Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 271 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 271 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso 17538-2020 proposto da:
COGNOMENOME COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME
Oggetto
R.G.N. 17538/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 25/10/2023
CC
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 530/2019 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 09/10/2019 R.G.N. 99/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/10/2023 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO CHE:
Con sentenza del 9.10.19 la corte d’appello di Messina, in riforma di sentenza del tribunale di Patti del 2018, ha rigettato la domanda di reiscrizione negli elenchi di lavoratori agricoli per il 2001 per 102 giornate e l’impugnazione della richiesta dell’Inps di restituzione della indennità di disoccupazione agricola percepita per il 2011, con condanna della lavoratrice al pagamento delle spese di lite.
In particolare la corte territoriale ha ritenuto che il termine di decadenza previsto in materia dall’art. 22 del d.l. 7/70, convertito in legge 83/70, decorresse dalla pubblicazione degli elenchi in albo del Comune (di cui pur non indica data) ed ha affermato la natura sostanziale della decadenza in linea con Cassazione n. 10393/00 e 13381/2004.
Avverso tale sentenza ricorre la lavoratrice per tre motivi, illustrati da memoria, cui resiste l’Inps con controricorso.
Il Collegio, all’esito della camera di consiglio, si è riservato il termine di giorni sessanta per il deposito del provvedimento.
CONSIDERATO CHE:
Il primo motivo deduce violazione dell’articolo 22 d.l. 7/70, convertito in legge 83/70, nonché 38 comma 6 d.l. 98/11 convertito in legge 111/11, per avere la corte territoriale trascurato che la pubblicazione degli elenchi avviene oggi con modalità telematiche entro un più lungo termine e che la pubblicazione all’albo pretorio è irrilevante e comunque nel caso non provata.
Il secondo motivo deduce ex art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c. vizio di motivazione della sentenza impugnata, per avere essa trascurato che l’attestazione che la variazione era stata pubblicata sul sito dell’Inps non era datata né sottoscritta.
Il terzo motivo deduce violazione degli articoli 91 e 152 attuazione c.p.c. per mancata considerazione dell’esonero dall’onere delle spese.
Occorre premettere il quadro normativo generale dell’iscrizione negli elenchi dei lavoratori agricoli e la sua evoluzione nel tempo, sulla scorta della ricostruzione già operata da questa Corte (Sez. L – , Sentenza n. 37974 del 28/12/2022, Rv. 666225 – 01).
Va premesso, al riguardo, che il diritto dei lavoratori agricoli a tempo determinato alle prestazioni previdenziali previste dalla legge è subordinato, oltre che allo
svolgimento effettivo dell’attività lavorativa per un dato numero minimo di giornate coperte da contribuzione, all’iscrizione dei lavoratori stessi negli appositi elenchi nominativi previsti dall’art. 12, r.d. n. 1949/1940, la quale -secondo la costante giurisprudenza di questa Corte -espleta una funzione di agevolazione probatoria che, tuttavia, viene meno una volta che l’INPS, a seguito di un controllo ispettivo, disconosca l’esistenza del rapporto di lavoro ai fini previdenziali, gravando in tal caso sul lavoratore l’onere di provare l’esistenza, la durata e la natura onerosa del rapporto dedotto a fondamento del diritto all’iscrizione e/o di ogni altro diritto consequenziale di carattere previdenziale fatto valere in giudizio (così già Cass. n. 7845 del 2003, cui hanno dato continuità, tra le numerose, Cass. nn. 14296 del 2011, 2739 del 2016, 12001 del 2018).
Nel disciplinare il meccanismo della formazione degli elenchi nominativi (originariamente previsto per tutti i braccianti agricoli e poi escluso per gli operai a tempo indeterminato dall’art. 12, d.lgs. n. 375 del 1993), l’art. 12, r.d. n. 1949 del 1940, prevedeva un elenco nominativo principale dei lavoratori dell’agricoltura ed elenchi suppletivi trimestrali, destinati a contenere le variazioni rispetto al primo elenco e, in particolare, la data di decorrenza della iscrizione e della cancellazione dall’elenco principale. Sia l’elenco principale che gli elenc hi suppletivi erano pubblicati sull’albo pretorio del comune
per quindici giorni e il prefetto, mediante affissione con manifesto, notiziava della pubblicazione e del termine utile per presentare ricorso (art. 12, cit., comma 4). Non era prevista alcuna comunicazione individuale all’interessato del provvedimento di mancata iscrizione nell’elenco.
Per effetto dell’art. 7, d.l. n. 7 del 1970 (conv. con legge n. 83 del 1970), il compito di compilare gli elenchi principali e suppletivi fu trasferito alla commissione locale per la manodopera agricola, cui fu assegnato anche il compito di accertare le giornate lavorative effettivamente prestate. In tal modo gli elenchi iniziarono a contenere non più i soli nominativi dei lavoratori iscritti, ma anche il numero delle giornate prestate.
Il successivo art. 17 introdusse per la prima volta la comunicazione al lavoratore interessato di un provvedimento diverso dagli elenchi, ossia il provvedimento di cancellazione dagli elenchi nominativi; il secondo comma della disposizione cit. fece decorrere dalla notificazione del provvedimento il termine di trenta giorni per l’impugnazione, mentre restò ferma, a norma del comma precedente, l’impugnazione dell’elenco nominativo nel termine di trenta giorni dalla sua pubblicazione.
La comunicazione individuale del provvedimento di cancellazione venne meno ad opera dell’art. 6, legge n. 459 del 1972, che soppresse il comma 2 dell’art. 17, d.l. n.7 del 1970, e fu poi reintrodotta dall’art. 8, comma 5, d.lgs. n. 375 del 1993: esso, infatti, previde la notifica al
lavoratore interessato del provvedimento (allora adottato a seguito di accertamento dello SCAU) di cancellazione dall’elenco nominativo, oltre che di non iscrizione totale o parziale, e fissò il termine di trenta giorni da tale comunicazione per l’impugnazione del provvedimento davanti alla commissione provinciale della manodopera (art. 11 d.lgs. n. 375 del 1993).
Negli anzidetti termini il sistema venne mantenuto dagli artt. 9-ter, 9-quinquies e 9-sexies, d.l. n. 510 del 1996 (conv. con legge n. 608 del 1996), con i quali si attribuirono all’INPS le funzioni già proprie dello SCAU e si precisò che la decisione di accoglimento sul ricorso di cui all’art. 11, d.lgs. n. 375 del 1993, dava titolo alle prestazioni previdenziali e assistenziali previste dalla legge. L’unica variazione riguardò la sostituzione degli elenchi suppletivi trimestrali con elenchi integrativi trimestrali, i quali -come quelli annuali -dovevano contenere il nominativo dei lavoratori e le giornate lavorative prestate; per il resto, fu mantenuta la distinzione tra l’elenco nominativo, sia annuale che trimestrale, e i provvedimenti riguardanti il singolo lavoratore, già disciplinati all’art. 8, d.lgs. n. 375 del 1993, e indicati dall’ultimo periodo del quarto comma dell’art. 9 -quinquies, d.l. n. 510 del 1996, come di «riconoscimento o di disconoscimento di giornate lavorative intervenuti dopo la compilazione e pubblicazione dell’elenco nominativo annuale», con la conseguenza che, mentre gli elenchi
nominativi annuali e gli elenchi integrativi trimestrali dovevano essere comunicati mediante affissione all’albo pretorio per quindici giorni, i provvedimenti di disconoscimento intervenuti nelle more, secondo quanto già previsto dall’art. 8, ult. co., d.lgs. n. 375 del 1993, dovevano essere comunicati dall’INPS al lavoratore interessato (cfr. art. 9-quinquies, comma 4, ult. periodo, d.l. n. 510 del 1996, cit.).
Il sistema normativo dianzi descritto è stato tuttavia inciso in modo radicale dall’art. 38, d.l. n. 98 del 2011 (conv. con legge n.111 del 2011). Il comma 6 dell’art. cit. ha anzitutto aggiunto un art. 12-bis al r.d. n. 1949 del 1940, con il quale si è stabilito che «con riferimento alle giornate di occupazione successive al 31 dicembre 2010, dichiarate dai datori di lavoro e comunicate all’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) ai sensi dell’articolo 6, commi 1, 3 e 4, del decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 375, per gli operai agricoli a tempo determinato, per i compartecipanti familiari e per i piccoli coloni, gli elenchi nominativi annuali di cui all’articolo 12 sono notificati ai lavoratori interessati mediante pubblicazione telematica effettuata dall’INPS nel proprio sito internet entro il mese di marzo dell’anno successivo secondo specifiche tecniche stabilite dall’Istituto stesso».
Il successivo comma 7 ha poi stabilito che «a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono soppressi gli elenchi nominativi trimestrali di cui all’articolo
9-quinquies del decreto-legge 1 ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608. In caso di riconoscimento o di disconoscimento di giornate lavorative intervenuti dopo la compilazione e la pubblicazione dell’elenco nominativo annuale, l’INPS provvede alla notifica ai lavoratori interessati mediante la pubblicazione, con le modalità telematiche previste dall’articolo 12 -bis del regio decreto 24 settembre 1940, n. 1949, di appositi elenchi nominativi trimestrali di variazione».
Sebbene il comma 7 non rechi abrogazione espressa né dell’art. 8, comma 5, d.lgs. n. 375 del 1993, né dell’art. 9 -quinquies, comma 4, d.l. n. 510 del 1996, si tratta tuttavia di una conseguenza necessariamente connessa alla modifica che esso ha apportato alla funzione dell’elenco trimestrale: diversamente da quanto era in precedenza, i provvedimenti di disconoscimento intervenuti a seguito di accertamenti dell’INPS non sono più distinti dall’elenco trimestrale che prima, giusta l’art. 9-quinquies, comma 2, d.l. cit., era deputato semplicemente a indicare i nominativi dei lavoratori e le giornate di lavoro prestato, ma entrano a far parte degli elenchi trimestrali di variazione, e la notificazione di tali provvedimenti, che in base agli artt. 8, comma 5, d.lgs. n. 375 del 1993, e 9-quinquies, d.l. n. 510 del 1996, avveniva mediante comunicazione individuale all’interessato, avviene ora con la pubblicazione dell’elenco
trimestrale, secondo le stesse modalità previste per la pubblicazione sul sito INPS degli elenchi nominativi annuali.
Corte Cost. n. 45 del 2021 ha ritenuto che il sistema della notificazione dei disconoscimenti mediante pubblicazione nel sito dell’INPS costituisce forma di pubblicità idonea ad integrare gli estremi della conoscenza erga omnes dell’atto e a far decorrere il termine decadenziale di impugnazione, avendo il legislatore contemperato la necessità di assicurare efficienza e speditezza dell’attività della pubblica amministrazione con la garanzia di un’adeguata conoscibilità del provvedimento impugnabile da parte del lavoratore interessato, assicurando tempi ragionevoli per poter acquisirne la conoscenza tramite la visione del sito istituzionale.
Infine, va evidenziato che esula ratione temporis dall’oggetto della presente controversia la previsione dell’art. 43, comma 7, d. l. n. 76 del 2020 (conv. in legge n. 120 del 2020), con cui il legislatore, modificando il comma 7 dell’art. 38, d.l. n. 98 del 2011, ha ripristinato la notifica al singolo lavoratore del provvedimento di disconoscimento delle giornate lavorative: nel caso di specie, si tratta infatti di disconoscimenti adottati nella vigenza dell’originaria formulazione della disposizione, e dunque notificati mediante pubblicazione telematica dell’elenco trimestrale, sebbene riferiti a iscrizioni negli elenchi nominativi annuali antecedenti l’annualità 2011.
Premesso tale quadro normativo generale di riferimento e venendo ai motivi di ricorso proposti, va detto che il primo motivo non è decisivo, in quanto, anche a non computare il termine di decadenza dalla pubblicazione degli elenchi cartacei, lo stesso andrebbe computato comunque dal 2014, anno in cui vi è stata la pubblicazione telematica degli elenchi (invocata dalla parte medesima come termine di riferimento): il termine decadenziale è comunque decorso anche ove computato da tale ultima pubblicazione (il ricorso introduttivo della lite è solo del 2017).
Invero, il ricorrente richiama documentazione prodotta dall’INPS in causa, dalla quale risulta la pubblicazione telematica degli elenchi per il 2011 (il documento per tale parte risulta sottoscritto e fidefacente).
Il documento dell’INPS, sottoscritto come detto ritualmente, reca dopo la sottoscrizione la dicitura, non sottoscritta, relativa al periodo di pubblicazione degli elenchi 2011, indicata come avvenuta in specifico periodo dell’anno 2014. Tale dicitura, pur non sottoscritta, proviene pacificamente dall’INPS ed il relativo documento ha valore di rappresentazione meccanica ex art. 2712 c.c.(cfr. Sez. 3, Ordinanza n. 17810 del 26/08/2020, Rv. 658689 – 01), la cui conformità ai fatti rappresentati non è stata nel caso espressamente disconosciuta (atteso che la parte ha solo rilevato gli aspetti formali dell’assenza di
sottoscrizione e data della dicitura, mentre non ha contestato espressamente la data di pubblicazione degli elenchi come indicata).
Anche assumendo quale riferimento la pubblicazione elettronica, il termine decadenziale risulta dunque decorso.
Il secondo motivo, che lamenta la mancata valutazione dell’eccezione della parte in ordine all’assenza di valore probatorio del citato documento, è inammissibile, e ciò perché non deduce un fatto non valutato, ma censura (peraltro infondatamente, secondo quanto già detto) il valore probatorio di un documento in atti.
E’ invece fondato il terzo motivo, posto che la giurisprudenza di questa Corte (assestatasi peraltro solo in corso di causa) ha affermato l’applicabilità dell’art. 152 att. c.p.c. in relazione ai giudizi, come quello in questione, promossi per il conseguimento di prestazioni previdenziali o assistenziali in cui il diritto alla prestazione sia l’oggetto diretto della domanda introdotta in giudizio, pur quale conseguenza di un diverso accertamento del rapporto lavorativo del parti richiesto in giudizio (Cass. n. 1971/23, 6572/23, 37973/22).
Va pertanto accolto il terzo motivo, rigettati gli altri. La sentenza impugnata va cassata in parte qua senza rinvio, relativamente alle spese, che sono irripetibili ex art. 152 att. c.p.c.
La sopravvenienza dell’indirizzo da ultimo citato in corso di
causa dà peraltro ragione della compensazione delle spese del giudizio di legittimità.
p.q.m.
accoglie il terzo motivo, rigettati gli altri; cassa la sentenza impugnata nel capo relativo alle spese; spese del giudizio di legittimità compensate.
Così deciso oggi in Roma, nella camera di consiglio del 25