Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 8158 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 8158 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23135/2021 R.G. proposto da : COGNOME RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
ISPETTORATO RAGIONE_SOCIALE PERUGIA, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che lo rappresenta e difende
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO PERUGIA n. 58/2021 depositata il 03/03/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE:
Con sentenza del 3.3.21 la corte d’appello di Perugia, in riforma di sentenza del 2020 del tribunale di Spoleto, ha dichiarato inammissibile per tardività ex articolo 6 legge 50 del 2011 l’opposizione a ordinanza ingiunzione per euro 727.453 nei confronti dell’ RAGIONE_SOCIALE e di COGNOME suo legale rappresentante in solido.
La corte ha ritenuto che in particolare che, al ricorso amministrativo al comitato regionale proposto il 1/6/2015 aveva fatto seguito, scaduti 90 giorni, la formazione del silenzio rigetto (al 30 agosto 2015) e che a tale data andava ancorato l’inizio del decorso del termine di decadenza, restando invece irrilevante corte la sopravvenuta decisione oltre il termine, essendo questa inidonea a rimettere in termini l’assicurato.
Ricorrono entrambe le parti per due motivi, illustrati da memoria, cui resiste con controricorso l’ispettorato.
Il Collegio, all’esito della camera di consiglio, si è riservato il termine di giorni sessanta per il deposito del provvedimento.
CONSIDERATO CHE:
Il primo motivo deduce ex art. 360 co. 1 n. 4 c.p.c. violazione dell’articolo 112 nonché 345 e 416 c.p.c., 17 decreto legislativo 124 del 2004, nonché 24 e 111 Costituzione, in relazione al divieto
di nuove eccezioni, per avere solo in appello la parte fatto riferimento al computo dei termini dal ricorso al comitato regionale. Il motivo è infondato in quanto l’eccezione di decadenza già era stata formulata ritualmente ed è comunque questione rilevabile d’ufficio, mentre il problema era solo di computo esatto del termine iniziale della decadenza.
Il secondo motivo deduce ex art. 360 co. 1 numero 3 c.p.c. violazione dell’articolo 17 citato e 111 Cost. per illogicità della motivazione, per non avere considerato un provvedimento espresso sopravvenuto con espressa indicazione della facoltà di proporre opposizione.
Il motivo è infondato, per avere la corte espressamente motivato sul punto ritenendo irrilevante il provvedimento sopravvenuto per le regioni che la stessa ha indicato e sopra riportate.
Va del resto considerata la portata generale dell’istituto del silenzio-rigetto, come evidenziata da Sez. 1, Sentenza n. 29 del 05/01/1996 (Rv. 495246 – 01), secondo cui all’istituto del silenziorigetto disciplinato dall’art. 6 d.P.R. 24 novembre 1971 n. 1199, in quanto tende ad accelerare e semplificare i procedimenti amministrativi, va attribuita operatività generale e, quindi, attitudine ad incidere anche nella materia tributaria. Ne consegue che, decorso il termine di novanta giorni dalla data di presentazione del ricorso gerarchico al Ministro delle Finanze avverso la ordinanza-ingiunzione dell’Intendente di Finanza determinativa dell’I.G.E. evasa e della relativa pena pecuniaria, il silenzio del Ministro implica rigetto del ricorso del contribuente ed inizia a decorrere il termine di prescrizione del credito (ed anche il termine perentorio di sessanta giorni di cui all’art. 52 R.D.L. 9 gennaio 1940, n. 2, convertito in legge 19 giugno 1940 n. 762, per adire l’Autorità Giudiziaria), restando ininfluente, al fine della decorrenza di tale termine, l’eventuale successiva adozione da
parte del Ministro di un formale provvedimento di rigetto del ricorso summenzionato.
Una volta intervenuto il provvedimento amministrativo (sia pure per la formazione del silenzio rigetto), inizia a decorrere il termine di decadenza per l’opposizione all’ingiunzione.
Né la sopravvenienza di un tardivo provvedimento dell’amministrazione può interferire con il decorso del termine già avviato, essendo generale principio in materia di termini previsti a pena di decadenza che le parti non possano interferire col loro comportamento dilatorio sul decorso del termine medesimo, e ciò proprio in ragione della funzione di certezza che ricoprono i termini di decadenza.
Il principio è stato espressamente affermato in più occasioni in materia amministrativa relativa alla previdenza sociale, essendosi ivi sottolineato (tra le tante, Sez. U, Sentenza n. 12718 del 29/05/2009, Rv. 608222 – 01; Sez. L -, Sentenza n. 15969 del 27/06/2017, Rv. 644790 01) che, in tema di decadenza dall’azione giudiziaria per il conseguimento di prestazioni previdenziali, l’art. 47 del d.P.R. n. 639 del 1970 (nel testo modificato dall’art. 4 del d.l. n. 384 del 1992, conv., con modif., dalla l. n. 438 del 1992), dopo avere enunciato due diverse decorrenze della decadenza (dalla data della comunicazione della decisione del ricorso amministrativo o da quella di scadenza del termine stabilito per la pronunzia della detta decisione), individua nella “scadenza dei termini prescritti per l’esaurimento del procedimento amministrativo” -la soglia di trecento giorni (risultante dalla somma del termine presuntivo di centoventi giorni dalla data di presentazione della richiesta di prestazione, di cui all’art. 7 della l. n. 533 del 1973, e di centottanta giorni, previsto dall’art. 46, commi 5 e 6, della l. n. 88 del 1989), oltre la quale la presentazione di un ricorso tardivo – pur restando rilevante ai fini della procedibilità dell’azione giudiziaria -non consente lo
spostamento in avanti del “dies a quo” per l’inizio del computo del termine di decadenza (di tre anni o di un anno); tale disposizione, quale norma di chiusura volta ad evitare una incontrollabile dilatabilità del termine di una decadenza avente natura pubblica, deve trovare applicazione anche se il ricorso amministrativo, o la relativa decisione, siano intervenuti in ritardo rispetto al termine previsto. Ne consegue che, al fine di impedirne qualsiasi sforamento in ragione della natura pubblica della decadenza regolata dall’anzidetto art. 47, il termine decorre, oltre che nel caso di mancanza di un provvedimento esplicito sulla domanda dell’assicurato, anche in quello di omissione delle indicazioni di cui al comma quinto del medesimo art. 47.
Il termine decorre, per altro verso, anche se nel tardivo provvedimento l’amministrazione indichi un termine per far opposizione al provvedimento, essendo anche tale indicazione inidonea ad incidere per le ragioni evidenziate sul decorso del termine decadenziale.
Spese secondo soccombenza.
Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.
p.q.m.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, che si liquidano in euro 10.000 per compensi professionali ed euro 200 per esborsi, oltre a spese generali al 15% ed accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n.115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’11 febbraio