Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 18948 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 18948 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/07/2024
SENTENZA
OGGETTO:
appalto
RG. 9019/2022
P.U. 25-6-2024
sul ricorso n. 9019/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, P_IVA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO. NOME AVV_NOTAIO COGNOME, dall’AVV_NOTAIO. NOME COGNOME, dall’AVV_NOTAIO. NOME COGNOME e dall’AVV_NOTAIO. NOME COGNOME , elettivamente domiciliata in Roma presso l’AVV_NOTAIO COGNOME, nel suo studio in INDIRIZZO
ricorrente
contro
CURATELA DEL FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE, c.f. 05989020820, in persona del curatore autorizzato dal giudice delegato, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, con domicilio digitale EMAIL controricorrente
avverso la sentenza n. 415/2022 della Corte d’Appello di Milano, depositata il 7-2-2022, udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25-62024 dal consigliere NOME COGNOME,
udito il Pubblico Ministero, nella persona del AVV_NOTAIO, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso, udita l’AVV_NOTAIO per la ricorrente .
FATTI DI CAUSA
1.RAGIONE_SOCIALE ha convenuto avanti il Tribunale di Milano RAGIONE_SOCIALE, chiedendo che venisse accertato il suo diritto a ottenere il pagamento del corrispettivo di Euro 1.027.500,00 per l’attività svolta in esecuzione del contratto stipu lato dalle parti il 6-122011. Ha dichiarato di avere adempiuto alle obbligazioni contrattuali su di essa gravanti, curando lo sviluppo di due progetti funzionali all’esecuzione di due impianti fotovoltaici da realizzare nei comuni di Monreale e Piana degli Albanesi -dalla fase di progettazione fino al completamento e al consequenziale allaccio degli stessi alla rete elettrica-, senza ottenere il corrispettivo pattuito; in via subordinata ha proposto domanda di arricchimento senza causa.
Si è costituita RAGIONE_SOCIALE, chiedendo il rigetto della domanda, in quanto non si era avverata la condizione sospensiva prevista al punto 4.1 lett. b,c,f,h del contratto, secondo cui il diritto al compenso era subordinato al rilascio dell’aut orizzazione unica ex d.lgs. 387/2003 entro e non oltre il termine del 31-12-2011.
Con sentenza n. 7358/2019 il Tribunale di Milano ha rigettato tutte le domande, condannando l’attrice alla rifusione delle spese di lite.
2.La Curatela del RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello, che la Corte d’appello di Milano con sentenza n. 415/2022 depositata il 7-2-2022 ha accolto, condannando RAGIONE_SOCIALE al pagamento a favore della curatela fallimentare di Euro 1.027.500,00 oltre interessi e rifusione delle spese di lite di entrambi i gradi.
La sentenza ha considerato che la presenza di un termine nel contratto, indicato nel testo come essenziale ed entro il quale avrebbero dovuto realizzarsi alcune condizioni -in particolare il
definitivo rilascio dell’autorizzazione unica – era stata ritenuta dal giudice di primo grado quale condizione di efficacia del contratto; ha dichiarato che, diversamente, nell’ambito dell’interpretazione del contratto, era necessario verificare se l’indicazione del termine , anziché co ndizionare l’efficacia del contratto al verificarsi di un evento, atteneva al tempo dell’adempimento ed era necessario verificare se il contratto fosse stato o meno adempiuto dalla parte obbligata alla prestazione di facere e dunque se fosse dovuto il corrispettivo. Ha considerato che il contratto era finalizzato a regolare non solo l’attività ancora da svolgere ma anche quella già svolta che, al momento della sottoscrizione, era ormai giunta a uno stadio particolarmente avanzato, perché già da ottobre 2010 RAGIONE_SOCIALE, prima tramite i suoi soci e poi essa stessa, aveva posto in essere l’attività di consulenza e assistenza relativa allo sviluppo del progetto; ha dichiarato che le prestazioni funzionali alla realizzazione degli impianti di Piana degli Albanesi e di Monreale erano state regolamentate nel corso del tempo da tre contratti successivi con contenuto sostanzialmente analogo e che al momento della stipula del contratto del 6-12-2011 RAGIONE_SOCIALE aveva adempiuto a gran parte delle obbligazioni su di essa gravanti; l’ottenimento di poco successivo al termine indicato a febbraio 2012dell’autorizzazione unica era stato reso possibile per effetto dell’attività di sviluppo attuata a partire da autunno 2010 da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE; ha aggiunto che entrambi i progetti erano stati approvati dalla RAGIONE_SOCIALE dei Servizi in data 21-12-2012 prima dello spirare del termine e l’attività svolta aveva consentito il raggiungimento dello scopo del contratto, a distanza di breve tempo dalla data indicata e comunque secondo una tempistica che avrebbe consentito a CIC anche di fruire degli incentivi previsti dal ‘quarto conto energia’, anche se poi CIC non era rientrata nel quarto conto, per fatti indipendenti da RAGIONE_SOCIALE, ma aveva usufruito del quinto conto energia.
Risultava altresì che, dopo lo spirare del termine del 31-12-2011, i rapporti tra la committente RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE erano proseguiti senza soluzione di continuità, perché RAGIONE_SOCIALE nei mesi di gennaio, febbraio e marzo 2012 chiedeva informazioni a NOME e le parti avevano continuato a collaborare.
3.Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.
La curatela del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione per la pubblica udienza del 25-6-2024, nei termini di cui all’art. 378 cod. proc. civ. il Pubblico Ministero ha depositato memoria con le sue conclusioni e la ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo, intitolato ‘ sulla violazione e/o falsa applicazione di norma di legge (art. 360, n.3 c.p.c.) per aver il giudice di merito statuito in violazione dell’art. 1362 c.c. che si traduce anche in un vizio ex art. 360, n. 5 c.p.c.’, la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere escluso che il termine del 31-12-2011 previsto nel contratto fosse essenziale. Sostiene che in questo modo siano stati violati i criteri ermeneutici del contratto, in quanto nel caso in cui sia sufficiente il contenuto letterale delle clausole per interpretare la volontà delle parti non è possibile fare riferimento agli ulteriori criteri di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ., come invece ha fatto la sentenza impugnata. Quindi lamenta, ai sensi dell’art. 360 co.1 n. 5 cod. proc. civ., che la sentenza abbia omesso di considerare il comportamento di NOME successivamente al 31-12-2011 e in particolare non abbia considerato che alla data del 31-12-2011 NOME risultava ancora inattiva, che successivamente -divenuta socia di RAGIONE_SOCIALE– aveva approvato i bilanci della stessa degli anni 2011, 2012 e
2013 e in tale sede non aveva fatto valere alcun credito, mentre aveva emesso nota di accredito di Euro 40.000,00 in parziale adempimento della previsione contrattuale secondo la quale, in caso di mancato ottenimento dell’autorizzazione unica entro il 31 -12-2011, dovevano essere restituiti quegli importi. Infine ulteriormente evidenzia che erroneamente la sentenza ha escluso il carattere essenziale del termine previsto dal contratto, in quanto ha richiamato a sostegno della pronuncia un precedente della Suprema Corte non attinente alla fattispecie e si è discostata da precedente della stessa Corte d’appello di Milano.
1.1.Il motivo è infondato.
In ordine ai lamentati errori nell’ applicazione dei canoni ermeneutici del contratto commessi dalla sentenza impugnata, si deve premettere che, in tema di ermeneutica contrattuale, l’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto del negozio si traduce in una indagine di fatto, affidata al giudice di merito e censurabile in sede di legittimità solo nell’ipotesi di violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.p.c.; ne consegue che il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali d’interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate e dei principi in essa contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice di merito si sia discostato dai richiamati canoni legali (Cass. Sez. 1 15-11-2017 n. 27136 Rv. 646063-01, Cass. Sez. L 9-10-2012 n. 17168 Rv. 624346-01). Inoltre, per sottrarsi al sindacato di legittimità, quella data al contratto dal giudice di merito non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili e plausibili interpretazioni, sicché quando di una clausola contrattuale siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa
dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità che sia stata privilegiata l’altra ( Cass. Sez. 1 15-1-2017 n. 27136 Rv. 646063-02, Cass. Sez. 3 20-11-2009 n. 24539 Rv. 610944-01).
La ricorrente sostiene che la Corte d’appello abbia violato il canone dell’interpretazione letterale , in quanto non ha ritenuto che la qualificazione del termine per l’ottenimento dell’autorizzazione unica come ‘essenziale’ imponesse di ritenere che si trattasse di termine che condizionava l’efficacia del contratto. Al contrario, il termine essenziale ai s ensi dell’art. 1457 cod. civ. è termine per l’adempimento (cfr. Cass. Sez. 6-2 1-6-2020 n. 10353 Rv. 657818-01, per tutte) e quindi sotto questo profilo l ‘interpretazione della Corte d’appello è stata pienamente aderente al dato testuale della clausola, nella quale la ricorrente non indica altri dati testuali che deponessero per la pattuizione di una condizione sospensiva al cui avveramento fosse assoggettato il sorgere in capo a NOME del diritto al compenso per l’attività svolta .
Posto questo dato, gli ulteriori argomenti della ricorrente non sono finalizzati a individuare la violazione di uno qualche altro specifico canone di interpretazione contrattuale, ma sono volti a sostenere l’interpretazione del testo contratt uale a sé favorevole, in termini che rimangono estranei al sindacato di legittimità per le ragioni già esposte. L’interpretazione della Corte d’appello, in ordine alla previsione di termine per l’adempimento e non di condizione sospensiva non solo è conforme al tenore letterale della clausola, ma è anche pienamente plausibile sulla base della motivazione resa, in considerazione del fatto che la Corte ha evidenziato come già al momento della conclusione del contratto RAGIONE_SOCIALE avesse svolto grande parte dell’attività alla quale si era impegnata.
Neppure in ordine al lamentato omesso esame di fatti decisivi per il giudizio gli argomenti della ricorrente sono significativi, perché nessuno dei fatti che essa indica ha i requisiti richiesti dall’art. 360 co.1
n.5 cod. proc. civ., valendo il principio secondo il quale l’art. 360 co.1 n. 5 cod. proc. civ. nella formulazione attuale prevede il vizio di omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, e cioè che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia; pertanto l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, quando il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, anche se la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Sez. 2 29-10-2018 n. 27415 Rv. 651028-01, Cass. Sez. U 7-4-2014 n. 8053 Rv. 629830-01).
Quindi, in primo luogo non ha i requisiti richiesti dall’art. 360 co.1 n.5 cod. proc. civ. il dato che la società risultasse inattiva, perché la sentenza impugnata ha specificamente accertato in fatto non solo che alla data del 6-12-2011 RAGIONE_SOCIALE aveva già adempiuto a gran parte delle obbligazioni su di essa gravanti, ma anche che aveva raggiunto lo scopo del contratto in tempi del tutto congrui, perché l’ottenimento dell’autorizzazione unica in un tempo di poco successivo al termine indicato era stato possibile per effetto dell’atti vità svolta da autunno 2010.
Gli ulteriori dati di fatto dei quali la ricorrente lamenta l’omesso esame sono stati, diversamente, esaminati dalla sentenza impugnata, che ne ha escluso la rilevanza al fine del venire meno del diritto di RAGIONE_SOCIALE al corrispettivo per l’attività svolta , con motivazione immune da vizi logici e giuridici e perciò estranea al sindacato di legittimità. Specificamente a pag. 10 la sentenza ha preso in esame la questione del mancato inserimento del debito a bilancio, escludendo che tale dato si prestasse a una interpretazione inequivoca di riconoscimento del debito, in ragione delle vicende relative alla
cessione delle quote societarie di CIC e dell’importo della cessione ; ha altresì preso in esame la questione dell’emissione della nota di credito , la cui giustificazione era contenuta nella nota di accompagnamento dalla quale risultava che l’intenzione delle parti era quella di mantenere in vita e proseguire il rapporto.
2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce ‘ violazione e/o falsa applicazione di norma di legge (art. 360, 3 c.p.c.) per aver il giudice di merito statuito in violazione dell’art. 1353 c.c. che si traduce anche in un vizio ex art. 360 n. 5 c.p.c.’; sostiene che, sulla base dell’errore di interpretazione del contratto denunciato con il primo motivo, la sentenza impugnata abbia erroneamente ritenuto l’efficacia della clausola 4.1 del contratto e il conseguente diritto al compenso in capo a RAGIONE_SOCIALE alla luce de ll’avverament o di alcune condizioni in esso previste. Evidenzia di avere dichiarato che la condizione sospensiva di cui all’art. 4.1. lett. b) del contratto rilascio dell’autorizzazione unica – non si era avverata entro il termine essenziale del 31-12-2011 ma solo il 23-22012, quella di cui alla lett. d) -costituzione dei diritti di superficie- non si era avverata entro il termine essenziale del 31-12-2011 ma il 29-122014 e il 16-2-2014, quella di cui alla lett.e) -rilascio delle valutazioni di impatto ambientale- non si era avverata entro il 31-12-2011 ma solo il 25-1-2012, quella di cui alla lett. f) -irrevocabilità delle autorizzazioni uniche- non si era verificata entro il 31-12-2011 ma almeno il 23-42012, quella di cui alla lett. h) -iscrizione degli impianti al c.d. RAGIONE_SOCIALE Conto Energia e alla graduatoria GSE- non si era verificata entro il 31122011, in quanto l’iscrizione era avvenuta nel 2013 e quella di cui alla lett. i) relativa all’iscrizione al RAGIONE_SOCIALE Conto Energia non si era mai verificata. La ricorrente lamenta che la sentenza non solo abbia omesso alcun riferimento a questi fatti, ma abbia fatto conseguire al mancato avveramento delle condizioni sospensive di cui alla clausola 4.1 del
contratto l’efficacia del contratto medesimo, in contrasto con la previsione dell’art. 1353 cod. civ.
3.Con il terzo motivo, intitolato ‘ violazione e/o falsa applicazione di norma di legge (art. 360, n. 3 c.p.c.) per aver il giudice di merito statuito in violazione dell’art. 1354 c.c.’ , la ricorrente lamenta che la sentenza abbia derogato alla disciplina di cui all’art. 1354 cod. civ. in quanto, pur dopo avere ammesso che alcune delle condizioni del contratto erano impossibili ab initio, non ha ritenuto la nullità del contratto; aggiunge che, se avesse correttamente valutato i fatti, avrebbe accertato che l a nullità dell’art. 4.1 del contratto era tale da inficiare l’intero contratto ai sensi dell’art. 1419 co.1 cod. proc. civ.
4.Il rigetto del primo motivo di ricorso necessariamente comporta il rigetto del secondo e del terzo motivo. La sentenza impugnata, laddove ha escluso che il contratto contenesse condizioni di efficacia, si è sottratta alle critiche svolte dalla ricorrente con il primo motivo di ricorso; da ciò consegue che esattamente la sentenza non ha applicato né le disposizioni sulla condizione né le disposizioni sulla condizione impossibile.
5.Con quarto motivo, intitolato ‘ violazione e/o falsa applicazione di norma di legge (art. 360, n.3 c.p.c.) per aver il giudice di merito statuito in violazione dell’art . 115 c.p.c. che si traduce anche in un vizio ex art. 360, n. 5 c.p.c.’, la ricorrente lamenta che la sentenza abbia posto a fondamento della decisione, dichiarandole non contestate, circostanze che erano state contestate dalle parti. Dichiara che l’asserita esecuzione di attività da parte di RAGIONE_SOCIALE era stata contestata da CIC, in quanto essa aveva evidenziato che tutti i documenti prodotti dalla controparte per provare l’attività svolta da NOME erano precedent i alla data di sottoscrizione del contratto e su carta intestata di RAGIONE_SOCIALE o RAGIONE_SOCIALE o comunque indirizzati a questa società; che i preventivi RAGIONE_SOCIALE per l’allacciamento alla rete elettrica
erano precedenti alla costituzione di RAGIONE_SOCIALE; che tutta la documentazione successiva al 31-12-2011 era inconferente; che RAGIONE_SOCIALE era inattiva fino al 20-92013, che la lettera relativa all’acconto di Euro 40.000,00 era stata inviata ad altra società, che non aveva conferito il mandato a vendere, la cui esistenza la sentenza aveva erroneamente tratto dal doc. 7 della controparte.
5.1.Il motivo è inammissibile, dovendosi fare applicazione del principio secondo il quale, per dedurre la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione con la disposizione, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli -salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio-, mentre è inammissibile la diversa doglianza che il giudice, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggiore forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre prove, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 cod. proc. civ. (Cass. Sez. U 30 -9-2020 n.20867 Rv. 659037-01).
La sentenza (pag. 7) ha in primo luogo accertato che già dal mese di ottobre 2010 RAGIONE_SOCIALE, dapprima tramite i suoi soci e amministratori personalmente e una volta costituita la società direttamente, aveva svolto l’attività di consulenza e di assistenza e aveva anche attivato la delibera della RAGIONE_SOCIALE dei Servizi per il rilascio dell’autorizzazione unica; di seguito la sentenza ha accertato la successione dei tre contratti aventi a oggetto l’esecuzione delle prestazioni funzionali alla realizzazione degli impianti di Piana degli Albanesi e di Monreale, dichiarando che la successione dei contratti era rivelatrice del fatto che nel corso del rapporto le parti avevano provveduto ad adeguare il contenuto contrattuale alle vicende societarie che avevano interessato le parti, in quanto le persone fisiche
‘consulenti tecnici’ avevano costituito la società RAGIONE_SOCIALE; ha considerato che al momento della stipula dell’ultimo contratto RAGIONE_SOCIALE aveva già adempiuto a gran parte delle obbligazioni su di essa gravanti, ottenendo poi il raggiungimento dello scopo del contratto in tempi del tutto congrui; ha aggiunto (inizio di pag. 8) che l’ottenimento di poco successivo al termine dell’autorizzazione era stato reso possibile ‘e ciò non è contestato’ per effetto dell’attività di sviluppo attuata a partire da autunno 2010 da NOME. Di seguito (pag. 8 punto 5) la sentenza ha dichiarato che risultava dagli atti che, dopo lo spirare del termine del 31-12-2011, i rapporti tra la committente CIC e NOME diretti alla realizzazione del progetto erano proseguiti senza soluzione di continuità, richiamando i docc. 48, 49 e 50, aggiungendo che dal doc. 7 risultava che il 28-12-2011 NOME aveva dato mandato a NOME di vendere gli impianti.
Le stesse deduzioni con le quali la ricorrente sostiene di avere contestato la circostanza non sono idonee a fare emergere nella pronuncia la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., in quanto la ricorrente si limita a fare richiamo alle deduzioni che aveva svolto in ordine al contenuto di una serie di documenti e in ordine al fatto che NOME era inattiva. La ricorrente non allega di avere mai negato che NOME avesse eseguito l’attività , non indica in quali atti lo avesse fatto e in quali termini, come avrebbe dovuto fare in modo specifico, a fronte della sua linea difensiva fondata sul mancato avveramento della condizione relativa al rilascio dell’autorizzazione unica entro il termine , e non sul mancato svolgimento dell’attività. Con questi limiti, le deduzioni della ricorrente non fanno emergere che la sentenza, in violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., abbia posto a fondamento della decisione fatti contestati; le deduzioni si risolvono in una critica inammissibile al l’apprezzamento del giudice di merito, il quale ha valutato, in termini non censurabili in questa sede, le risultanze
istruttorie attestanti lo svolgimento dell’attività e le deduzioni della società RAGIONE_SOCIALE come espressione della tesi che l’autorizzazione unica fosse stata rilasciata in ritardo, ma non anche dell’esistenza della contestazione in ordine a ll’attività svolta da RAGIONE_SOCIALE.
6.Con il quinto motivo la ricorrente deduce ‘ violazione e/o falsa applicazione di norma di legge (art. 360 n.3 c.p.c.) per avere il giudice di merito statuito in violazione degli artt. 2729 c.c. che si traduce anche in un vizio ex art. 360 n. 5 c.p.c.’ . S ostiene che la Corte d’appello abbia erroneamente applicato la prova presuntiva per ritenere l’intenzione delle parti di mantenere in vita il contratto, nonostante vi fosse la prova documentale di segno diverso, nonostante la clausola n. 4.1. fosse chiara nello stabilire le condizioni sospensive, nonostante NOME avesse emesso nota di accredito di Euro 40.000,00; sostiene che la Corte d’appello abbia erroneamente applicato la prova presuntiva anche con riferimento alla questione della cessione delle quote societarie e del relativo corrispettivo. Quindi conclude che gli elementi probatori acquisiti dimostrino che le parti non avevano voluto tenere in vita il contratto nonostante il mancato avveramento delle condizioni sospensive entro il termine essenziale del 31-12-2011.
6.1.Il motivo è inammissibile in quanto, lamentando l’erronea applicazione del ragionamento presuntivo al fine della prova della volontà delle parti di mantenere in vita il contratto nonostante il mancato avveramento delle condizioni entro i termini essenziali, è fondato sull’erroneo presupposto che il contratto prevedesse condizione sospensiva. Al contrario, poiché la diversa interpretazione eseguita dalla sentenza impugnata, in ordine alla previsione di termine per l’adempimento si è consolidata a seguito del rigetto del primo motivo di ricorso, viene meno il presupposto sul quale la ricorrente fonda la sua tesi sulla mancanza di gravità, precisione e concordanza degli indizi; ciò in quanto quegli indizi non sono stati utilizzati, come
sostiene la ricorrente, per acquisire la prova che le parti abbiano voluto attribuire efficacia a un contratto che ne era privo, ma soltanto quale indice del fatto che le parti avevano continuato a dare esecuzione al contratto.
7.In conclusione il ricorso è interamente rigettato e, in applicazione del principio della soccombenza, la ricorrente deve essere condannata alla rifusione a favore della controricorrente delle spese di lite del giudizio di cassazione, in dispositivo liquidate.
In considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente alla rifusione a favore della controricorrente delle spese di lite del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 10.000,00 per compensi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario delle spese, iva e cpa ex lege.
Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione