Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3152 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 3152 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/02/2024
R.G.N. 17645/18
C.C. 12/1/2024
ORDINANZA
Vendita bene mobile -Termine di tolleranza per la consegna -Risoluzione per inadempimento sul ricorso (iscritto al N.R.NUMERO_DOCUMENTO. 17645/2018) proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (P_IVA: P_IVA), in persona del suo liquidatore e legale rappresentante pro -tempore , rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (P_IVA: P_IVA), in persona del suo legale rappresentante pro -tempore , rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO;
-controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 5067/2017, pubblicata il 7 dicembre 2017, notificata il 17 maggio 2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12 gennaio 2024 dal Consigliere relatore NOME COGNOME;
lette le memorie illustrative depositate nell’interesse delle parti, ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c.
FATTI DI CAUSA
1. -Con atto di citazione notificato il 16 ottobre 2007, la RAGIONE_SOCIALE conveniva, davanti al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (Sezione distaccata di Caserta), la RAGIONE_SOCIALE, al fine di sentire accertare e dichiarare il grave inadempimento contrattuale della concessionaria alienante RAGIONE_SOCIALE e, per l’effetto, pronunciare la risoluzione del contratto di compravendita stipulato tra le parti il 14 maggio 2007, avente ad oggetto l’acquisto del veicolo Land Rover Freelander HSE, per il prezzo complessivo di euro 45.600,00, con la condanna della società convenuta alla restituzione, in favore dell’istante, della somma di euro 6.500,00, quale deposito cauzionale versato, e al pagamento della ulteriore somma di euro 6.500,00, a titolo di penale, oltre al risarcimento dei danni subiti e subendi e alla refusione delle spese di lite.
In particolare, la società attrice esponeva che la consegna del veicolo oggetto del contratto non era mai avvenuta, posto che solo in data 17 luglio 2007 la società convenuta aveva comunicato, a mezzo telegramma, la disponibilità del veicolo,
quando ormai era decorso il termine massimo di tolleranza contrattualmente stabilito per la consegna, pari a 40 giorni dalla stipula del contratto.
Si costituiva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE, la quale preliminarmente eccepiva il difetto di competenza territoriale del Tribunale adito -in favore del Tribunale di Benevento -e, in via principale, deduceva l’infondatezza della domanda avversaria per la mancata pattuizione di alcun termine per la consegna, chiedendo, in via riconvenzionale, che fossero accertati i danni subiti e che ne fosse disposta la RAGIONE_SOCIALE nella misura di euro 4.829,50.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 750/2010, depositata il 3 novembre 2010, rigettava l’eccezione di incompetenza territoriale sollevata dalla convenuta e, nel merito, in accoglimento della domanda attorea, pronunciava la risoluzione del contratto per grave inadempimento della convenuta RAGIONE_SOCIALE, condannando quest’ultima alla restituzione, in favore della RAGIONE_SOCIALE, della somma di euro 6.500,00, oltre interessi legali dal 2 maggio 2007 sino al soddisfo.
2. -Con atto di citazione notificato il 6 maggio 2011, proponeva appello avverso la sentenza di primo grado la RAGIONE_SOCIALE, la quale lamentava: 1) l’errore di fatto e di diritto nell’aver ritenuto infondata l’eccezione preliminare di incompetenza territoriale; 2) l’errore di calcolo nell’interpretazione del contratto di vendita; 3) l’errore di fatto e di diritto nella individuazione della data di conclusione del contratto e conseguentemente nell’individuazione del termine per la consegna del veicolo; 4) l’errore di diritto nell’interpretazione del contratto
per aver ritenuto che le parti avessero stabilito la data per la consegna del bene.
Si costituiva nel giudizio di impugnazione la RAGIONE_SOCIALE, la quale si opponeva all’accoglimento dell’appello, in ragione del grave inadempimento integrato nella consegna del bene, chiedendo la conferma della pronuncia impugnata.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Napoli, con la sentenza di cui in epigrafe, accoglieva l’appello spiegato e, per l’effetto, pronunciava la risoluzione del contratto concluso tra le parti per l’inadempimento della RAGIONE_SOCIALE, rigettando la domanda riconvenzionale di risarcimento danni proposta dall’RAGIONE_SOCIALE e le ulteriori domande proposte dalla RAGIONE_SOCIALE.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che la proposta di acquisto era intervenuta il 14 maggio 2007 e non già il 2 maggio 2007, come ritenuto dal Tribunale, cui doveva essere aggiunto l’ulteriore termine di 10 giorni previsto per l’accettazione della proposta da parte del concessionario, sicché il contratto doveva intendersi perfezionato il 24 maggio 2007, data a partire dalla quale decorreva il termine contrattuale di tolleranza di 40 giorni, per cui la consegna sarebbe dovuta avvenire entro il 3 luglio 2007; b ) che l’art. 3.3 ( recte 3.2) del contratto prevedeva la facoltà di recesso, a favore del cliente, da esercitarsi mediante comunicazione scritta da inviare al concessionario entro il termine di 15 giorni dalla scadenza del termine di tolleranza, con l’obbligo per il concessionario di restituire il deposito cauzionale, ovvero la facoltà di esercitare, ove ne fossero sussistiti i presupposti, i diritti
stabiliti dalla legge per il caso di inadempimento dell’obbligazione di consegna del concessionario; c ) che, sulla scorta dell’assunto del Tribunale -secondo cui da siffatta pattuizione si evinceva che le parti avevano attribuito un particolare rilievo giuridico al ritardo (ulteriore) di 15 giorni, al punto da configurarlo quale legittima causa di scioglimento del vincolo contrattuale -, una volta individuato il termine finale per la consegna nella data del 3 luglio 2007, il ritardo con cui la concessionaria aveva comunicato la disponibilità del mezzo, mediante telegramma del 17 luglio 2007, non poteva, in ogni caso, costituire grave inadempimento, non essendo ancora decorso il termine di 15 giorni di cui alla citata clausola; d ) che, inoltre, con successiva comunicazione del 30 luglio 2007, ricevuta il 31 luglio 2007, la concessionaria, in mancanza di alcun riscontro al precedente telegramma, aveva dichiarato la risoluzione del contratto e aveva incamerato, a titolo di penale, il deposito cauzionale, sicché la concessionaria si era avvalsa legittimamente della clausola risolutiva espressa pattuita dall’art. 4 del contratto, approvata specificamente per iscritto dal cliente, secondo cui il pagamento del prezzo doveva essere effettuato entro il termine essenziale e perentorio di 10 giorni dalla comunicazione con la quale il concessionario informava il cliente della disponibilità del veicolo, con la precisazione che, in caso di mancato pagamento entro il suddetto termine, il concessionario aveva la facoltà di es igere comunque l’esecuzione oppure di intimare la risoluzione di diritto, incamerando, a titolo di penale, il deposito cauzionale; e ) che conseguentemente doveva essere dichiarata la risoluzione del contratto per effetto di tale clausola risolutiva espressa, domanda necessariamente
presupposta nella richiesta di risarcimento dei danni; f ) che l’ammontare dei danni era pari ad euro 4.829,50, in ragione della maggiore difficoltà e della minore remuneratività della successiva vendita del veicolo, fornito di numerosi e costosi optionals .
-Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, la RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE (quale nuova denominazione della società).
Ha resistito, con controricorso, la RAGIONE_SOCIALE
4. -Le parti hanno depositato memorie illustrative in occasione della fissazione delle adunanze camerali.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c., stante l’irriducibile contraddittorietà intrinseca alla pronuncia impugnata, in cui la Corte di merito aveva affermato -prima -che l’art. 3.2 del contratto prevedeva la facoltà di recesso, a favore del cliente, da esercitare entro il termine di 15 giorni dalla scadenza del termine di tolleranza, e -poi -, ‘estrapolando ciecamente e pedissequamente l’interpretazione di tale clausola effettuata dal primo giudice’, affermato che il Tribunale aveva fondato su tale clausola il giudizio sulla non scarsa importanza del ritenuto inadempimento dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, evincendosi da siffatta pattuizione che le parti avevano attribuito un particolare rilievo giuridico al ritardo di 15 giorni, al punto da configurarlo quale legittima causa di scioglimento del vincolo contrattuale.
Ad avviso dell’istante, la clausola risolutiva espressa, prevista dall’art. 3.2 delle condizioni generali di contratto, attribuiva la facoltà di recesso al cliente, da esercitarsi entro 15 giorni dalla scadenza del termine di tolleranza, conclusione questa inconciliabile con l’assunto a mente del quale, attraverso tale clausola, le parti avessero inteso attribuire un particolare rilievo giuridico al ritardo di 15 giorni, al punto da configurarlo quale legittima causa di scioglimento del vincolo contrattuale, poiché -all’esito di tale lettura la Corte del gravame avrebbe sommato ai 40 giorni previsti dal contratto, quale termine di tolleranza per la consegna del veicolo, l’ulteriore termine di 15 giorni, secondo un ragionamento illogico e inaccettabile, posto che il termine concesso al cliente per esercitare il suo diritto potestativo di recesso sarebbe divenuto un ritardo addirittura giuridicamente rilevante, da accordare alla sola concessionaria.
2. -Con il secondo motivo la ricorrente contesta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza per error in procedendo , per avere la Corte territoriale mancato di rilevare l’errore interpretativo in cui era incorso il giudice di primo grado attraverso l’arbitraria e fantasiosa sostituzione della locuzione temporale ‘entro il termine di giorni 15’ con la locuzione ‘quando trascorrono giorni 15’.
Obietta l’istante che tale interpretazione sarebbe stata palesemente errata, contraddittoria e illogica, non solo in sé, ma anche con riguardo al resto della sentenza, ove il primo giudice già aveva affermato la non scarsa importanza della consegna del veicolo oltre i 40 giorni, che già di per sé sola avrebbe legittimato la risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 1455 c.c.
3. -Con il terzo motivo la ricorrente si duole, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., della violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1322, 1341, 1362, 1370, 1456 c.c. nonché degli artt. 112 e 113 c.p.c., per avere la Corte distrettuale posto a fondamento della propria decisione un’interpretazione del secondo capoverso dell’art. 3.2 delle condizioni generali di contratto palesemente errata ed illogica rispetto al dato letterale, alle intenzioni delle parti e al resto del contratto, tanto da snaturare la ratio del patto contrattuale; e segnatamente con riferimento all’affermazione secondo cui il ritardo con cui la concessionaria aveva comunicato la disponibilità del mezzo, con telegramma del 17 luglio 2007, non avrebbe potuto, in ogni caso, costituire grave inadempimento, non essendo ancora decorso il termine di 15 giorni di cui alla citata clausola.
Osserva la ricorrente che, in base all’interpretazione letterale e sistematica, il veicolo avrebbe dovuto essere consegnato entro 40 giorni, a decorrere dalla data di perfezionamento del contratto, avendo le parti volutamente lasciato in bianco la data di consegna nella proposta di acquisto, che dunque sarebbe coincisa con il termine di tolleranza di 40 giorni, sicché, a fronte della perfezionamento del contratto alla data del 24 maggio 2007, l’automobile avrebbe dovuto essere consegnata entro il termine del 3 luglio 2007, mentre l’ulteriore termine di 15 giorni, all’esito della scadenza del termine di tolleranza senza consegna, sarebbe stato semplicemente finalizzato a consentire al cliente di avvalersi di recesso oppure di esercitare la risoluzione e non già a prolungare il termine di tolleranza.
4. -I tre motivi svolti -che possono essere scrutinati congiuntamente, in quanto avvinti di evidenti ragioni di connessione logica e giuridica -sono infondati.
Secondo l’impostazione della pronuncia impugnata, l’art. 3.2 delle condizioni generali di contratto prevedeva la facoltà di recesso a favore del cliente, da esercitarsi mediante comunicazione scritta da inviare al concessionario entro il termine di 15 giorni dalla scadenza del termine di tolleranza, con l’obbligo per il concessionario di restituire il deposito cauzionale, ovvero la facoltà di esercitare, ove ne fossero esistiti i presupposti, i diritti stabiliti dalla legge per il caso di inadempimento dell’obbligazione di consegna del concessionario.
All’esito, riprendendo l’assunto esplicitato dal Tribunale secondo cui le parti avevano attribuito un particolare rilievo giuridico al ritardo (ulteriore) di 15 giorni, al punto da configurarlo quale legittima causa di scioglimento del vincolo contrattuale -, è stata esclusa la risoluzione, non già perché fosse stato rispettato il termine di tolleranza finale per la consegna del veicolo (impropriamente risultante dalla sommatoria del termine di tolleranza di 40 giorni e del termine successivo per l’eserci zio della facoltà di scioglimento di 15 giorni), posto che la pronuncia ha chiarito che il bene mobile avrebbe dovuto essere consegnato entro il 3 luglio 2007 (termine ricavato dal decorso del termine di 40 giorni dalla data di perfezionamento del contratto di vendita del 24 maggio 2007, per effetto dell’accettazione della proposta del 14 maggio 2007 formulata dal cliente -nei 10 giorni successivi), bensì perché il ritardo con cui la concessionaria ha comunicato la disponibilità
del bene -solo con il telegramma del 17 luglio 2007 -non avrebbe potuto costituire, in ogni caso, grave inadempimento, non essendo ancora decorso -al momento della ricezione del telegramma -il termine di 15 giorni affinché l’acquirente potesse avvalersi del diritto potestativo di recesso o potesse esercitare la facoltà di risoluzione (termine di 15 giorni che sarebbe scaduto il 18 luglio 2007).
E ciò sul presupposto implicito che, fino alla data del 17 luglio 2007, nessuna missiva volta ad avvalersi del recesso -ovvero della facoltà di scioglimento -fosse pervenuta alla concessionaria, né alcuna azione giudiziale di risoluzione fosse stata esercitata.
Ed infatti, la sentenza non accenna affatto all’asserita missiva del 10 luglio 2007, ricevuta l’11 luglio 2007, cui si riferisce, invece, la società ricorrente (con cui quest’ultima si sarebbe avvalsa della facoltà di sciogliersi dal negozio di vendita).
Orbene, a tale missiva, idonea a determinare la risoluzione del contratto, in forza di una facoltà rimessa all’acquirente, non può farsi, in alcun modo, riferimento, non solo perché nessun richiamo al suo invio è contenuto nella pronuncia impugnata (che implicitamente ne esclude, per converso, la sua ricezione a cura della concessionaria), ma anche perché il ricorso non riproduce il contenuto specifico di tale asserita missiva, né puntualizza il momento processuale nel quale essa sarebbe stata depositata.
D’altronde, il riferimento a tale missiva, a pag. 17 e 22 del controricorso (di cui, peraltro, si contesta il contenuto, escludendo che, attraverso il suo invio, sia stata fatta valere la facoltà di scioglimento dalla vendita, essendosi, invece, la missiva
limitata a riservarsi la possibilità di risoluzione del contratto all’esito della futura proposizione di apposita azione giudiziale), non vale a sanare detta lacuna e, dunque, non è dirimente.
Né, d’altro canto, la ricorrente ha contemplato tra le censure di legittimità -alcun motivo di doglianza volto a risaltare l’omesso esame di un documento decisivo, oggetto di discussione tra le parti.
Con l’effetto che coerentemente in sintonia con il dato letterale e sistematico dell’interpretazione ricavata dal contratto la Corte territoriale ha stabilito che era previsto un termine di 40 giorni di tolleranza, scaduto il quale senza l’avvenuta consegna, non poteva ritenersi risolto il contratto, in mancanza di alcun elemento da cui si potesse desumere che l’acquirente si fosse avvalso della facoltà contemplata dalla clausola 3.2 nei 15 giorni successivi.
Sicché, una volta che la concessionaria ha comunicato la disponibilità del veicolo ai fini della consegna, con telegramma del 17 luglio 2007, correttamente il cliente non avrebbe più potuto far valere, né il diritto potestativo di recesso, né la facoltà di agire in giudizio per la risoluzione.
Deve, in conseguenza, essere negato che la motivazione della pronuncia impugnata risulti affetta da una contraddizione inconciliabile con l’affermazione successiva, secondo cui la gravità dell’inadempimento avrebbe dovuto essere valutata, non già a fronte della scadenza del termine di tolleranza di 40 giorni, decorrente dalla data di perfezionamento del contratto del 24 maggio 2007 -ossia a fronte della mancata consegna del veicolo entro il 3 luglio 2007 -, bensì in ragione dell’ulteriore
prolungamento del termine di tolleranza per l’ulteriore periodo di 15 giorni, entro cui il cliente avrebbe potuto esercitare il recesso o agire per la risoluzione.
Evidentemente, in linea con il dato testuale e sistematico di tale art. 3.2, si desume, invece, che -a fronte della scadenza del termine di tolleranza di 40 giorni, ai fini di valutare la tempestività dell’adempimento della concessionaria nella consegna del veicolo -restava, all’esito, rimesso alla facoltà del cliente esercitare il recesso o la risoluzione nel termine di 15 giorni decorrenti dalla scadenza del termine tolleranza, con la conseguenza che, per effetto della mancata consegna del veicolo entro il 3 luglio 2007, la comunicazione della disponibilità del veicolo di cui al telegramma del 17 luglio 2007 -comunicazione intervenuta ben oltre la scadenza del termine di tolleranza entro cui la consegna del veicolo sarebbe dovuta avvenire (ma nel termine di 15 giorni per l’esercizio della facoltà di scioglimento) secondo la stessa prospettazione della clausola richiamata dalla Corte territoriale, doveva ritenersi tempestiva, in carenza di alcun precedente esercizio di detta facoltà a cura dell’acquirente.
Come anticipato, non vi è, infatti, alcun elemento testuale riportato nella pronuncia, da cui emerga che tale telegramma del 17 luglio 2007 avesse fatto seguito ad un’ipotetica raccomandata a.r. del 10 luglio 2007 di manifestazione della volontà di sciogliersi dal contratto.
Ne discende che l’interpretazione della clausola, come recepita dalla Corte d’appello, non lede i canoni ermeneutici denunciati, in quanto non implica affatto, in contrasto con il dato letterale e sistematico, la sommatoria impropria del termine di
tolleranza e del termine per l’esercizio del recesso o della risoluzione, ai fini della valutazione della gravità dell’inadempimento della concessionaria nella consegna del veicolo.
Prospettazione, peraltro, già riproposta in sede di gravame dalla appellata, secondo cui il termine di 15 giorni non avrebbe potuto cumularsi con il termine di tolleranza di 40 giorni.
Ora, l’art. 1362 c.c., allorché al primo comma prescrive all’interprete di indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti senza limitarsi al senso letterale delle parole, non svaluta l’elemento letterale del contratto ma, al contrario, intende ribadire che, qualora la lettera della convenzione, per le espressioni usate, riveli con chiarezza ed univocità la volontà dei contraenti e non vi sia divergenza tra la lettera e lo spirito della convenzione, una diversa interpretazione non è ammissibile (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 10967 del 26/04/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 21576 del 22/08/2019; Sez. 3, Sentenza n. 10290 del 27/07/2001; Sez. 3, Sentenza n. 2468 del 20/02/2001).
Ebbene, nella fattispecie, la Corte distrettuale ha aderito ad un’esegesi supportata, sia dalla lettera della clausola, sia dal riferimento all’intenzione delle parti, desumibile dal loro contegno, ossia dalla valutazione degli ulteriori elementi, testuali ed extratestuali, indicati dal legislatore (Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 32786 del 08/11/2022; Sez. 3, Ordinanza n. 34795 del 17/11/2021; Sez. 3, Sentenza n. 9380 del 10/05/2016; Sez. 3, Sentenza n. 25840 del 09/12/2014).
5. -In definitiva, il ricorso deve essere respinto.
Le spese e i compensi di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla refusione, in favore della controricorrente, delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 2.700,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda