Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5532 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 5532 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6987/2022 R.G. proposto da
COGNOME NOME E COGNOME NOME, rappresentato e difesi dall’AVV_NOTAIO, con domicilio digitale in atti.
-RICORRENTE –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Ministro p.t.. con domicilio in Roma, INDIRIZZO.
-CONTRORICORRENTE – avverso il decreto RAGIONE_SOCIALE Corte d’appello di Venezia n. 2563/2021, pubblicato il 26.7.2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 8.2.20224 dal Consigliere NOME COGNOME.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO RAGIONE_SOCIALE DECISIONE
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso monitorio per la liquidazione dell’indennizzo ex L.89/2001 in relazione alla durata di un processo avente ad oggetto l’ impugnativa di un testamento olografo.
Il Consigliere delegato ha dichiarato la tardività RAGIONE_SOCIALE domanda e, su opposizione dai ricorrenti, la Corte di appello ha confermato la
Oggetto: equa riparazione
pronuncia, rilevando che la sentenza che aveva definito il processo presupposto era divenuta definitiva in data 11.7.2019 e che la domanda era stata proposta con ricorso depositato in data 12.2.2020, oltre il termine di legge.
Per la cassazione del decreto propongono ricorso COGNOME NOME e COGNOME NOME, affidato tre motivi, illustrati con memoria.
Il RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
2. Il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 132, comma secondo, 4 c.p.c. per vizio di motivazione, sostenendo che la sentenza adottata a chiusura del processo presupposto, notificata in data in data 11.6.2019, era passata in giudicato il 12.7.2019 e che l’ulteriore termine di sei mesi veniva a spirare il 12.2.2020, considerata anche la sospensione feriale, apparendo del tutto illogica la contraria conclusione RAGIONE_SOCIALE Corte d’appello.
Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 1 L.742/1969, 155, comma primo, c.p.c., 2963, comma secondo, c.c., per aver la Corte di merito ritenuto che il termine di sospensione feriale fosse pari a 30 gg. e per aver implicitamente computato il dies a quo nel termine complessivo di sei mesi previsto dall’art. 4 L. 89/2001.
Il terzo motivo denuncia la violazione degli artt. 4 L. 89/2001, 324 c.p.c. e 124 disp. att. c.p.c., per aver la pronuncia ritenuto che la sentenza fosse passata in giudicato alle ore 0,01 dell’11.7.2019, coincidente con lo spirare dell’ultimo istante dell’ ultimo giorno finale utile, mentre tale giudicato si era formato il giorno successivo, con conseguente tempestività RAGIONE_SOCIALE domanda.
Il ricorso è inammissibile ai sensi dell’art. 380 bis n. 1 c.p.c., essendo la pronuncia conforme al costante orientamento di questa Corte, senza che il ricorso offra spunti per un suo superamento.
La sentenza resa a conclusione del giudizio presupposto è stata notificata in data 11.6.2019; quindi il termine, per proporre impugnazione, decorrente dal 12.6.2019, scadeva giovedì
11.7.2019 (giorno feriale) e ciò proprio considerando che, trattandosi di termine a giorni, non si computava il dies a quo.
Quindi, il termine semestrale ex L. 89/2001 è spirato il martedì 11 febbraio 2020 (trattandosi di termine a mesi si calcolava secondo il calendario comune; Cass. 2186/2021; Cass. 34715/2023; Cass. 22518/2023), ed infine, considerata la sospensione feriale di 31 gg. (con computo ex numeratione dierum : Cass. 155029/2020) la domanda, proposta il 12.2.2020, era tardiva (considerato che il mese di gennaio è di 31 gg).
La Corte d’appello ha fatto, quindi, corretta applicazione dei principi assolutamente consolidati in tema di computo dei termini di impugnazione, al fine di stabilire la definitività RAGIONE_SOCIALE sentenza che ha chiuso il processo presupposto (quale dies a quo del termine ex L. 89/2001), sia del periodo di sospensione feriale.
Il ricorso è quindi inammissibile e i ricorrenti vanno condannati al risarcimento del danno per responsabilità processuale aggravata ex art. 96, terzo comma, c.p.c., avendo agito senza aver adoperato la normale diligenza per acquisire la coscienza dell’infondatezza o dell’inammissibilità RAGIONE_SOCIALE propria iniziativa processuale.
Le spese seguono la soccombenza.
Non sussistono i presupposti per l’attestazione prevista dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, in quanto il processo di cui alla L. n. 89 del 2001 non è soggetto al contributo unificato.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, liquidate in € 1300,00 per compenso, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito, nonché di ulteriori € 1000,00 a i sensi del l’art. 96, comma terzo, c.p.c..
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALE Seconda sezione civile RAGIONE_SOCIALE Corte Suprema di Cassazione, del giorno 8.2.2024.
IL PRESIDENTE
NOME COGNOME