Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8340 Anno 2024
ORDINANZA
sul ricorso 9109/2021 proposto da:
NOME COGNOME e NOME COGNOME, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME e domiciliati presso il suo domicilio digitale pec:
-ricorrenti –
contro
COGNOME NOME;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1030/2020 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 29/09/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/12/2023 dal AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Civile Ord. Sez. 3 Num. 8340 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/03/2024
Rilevato che:
NOME COGNOME, premesso di aver concesso in locazione ad uso deposito ad NOME COGNOME e NOME COGNOME un locale di circa 40 mq in Nocera Superiore per la durata di anni sei ed il canone annuo di € 600 pagabile in dodici rate mensili di € 50 , atteso che i conduttori non avevano pagato il canone di n. 30 mensilità, intimò loro sfratto per morosità e li convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Nocera Inferiore per la convalida, il rilascio dell’immobile e per l’adozione di un separato decreto ingiuntivo per il pagamento della somma di € 1.500,00 pari all’ammontare dei canoni scaduti , oltre interessi e spese; in subordine chiese l’adozione di una ordinanza provvisoria di rilascio ex art. 665 cpc e la pronuncia di risoluzione del contratto per inadempimento dei conduttori;
i convenuti, nel costituirsi in giudizio, si opposero alla convalida eccepirono che il contratto era una locazione ad uso abitativo da ricondursi alla disciplina di cui alla Legge n. 431/1998, che l’immobile era stato consegnato completamente arredato, che essi avevano ivi stabilito la propria residenza, pagato in contanti il canone mensile e rimborsato le utenze domestiche, che il locatore aveva loro intimato il pagamento di una somma già versata sicché, di fronte al suo rifiuto di ricevere bonariamente quanto preteso, essi erano stati costretti a formulare o fferta reale del pagamento di € 1500 ,00 a mezzo di Ufficiale Giudiziario e che il locatore aveva poi accettato la somma nonostante si facesse espresso riferimento alla natura abitativa della locazione; chiesero, pertanto, il rigetto della convalida e della domanda di risoluzione del contratto;
il Giudice non convalidò lo sfratto ma emise ordinanza di rilascio ex art. 665 cpc, disponendo il mutamento del rito, fissando udienza di discussione e concedendo alle parti i termini per il deposito delle
memorie integrative; in difetto di attività istruttoria, il Tribunale rigettò l’opposizione, acco lse la domanda e dichiarò la risoluzione del contratto per grave inadempimento dei conduttori;
a seguito di appello di NOME COGNOME e NOME COGNOME, la Corte d’Appello di Salerno , con sentenza pubblicata in data 29/9/2020, ha rigettato il gravame, condannando gli appellanti alle spese del grado; per quanto ancora di interesse ha ritenuto che la suddivisione del procedimento di convalida di sfratto in due fasi, quella speciale e quella eventuale di merito che consegue al rigetto dell’istanza di convalida, non consente al giudice di poter revocare i provvedimenti adottati nella prima fase; ne consegue che l’eventuale erroneità del rigetto dell’istanza di concessione del termine per purgare la mora non potrebbe giammai comportare l’adozione di un provvedimen to contrario da parte del giudice del gravame; in ogni caso sulla declaratoria di inammissibilità dell’istanza di concessione del termine di grazia è sceso il giudicato per mancata impugnazione della relativa pronuncia;
avverso la sentenza NOME COGNOME e NOME COGNOME propongono ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi;
l’intimato non svolge attività difensiva in questa sede;
il ricorso è stato assegnato per la trattazione in Adunanza Camerale ai sensi del l’art . 380bis .1 c.p.c.
AVV_NOTAIOiderato che:
con il primo motivo -violazione e/o falsa applicazione degli artt. 5 e 55 L. n. 392 del 1978 in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c. i ricorrenti lamentano che la sentenza impugnata, nella parte in cui ha ritenuto che i provvedimenti adottati nella fase speciale del procedimento di convalida di sfratto non possano essere revocati, si porrebbe in contrasto con il consolidato orientamento di questa Corte
che ritiene il provvedimento provvisorio non suscettibile di passare in giudicato;
il motivo è infondato in quanto critica un’affermazione della corte territoriale che è corretta, là dove essa si è espressa nel senso della non revocabilità dell’ordinanza di rilascio ai sensi dell’art. 665 c.p.c. e dell’impossibilità di adottare un provvedimento contrario. L’ordinanza è soggetta -quale provvedimento provvisorio -all’incidenza della sentenza che definisce il giudizio, la quale, tanto se di senso contrario quanto se di senso favorevole, ne determinerà l’assorbimento, con la conseguenza che la situazione dedotta in giudizio sarà regolata dalla decisione sul merito . In punto di revocabilità, inoltre, l’ordinanza ex art. 665 c.p.c. soggiace alla disciplina del terzo comma, n. 2 dell’art. 177 c.p.c., stante l’espressa previsione nell’art. 665 c.p.c. della sua inimpugnabilità, che appunto ne comporta l’assorbimento, nell’uno o nell’altro senso indicato, nella decisione che chiude il pr ocesso di opposizione alla convalida in primo grado; l’ordinanza di rilascio è a tutti gli effetti un provvedimento provvisorio, non suscettibile di passare in giudicato ed i cui effetti sono provvisori e destinati ad essere confermati o posti nel nulla dal provvedimento che decide la causa nel merito; la sentenza nel riaffermare questo principio si è conformata al consolidato indirizzo di questa Corte, cui il Collegio intende dare continuità, secondo cui ‘ L’ordinanza ex art. 665 cod. proc. civ. è dichiarata espressamente inimpugnabile e, una volta sopravvenuta, all’esito della fase di merito, la sentenza dichiarativa della risoluzione del contratto pronunciata a seguito dell’intimazione dello sfratto per finita locazione con contestuale citazione per la convalida, essa è destinata ad essere assorbita da detta sentenza, con conseguente preclusione in appello di ogni questione attinente alla sua validità ‘ (Cass., 3, n. 1223 del 23/1/2006, successivamente confermata da
numerose pronunce tra cui Cass., 3, n. 10539 del 14/5/2014, Cass., 6-3, n. 12846 del 6/6/2014; Cass., 6-3 n. 13956 del 3/5/2022);
con il secondo motivo di ricorso -violazione e falsa applicazione degli artt. 324 e 342 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. i ricorrenti impugnano il capo di sentenza secondo cui sarebbe coperta da giudicato la pronuncia nella parte in cui dichiara la inammissibilità della richiesta di concessione del termine di grazia ex artt.5 e 55 legge n. 392 del 1978 perché incompatibile con la contestuale opposizione allo sfratto, riportando il motivo di appello con cui la statuizione di primo grado era stata impugnata sì da non potersi ritenere formato alcun giudicato;
il secondo motivo appare fondato in quanto sulla questione, peraltro pacifica nella giurisprudenza di questa Corte (Cass., 3, n. 4474 del 21/8/1985 secondo cui ‘ La contestazione della morosità, da parte del conduttore cui sia stato intimato sfratto ex art. 658 cod. proc. civ., qualora sia diretta ad opporsi alla convalida ed all’ordinanza di rilascio di cui all’art. 665 cod. proc. civ., esaurisce in tali limiti la sua efficacia e, quindi, non preclude ne’ rende incompatibile il ricorso alla sanatoria di cui all’art. 55 della legge n. 392 del 1978, introdotta a completamento più dettagliato della procedura di convalida dettata dal codice di rito per la possibilità offerta al conduttore di sanare la morosità e la cui utilizzazione comporta implicitamente, ma necessariamente, la manifestazione della prevalente volontà solutoria del conduttore, che va autonomamente valutata e regolamentata in aderenza alla ratio legis di componimento della lite ‘; Cass., 3, n. 7289 del’8/8/1996; Cass., 3, n. 6636 del 24/3/2006; Cass., 3, n. 5540 del 5/4/2012) della inammissibilità della concessione del termine di grazia a fronte della proposizione dell’opposizione non era sceso alcun
giudicato, avendo gli appellanti specificamente impugnato sul punto la sentenza di primo grado;
la fondatezza del motivo non può, però, comportare la cassazione della sentenza in quanto, come emergerà dallo scrutinio del motivo seguente, la motivazione erronea della sentenza integra una ratio aggiuntiva ed inessenziale ai fini del decidere rispetto a quella del motivo che segue;
con il terzo motivo -nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 secondo co. n. 4 in relazione all’art. 360 n. 4 nonché per omesso esame circa un punto decisivo della controversia con riferimento all’art. 360, co. 1 n. 5 c.p.c. -i ricorrenti lamentano che la sentenza abbia ritenuto che, in presenza di incertezze circa la natura abitativa della locazione, non vi fossero i presupposti per la concessione del termine di grazia, provvedimento peraltro di natura discrezionale;
il motivo è infondato, in quanto la C orte d’appello si è limitata a dire che la negazione della concessione del termine ex art. 55 l. n. 392 del 1978, inapplicabile alle locazioni ad uso diverso (Cass., S.U., n. 272 del 28/4/1999; Cass., 3, n. 12743 del 18/10/2001, Cass., 3, n. 12126 del 9/6/2005; Cass., 3 n. 22905 del 10/11/2016; Cass., 3 n. 1428 del 20/1/2017), è stata affermata dal giudice di prime cure in quanto, in forza della cognizione sommaria propria del procedimento per convalida e funzionale alla pronuncia sull’ordinanza ex art. 665 c.p.c. quel giudice aveva allo stato ritenuto non provata la natura abitativa della locazione; poiché la ratio decidendi qui criticata si consolida ed è alternativa a quella fondatamente criticata con il secondo motivo, la fondatezza di quest’ultimo non può giustificare la cassazione, atteso che si forma giudicato su detta assorbente ratio ;
con il quarto motivo -violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1453 e 1456 c.c. con riferimento all’art. 360 n. 3 c.p.c. nonché
violazione dell’art. 346 c.p.c. e degli artt. 112 e 11 5 c.p.c. violazione del principio del contraddittorio, il tutto con riferimento all’art. 360 n. 4 c.p.c. -i ricorrenti censurano il capo di sentenza che ha pronunciato la risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore pur essendosi espresso il giudice di primo grado per la risoluzione basata su una clausola risolutiva espressa; secondo i ricorrenti per mutare petitum e causa petendi sarebbe stato necessario un motivo di appello incidentale dell’appellato che non era, invece, stato proposto;
con il quinto motivo -violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112 e 346 c.p.c. con riferimento all’art. 360 n. 4 c.p.c. – lamentano che la decisione è in aperto contrasto con gli artt. 112 e 346 c.p.c. per avere la corte territoriale ritenuto erroneamente che l’appellato avesse operato il richiamo ai sensi dell’art. 346 c.p.c. alle difese di primo grado, laddove l’appellato nelle sue difese non aveva manifestato in modo chiaro ed inequivoco la volontà di riproporre la domanda di risoluzione contrattuale ordinaria ex art. 1453 c.c.;
i motivi sono infondati; la Corte ha fatto corretta applicazione dell’art. 346 c.p.c; l’assunto che non vi sarebbe stato richiamo all e difese di primo grado è inammissibile, in quanto denuncia un errore di fatto ai sensi dell’art. 395 n. 4 c.p.c., che, dunque, avrebbe dovuto essere impugnato con la revocazione;
alle suesposte ragioni consegue il rigetto del ricorso; non vi è luogo per provvedere sulle spese;
si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, di una somma a titolo di contributo unificato pari a quella per il ricorso, se dovuta.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di AVV_NOTAIOiglio della Terza