreto di diniego, tuttavia, conteneva un’indicazione ambigua e fuorviante sui termini per presentare ricorso. Nello specifico, l’atto menzionava la possibilità di un ricorso giurisdizionale “nel termine di giorni 30 e 60 dalla notifica”.

Fidandosi di questa dicitura, la cittadina ha presentato il suo ricorso dopo lo scadere dei 30 giorni, ma ampiamente entro i 60. Il Tribunale di primo grado, però, ha dichiarato il ricorso inammissibile per tardività, sostenendo che il termine corretto fosse di 30 giorni e che la ricorrente non avesse nemmeno richiesto la remissione in termini per giustificare il ritardo.

Contro questa decisione, la cittadina ha proposto ricorso per cassazione, lamentando sia l’errata individuazione del termine applicabile (sostenendo di aver diritto a quello di 60 giorni previsto per i residenti all’estero) sia, soprattutto, l’affidamento incolpevole generato dall’indicazione erronea contenuta nell’atto della Questura.

La distinzione tra termine di 30 e 60 giorni

Il primo motivo di ricorso si basava sull’interpretazione dell’art. 19-ter del d.lgs. 150/2011, che prevede un termine di 30 giorni per l’impugnazione, esteso a 60 “se il ricorrente risiede all’estero”. La ricorrente, pur essendo in Italia al momento della domanda, aveva la sua residenza formale in Ucraina.

La Corte di Cassazione, su questo punto, ha dato torto alla ricorrente. Ha chiarito che il criterio dirimente non è la residenza anagrafica, ma la presenza fisica sul territorio nazionale al momento della presentazione della domanda. Poiché la cittadina era in Italia, il termine di legge applicabile era quello breve di 30 giorni. Questo primo motivo di ricorso è stato quindi rigettato.

Le motivazioni della Cassazione sul termine impugnazione errato

Il cuore della decisione risiede nell’accoglimento del secondo motivo di ricorso. La Corte ha dato pieno valore al principio del legittimo affidamento e della scusabilità dell’errore.

I giudici hanno affermato che l’indicazione erronea e ambigua del doppio termine (30 e 60 giorni) nel provvedimento del Questore ha oggettivamente indotto in errore la ricorrente. Questo errore, commesso dalla stessa amministrazione, non può ricadere sul cittadino, pregiudicando il suo diritto costituzionale alla difesa e all’accesso alla tutela giurisdizionale.

Secondo la Corte, l’affidamento generato da tale informazione è “incolpevole” e, di conseguenza, “scusabile”. Pertanto, il ricorso presentato nel rispetto del termine più lungo (ma errato) indicato nell’atto deve essere considerato tempestivo. Non è neppure necessario, in questi casi, che la parte chieda formalmente la remissione in termini, poiché il suo comportamento è stato la diretta conseguenza di un’informazione fuorviante fornita dall’autorità.

Le conclusioni

La Corte di Cassazione ha enunciato il seguente principio di diritto: “nel caso in cui nel decreto del Questore di diniego del rilascio del permesso di soggiorno sia contenuta l’erronea indicazione di poter impugnare in sede giurisdizionale tale provvedimento nel termine di 60 giorni, invece che di 30, il ricorso del cittadino straniero proposto nel termine di 60 giorni deve ritenersi tempestivo e rispettoso del termine di legge in virtù del legittimo affidamento incolpevole ingenerato dall’erronea indicazione del termine del ricorso, che non può determinare preclusioni procedurali in danno del ricorrente”.

La sentenza del Tribunale è stata quindi cassata con rinvio, affinché il caso venga riesaminato nel merito. Questa decisione rafforza la tutela del cittadino nei confronti degli errori della Pubblica Amministrazione, assicurando che le imprecisioni burocratiche non si trasformino in un ostacolo insormontabile all’esercizio dei propri diritti.

Qual è il termine corretto per impugnare un diniego di permesso di soggiorno?
Il termine è di 30 giorni se il richiedente si trova sul territorio italiano al momento della presentazione della domanda, e di 60 giorni se risiede all’estero in quel momento. La presenza fisica prevale sulla residenza anagrafica.

Cosa succede se l’atto della Pubblica Amministrazione indica un termine per l’impugnazione sbagliato e più lungo di quello previsto dalla legge?
Secondo la Corte di Cassazione, il ricorso presentato entro il termine più lungo indicato erroneamente dall’amministrazione è da considerarsi tempestivo e valido. L’errore dell’ente genera un legittimo affidamento nel cittadino che rende scusabile il ritardo.

Se ci si accorge di aver depositato un ricorso tardi a causa di un’indicazione errata nell’atto, è necessario chiedere la remissione in termini?
No. La Corte ha chiarito che in questi casi non è necessario chiedere la remissione in termini. L’affidamento incolpevole nell’indicazione errata dell’amministrazione fa sì che il ricorso sia considerato tempestivo fin dall’origine, senza che si verifichino preclusioni processuali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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