Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 18836 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 18836 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5451/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rapp.te p.t., elettivamente domiciliata in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocat a NOME COGNOME, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, giusta procura speciale in calce al ricorso
–
ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE IN CONCORDATO PREVENTIVO, in persona del legale rapp.te p.t., domiciliata per legge in Roma, INDIRIZZO, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, giusta procura speciale in calce al controricorso
-controricorrente-
nonché contro
COMMISSARIO GIUDIZIALE del CONCORDATO PREVENTIVO di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE
avverso il DECRETO della CORTE D’APPELLO di GENOVA n. 336/2022 depositato il 02/01/2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/04/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
La Corte d’Appello di Genova, con decreto de l 02.01.2023, ha rigettato il reclamo proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso il decreto con cui il Tribunale di Genova aveva omologato il concordato preventivo in continuità aziendale presentato da RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione del decreto, affidandolo a cinque motivi.
RAGIONE_SOCIALE in concordato preventivo ha resistito con controricorso.
Il Commissario Giudiziale del concordato preventivo è rimasto intimato.
Il 10.9.2023 è stata comunicata alle parti proposta di definizione anticipata nei seguenti termini:
‘ Il ricorso è inammissibile per tardività, perché non è stato rispettato il termine per proporlo, che è di trenta giorni e decorre dalla comunicazione di cancelleria. Dall’esame degli atti emerge infatti che il decreto impugnato è stato pubblicato il 2 gennaio 2023 e comunicato dalla cancelleria in pari data, mentre il ricorso in esame è stato notificato dal ricorrente solo il successivo 2 marzo 2023 ‘ .
Il termine è di trenta giorni perché, in tema di concordato preventivo, al provvedimento emesso dalla Corte d’appello ai sensi
dell’art. 183, comma 1, legge fall. si applica la disciplina prevista dall’art. 18, comma 14, legge fall. Difatti, la circostanza che con lo stesso reclamo, proponibile contro il decreto che pronuncia sull’omologazione del concordato preventivo, possa essere impugnata anche la eventuale sentenza dichiarativa di fallimento impone, per una lettura costituzionalmente orientata della norma, di reputare applicabile il medesimo termine previsto dall’art. 18 legge fall … .
RAGIONE_SOCIALE ha depositato rituale istanza di decisione del ricorso, con la quale ha svolto osservazioni dirette a confutare la soluzione giuridica prospettata nella proposta.
In particolare, ha rilevato che l ‘ art. 18 l. fall. detta una disciplina propria – che trova giustificazione nella necessità che la decisione sul fallimento del debitore vada assunta nel minor tempo possibile, a tutela della massa dei creditori – non applicabile per analogia al concordato preventivo, rispetto al quale l’art. 183 della legge si limita a disciplinare il reclamo in appello contro il decreto che dispone l’omologazione o la rigetta, senza fare alcun riferimento a termini e modi dell’impugnazione del conseguente provvedimento : il silenzio del legislatore (che laddove ha inteso introdurre un termine diverso da quello ordinario, come all’art. 99 , lo ha indicato espressamente) consentirebbe, a dire della ricorrente, di propendere per l’applicazione del regime ordinario di impugnabilità per cassazione della pronuncia della corte d’appello, tanto più che la chiusura della procedura di concordato preventivo non condivide i caratteri di speditezza e urgenza propri della definizione dell’istanza di fallimento.
5.1. RAGIONE_SOCIALE ha poi richiamato alcuni precedenti di questa Corte ad essa favorevoli, evidenziando che il mutamento del mezzo di impugnazione ( dall’appello al reclamo ) del decreto reso dal tribunale in sede di omologa non è rilevante al fine di accertare
quale sia il termine applicabile per proporre ricorso per cassazione contro la decisione della corte d’appello (comunque resa in sede camerale).
5.2. Ha infine richiesto, in ragione degli orientamenti giurisprudenziali contrastanti esistenti sul tema, l’assegnazione della questione di diritto alle sezioni unite e, in ogni caso, la rimessione in termini qualora il più recente e restrittivo orientamento sia ritenuto preferibile a fronte del precedente indirizzo cui essa si è richiamata.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso va dichiarato inammissibile perché proposto il 2 marzo 2023, oltre il termine di 30 giorni dalla data, del 2 gennaio 2023, in cui la ricorrente ha ricevuto comunicazione del decreto impugnato.
Il c ollegio non può che confermare l’indirizzo secondo cui il termine per impugnare con ricorso per cassazione il decreto con cui la corte d’appello decide sul reclamo ex art. 183 l. fall. non è quello ordinario previsto dalle norme del codice di procedura civile, bensì quello di trenta giorni dalla comunicazione del provvedimento previsto dall’art. 18 legge fall. , la cui disciplina va applicata.
2.1. E’ stato infatti condivisibilmente affermato che ‘.. L’applicazione del termine di trenta giorni in luogo di quello di sessanta evocato dalla ricorrente risponde alla necessità di garantire la reductio ad unum della disciplina del termine per la presentazione dell’impugnazione, sia nella fase del reclamo, sia, appunto, ai fini del ricorso per cassazione.
Quanto alla fase del reclamo, la stessa impugnazione può difatti investire, oltre che la statuizione che pronuncia sull’omologazione del concordato preventivo, anche l’eventuale sentenza dichiarativa di fallimento, di modo che il dato testuale dell’art. 183, comma 2, l. fall., secondo cui «con lo stesso reclamo è impugnabile la sentenza dichiarativa di fallimento, contestualmente emessa a norma
dell’articolo 180, settimo comma», induce a ritenere che il legislatore abbia tenuto presente, nel formulare il testo normativo, appunto il reclamo contemplato dall’art. 18 l. fall. (in particolare, v. Cass. n. 30201/19) .
La necessaria comunanza di sorte processuale riguarda, peraltro, l’intera sequenza delle impugnazioni e non già solo il reclamo, poiché anche in riferimento al ricorso per cassazione occorre evitare che i termini per proporre la medesima forma di gravame possano mutare a seconda del contenuto del provvedimento impugnato e della eventualità che in origine, contestualmente al diniego di omologazione, sia stata pronunciata, o non, la sentenza di fallimento (Cass. n. 30201/19, cit.; n. 26080/22, che ha escluso l’applicabilità del termine previsto dall’art. 739 c.p.c.; coerenti, Cass. nn. 20892/19 e 24797/19) .
La comunanza di sorte processuale si riverbera anche sull’individuazione del dies a quo di decorrenza del termine, che l’art. 18, comma 14, l.fall. àncora alla notificazione a cura della cancelleria. In particolare, è irrilevante stabilire se quella della cancelleria sia stata una notificazione oppure una comunicazione, dato che nell’attuale contesto normativo non vi è più ragione per operare questa distinzione, ai fini del decorso del termine del quale si discute.
2.2. Si tratta di un indirizzo ormai consolidato, che ha da tempo superato l’orientamento espresso dai precedenti invocati da RAGIONE_SOCIALE e che è stato ribadito anche di recente da questa Corte, da ultimo con l’ordinanza 17995/2024 (conf. Cass. n. 7535/2023, n. 40483/2021, n. 30201/2019, n. 24797/2019, n. 20892/2019); né gli argomenti addotti dalla ricorrente per contrastarlo, che hanno già formato oggetto di esame nelle pronunce appena citate e che sono stati puntualmente respinti, possono indurre a un
ripensamento tale da giustificare la rimessione della questione alle SS.UU.
2.3. Superfluo aggiungere che non ricorrono neppure i presupposti per la rimessione in termini di RAGIONE_SOCIALE (o per l’applicazione dell’istituto, che meglio si attaglia alla fattispecie in esame, della prospective overruling ), proprio perché il ricorso è stato proposto quando l’orientamento di questa Corte in ordine al termine di impugnazione dei provvedimenti resi ai sensi dell’art. 183 cod.proc.civ. era già consolidato.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che si liquidano come in dispositivo.
3.1. Inoltre, poiché la presente decisione è conforme alla proposta formulata ex art. 380 bis cod. proc. civ., devono essere applicati come previsto dal comma terzo di detta disposizione – il terzo e il quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ., con conseguente condanna della ricorrente al pagamento in favore della controricorrente anche di una somma ulteriore, equitativamente determinata in misura pari a quella quantificata a titolo di spese di lite, nonché al pagamento di una somma a favore della cassa delle ammende (cfr. Cass. Sez. U 27-9-2023 n. 27433 e Cass. Sez. U 13-10-2023 n. 28540, secondo cui l’art. 380 -bis co.3 cod. proc. civ., richiamando, per i casi di conformità tra proposta e decisione finale, l’art. 96 co. 3 e 4 cod. proc. civ., codifica, attraverso una valutazione legale tipica compiuta dal legislatore, un’ipotesi di abuso del processo, giacché non attenersi alla delibazione del proponente che trovi conferma nella decisione finale lascia presumere una responsabilità aggravata).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese processuali, che liquida in € 8.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge e, ai sensi dell’art. 96 co.3 cod. proc. civ., dell’ulteriore somma di € 8.000, nonché al pagamento , ai sensi dell’art. 96 co. 4 cod. proc.civ., della somma di € 2.500,00 in favore della cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del dPR n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 22.4.2024