Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 25635 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 25635 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5325/2023 R.G. proposto da :
COGNOME difeso da se stesso;
-ricorrente-
contro
FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE -intimati- avverso ORDINANZA di TRIBUNALE NOCERA INFERIORE n. 649/2023 depositata il 01/02/2023.
Udita l a relazione svolta nella camera di consiglio del 15/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Lette le osservazioni del P.M, nella persona del Sostituto P.G. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
Si tratta di opposizione proposta dalla società Creditalia avverso il decreto di liquidazione del compenso emesso dal giudice dell’esecuzione del Tribunale di Nocera Inferiore in data 24/10/2016, in favore del professionista delegato Avv. NOME COGNOME
nell’ambito della procedura esecutiva immobiliare. In particolare, il giudice dell’esecuzione, con il provvedimento del 17/10/2016, aveva inizialmente determinato il compenso, successivamente l’atto veniva annullato e sostituito con nuovo decreto del 24/10/2016. La ricorrente contestava i criteri di liquidazione adottati (liquidazione per lotti, per fase di distribuzione, per fase di assegnazione e aumento del 60% per complessità delle attività), chiedendo l ‘annullamento e la rideterminazione del compenso.
Il resistente eccepiva l’inammissibilità del ricorso per tardività, avendo la società ricorrente impugnato il decreto solo il 22/11/2016, oltre il termine di 30 giorni decorrente dalla comunicazione del primo decreto del 17/10/2016, che già esplicitava i criteri adottati; domandava inoltre la cessazione della materia del contendere per intervenuto pagamento e, in subordine, il rigetto nel merito.
Il giudice preliminarmente dichiarava inammissibile il ricorso riguardo ai criteri già esplicitati nel primo decreto (liquidazione per lotti, fase di distribuzione e fase di assegnazione), poiché il secondo decreto del 24/10/2016, emesso a seguito di correzione di errore materiale, era innovativo soltanto riguardo alla maggiorazione del 60% del compenso, mentre i criteri erano già noti dal primo provvedimento. Richiamava in proposito giurisprudenza di questa Corte per ribadire che il termine di impugnazione decorre nuovamente solo per le parti innovate. Dichiarava invece ammissibile e fondata nel merito la doglianza relativa all’applicazione dell’aumento del 60%, rilevando che il giudice dell’esecuzione non avesse adeguatamente motivato l’aumento, il quale, ai sensi dell’art. 2 co. 3 d.m. n. 227/2015, deve essere giustificato dalla straordinarietà dell’attività svolta, e che, nel caso di specie, i due tentativi di vendita e le due assegnazioni non fossero elementi di eccezionale complessità.
Pertanto, il Tribunale accoglieva in parte il ricorso, rideterminando il compenso in favore del professionista delegato in € 18.845,53 a
carico della procedura e in € 7.444,00 a carico della società assegnataria, condannando COGNOME alla restituzione dell’eccedenza eventualmente percepita. Compensava integralmente le spese di lite per la parziale soccombenza reciproca.
Avverso questa decisione è stato proposto ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., affidato a tre motivi, illustrati da memoria. Rimangono intimate le controparti. Il P.M. ha depositato requisitoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Il primo motivo denuncia violazione degli artt. 288 c.p.c., 121 disp. att. c.p.c., 170 d.p.r. 115/2002, 15 d.lgs. 150/2011, 324 c.p.c. e 2909 c.c., affermando che il Tribunale abbia erroneamente considerato tempestiva l’impugnazione del decreto di liquidazione del 17/10/2016 nella parte relativa alla maggiorazione del compenso del 60%. Si sostiene che tale maggiorazione era già chiaramente disposta nel decreto originario, mentre il decreto correttivo del 24/10/2016 si sarebbe limitato soltanto a correggere un errore materiale di calcolo, senza modificare i criteri già adottati, per cui non poteva riaprirsi il termine per impugnare una questione ormai coperta da giudicato.
Il secondo motivo denuncia violazione degli artt. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. per motivazione apparente. Si censura che il Tribunale abbia dichiarato da una parte l’inammissibilità dell’opposizione ai criteri di liquidazione già indicati nel decreto originario del 17/10/2016 e dall’altra l’ammissibilità della contestazione sulla maggiorazione del 60%, affermando erroneamente che questa maggiorazione sarebbe stata introdotta soltanto con il decreto correttivo del 24/10/2016. Si contesta, quindi, che il Tribunale non abbia chiarito in modo coerente e logico le ragioni per le quali ha ritenuto innovativa tale correzione e abbia ammesso la relativa impugnazione, rendendo così apparente e contraddittoria la motivazione adottata.
Il terzo motivo denuncia omesso esame circa un fatto decisivo, costituito dal contenuto del decreto del 17/10/2016 che aveva già indicato la maggiorazione del 60%. Si sostiene che il Tribunale abbia erroneamente affermato che tale maggiorazione fosse stata introdotta solo con il decreto correttivo, trascurando così di considerare il contenuto effettivo del primo provvedimento e decidendo di conseguenza in modo errato nel senso del l’ammissibilità della censura relativa alla maggiorazione.
-I motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente perché ruotano tutti intorno alla stessa questione, che è ben esposta nel primo motivo.
Essi sono fondati.
Il provvedimento impugnato richiama l’orientamento di questa Corte secondo il quale: « Il termine per l’impugnazione di una sentenza di cui è stata chiesta la correzione decorre dalla notificazione della relativa ordinanza, ex art. 288, ultimo comma, c.p.c., se con essa sono svelati ‘ errores in iudicando ‘ o ‘ in procedendo ‘ evidenziati solo dal procedimento correttivo, oppure l’errore corretto sia tale da ingenerare un obbiettivo dubbio sull’effettivo contenuto della decisione, interferendo con la sostanza del giudicato ovvero quando con la correzione sia stata impropriamente riformata la decisione, dando luogo a surrettizia violazione del giudicato; diversamente, l’adozione della misura correttiva non vale a riaprire o prolungare i termini di impugnazione della sentenza che sia stata oggetto di eliminazione di errori di redazione del documento cartaceo, chiaramente percepibili dal contesto della decisione, in quanto risolventisi in una mera discrepanza tra il giudizio e la sua espressione » (così, tra le altre, Cass. n. 8863 del 2018).
Senonché, tale orientamento, cui questo Collegio intende dare continuità, è applicato falsamente nel caso di specie , poiché l’accesso ai fascicoli di causa, consentito dall’error in procedendo constatato,
consente di appurare che in effetti già nel primo decreto del 17/10/2016, l’applicazione della maggiorazione del 60% era già disposta «in virtù dei due tentativi di vendita effettuati e delle due assegnazioni su cui il professionista ha espletato la propria attività». Nello stesso giorno l’Avv. COGNOME presentava l’istanza di correzione, facendo valere errori di calcolo della cifra da corrispondere quale maggiorazione del 60%. L’istanza veniva accolta con il decreto del 24/10/2016 con rideterminazione in aumento di tale cifra.
Pertanto, trattandosi di meri errori di calcolo rispetto all’applicazione di un criterio già disposta nel primo decreto, l’adozione della misura correttiva non è valsa a posticipare i termini di impugnazione del provvedimento, il quale è stato oggetto di eliminazione di « errori di redazione del documento cartaceo, chiaramente percepibili dal contesto della decisione, in quanto risolventisi in una mera discrepanza tra il giudizio e la sua espressione »: così, appunto, Cass. 8863 del 2018, che deve essere applicata in questi termini e non in quelli accreditati erroneamente dal provvedimento in epigrafe.
-La Corte accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile per tardività l’originaria opposizione ; liquida le spese in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile per tardività l’originaria opposizione; conferma la compensazione delle spese del giudizio di opposizione; condanna Creditalia a rimborsare alla parte ricorrente le spese del presente giudizio, che liquida in € 2.000 , oltre a € 200 per esborsi, alle spese generali, pari al 15% sui compensi, e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione civile, il 15/04/2025.
La Presidente
NOME COGNOME