Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 423 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 423 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/01/2024
O R D I N A N Z A
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME rappresentata e difesa per procura alle liti in calce al ricorso dall’Avvocato NOME COGNOME elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, INDIRIZZO
Ricorrente
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro, rappresentato ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la cui sede in Roma, INDIRIZZO, domicilia.
Controricorrente avverso il decreto n. 167/2022 della Corte di appello di Genova, depositato il 15. 2. 2022.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28. 11. 2023 dal consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa e ragioni della decisione
Con ricorso ex art. 5 ter legge 24 marzo 2001, n. 89, depositato innanzi alla Corte d’Appello di Lecce in data 16. 7. 2020, NOME chiedeva l’indennizzo per equa riparazione per l’irragionevole durata d i un giudizio civile
iniziato in data 26. 5. 2003 e definito in data 20. 11. 2018 con ordinanza di estinzione a seguito di conciliazione giudiziale.
Il giudice designato dichiarava improcedibile il ricorso per tardività, ai sensi dell’art. 4 legge n. 89 del 2001, reputando che il giudizio presupposto si fosse concluso in via definitiva alla data della conciliazione giudiziale.
Proposta opposizione dai ricorrenti, la Corte d’Appello in composizione collegiale, con decreto n. 167 del 2022, la rigettava, affermando che correttamente la decorrenza del termine di sei mesi per la proposizione del ricorso per equo indennizzo era stata individuata alla data della conciliazione giudiziale e della conseguente dichiarazione di estinzione del giudizio, trattandosi di provvedimento definitivo di conclusione del processo.
Per la cassazione di questo decreto, con atto notificato il 18. 8. 2022, ha proposto ricorso NOME affidandosi ad un unico motivo.
Il Ministero della Giustizia ha notificato controricorso.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio.
Con l’unico motivo il ricorso denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 4 legge n. 89 del 2001, assumendo che la decisione impugnata è erronea, atteso che il termine di decadenza indicato dalla disposizione citata decorre dal momento in cui è concluso in modo definitivo il giudizio, cioè dal momento in cui il provvedimento conclusivo non è più soggetto ad impugnazione con i mezzi ordinari, laddove l’ordinanza di estinzione del giudizio emessa dal Tribunale in composizione monocratica era soggetta ad appello, sicché il processo poteva ritenersi concluso solo alla scadenza del termine lungo per impugnare.
Il motivo è infondato.
Risulta dal provvedimento impugnato nonché dalla esposizione dei fatti del ricorso che la dichiarazione di estinzione del giudizio presupposto è avvenuta non per inattività delle parti, ma a seguito di verbale di conciliazione giudiziale.
Tale dato è assorbente al fine di individuare nella dichiarazione di estinzione il momento definitivo in cui il giudizio si è concluso. L’ordinanza di estinzion e a seguito di conciliazione giudiziale delle parti appare infatti adottata in conformità alle richieste della parti e si configura come provvedimento
conseguenziale che definisce il processo pendente per la sopravvenuta carenza di interesse delle parti alla pronuncia di merito.
Si richiama sul punto il precedente arresto di questa Corte che, in un caso analogo, in cui l’estinzione del giudizio presupposto era avvenuta per rinuncia agli atti, ha affermato che il dies a quo del termine semestrale di decadenza per la proposizione della domanda di equa riparazione va individuato nella pronuncia dell’ordinanza medesima, che si limita a recepire ed a rendere processualmente rilevante l’intervenuta carenza d’interesse delle parti alla definizione del giudizio, precisando altresì che l’astratta possibilità che avverso l’ordinanza predetta, se pronunciata dal Tribunale in composizione monocratica, sia proponibile l’appello, non appare idonea a differire il momento iniziale di decorrenza del termine di decadenza, non potendo configurarsi un interesse all’impugnazione avv erso un provvedimento di estinzione conforme alle istanze delle parti ( Cass. n. 14971 del 2012; nello stesso senso, in caso di estinzione del giudizio per rinuncia agli atti ad opera di entrambe le parti: Cass. n. 7011 del 2016 ).
Il ricorso va pertanto respinto.
Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in euro 2.200,00, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 28 novembre 2023.