Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 2514 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 2514 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 24939/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, c.f. e P_IVA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata presso di lei nel suo studio in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE, P_IVA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, con indirizzo pec EMAIL controricorrente
avverso la sentenza n. 287/2018 della Corte d’appello di Catanzaro pubblicata il 9-2-2018
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12-12024 dalla AVV_NOTAIO NOME COGNOME
OGGETTO: contratto preliminare – termine di adempimento
R.G. 24939/2018
C.C. 12-1-2024
FATTI DI CAUSA
1.RAGIONE_SOCIALE citò avanti il Tribunale di Cosenza RAGIONE_SOCIALE, esponendo che: con contratto preliminare del 224-1998 RAGIONE_SOCIALE aveva promesso di venderle due fabbricati di sua proprietà per il prezzo complessivo di £.26.400.000.000 iva compresa, di cui £.2.000.000.000 già versati a titolo di caparra penitenziale, £.22.000.000.000 da corrispondere a mezzo mutuo fondiario e la restante somma da versare entro trenta giorni dall’atto pubblico, da stipulare all’erogazione d el mutuo; le richieste di erogazione del mutuo non erano state accolte dagli istituti di credito; l’erogazione del mutuo costituiva condizione sospensiva mista o presupposizione e comunque ricorrevano i presupposti per la risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta. Chiese che fosse dichiarato inefficace o risolto il contratto preliminare e che la società convenuta fosse condannata a restituire la somma di £.2.000.000.000 versata a titolo di caparra penitenziale.
Si costituì RAGIONE_SOCIALE, opponendosi alle domande e chiedendo in via riconvenzionale la condanna della società attrice al risarcimento dei danni da liquidare in misura pari alla caparra versata, conseguentemente compensando il credito dell’attri ce avente a oggetto la caparra con gli importi da riconoscere alla convenuta.
Con sentenza n. 854/2011 depositata in data 28-5-2011 il Tribunale di Cosenza rigettò la domanda dell’attrice e dichiarò assorbit a la domanda riconvenzionale, in quanto proposta in via subordinata all’accoglimento della domanda principale, compensando le spese di lite.
2.RAGIONE_SOCIALE propose appello principale e RAGIONE_SOCIALE ripropose ex art. 346 cod. proc. civ. la domanda riconvenzionale, solo in via subordinata.
Con sentenza n. 287/2018 pubblicata il 9-2-2018 la Corte d’appello di Catanzaro ha rigettato l’appello e ha condannato la società appellante alla rifusione delle spese del grado.
La sentenza ha dichiarato che l’interpretazione dell’art. 2 del contratto e in particolare degli incisi relativi al pagamento del prezzo e alla stipulazione del contratto definitivo indicava che le parti avevano fatto riferimento al mutuo quale modalità di pagamento di parte del prezzo e avevano individuato nell’erogazione del mutuo il momento dell’adempimento dell’obbligazione , da essi contratta con il preliminare, di stipulare il contratto definitivo; poiché i contraenti avevano correlato all’evento dell’erogazione del mutuo non l’efficacia del vincolo ma solo il tempo dell’adempimento di una determinata prestazione, restava esclusa l’invocabilità dei principi iner enti alla condizione e al termine quali elementi accidentali del negozio incidenti sulla sua efficacia e rimaneva applicabile la disciplina sul tempo dell’adempimento di cui all’art. 1183 cod. civ. Ha dichiarato che tale interpretazione era corroborata dal confronto tra il tenore letterale dell’art. 2 e dell’art. 3 del contratto, dai quali risultava che laddove le parti avevano voluto subordinare l’efficacia d el contratto a un determinato evento lo avevano fatto; infatti, lo avevano fatto con riguardo alla previsione dell’eventuale esercizio del diritto di prelazione da parte del locatario di cui all’articolo 3, mentre con l’articolo 2 le parti si erano limitate a fare riferimento al mutuo quale modalità di pagamento del prezzo e avevano inteso correlare unicamente sul piano temporale all’erogazione del mutuo l a stipulazione del contratto definitivo. Ha aggiunto che l’interpretazione era corroborata anche dall’interpretazione del contratto data dal legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE nella missiva 17-7-1998 a RAGIONE_SOCIALE, laddove aveva dichiarato che il preliminare era stato sottoposto alla condizione sospensiva relativa all’e sercizio del diritto di prelazione del locatario.
La sentenza ha altresì escluso che nell’erogazione del mutuo fosse ravvisabile una presupposizione, perché si trattava di evento dipendente non solo dal fatto di un terzo, ma anche dall’attività della parte interessata a ottenere il finanziamento; infine ha rigettato il motivo di appello con il quale era stato censurato il rigetto della domanda di risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta della prestazione.
3.Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso sulla base di sette motivi.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio la ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del 12-1-2024 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo è rubricato ‘ violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c. degli articoli 1362 e 1363 c.c., anche in relazione agli artt. 1353 e 1184 c.c., nella parte in cui la Corte di Appello ha ritenuto che con il riferimento all’erogazione del mu tuo le parti avessero inteso stabilire un termine per l’adempimento anziché una condizione’. La ricorrente lamenta che la sentenza impugnata abbia ritenuto che l’erogazione del mutuo costituisse modalità di pagamento di parte del prezzo, anziché condizione per la stipulazione del contratto definitivo, come essa aveva sempre sostenuto; sostiene che siano stati violati gli artt. 1362 e 1363 cod. civ., in quanto la sentenza ha fatto esclusivo riferimento al raffronto tra l’art. 2 e l’art. 3 del contratto preliminare e all’interpretazione del contratto che aveva dato il legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE nella missiva 17-7-1998. Lamenta che, così operando, la
sentenza abbia omesso di considerare il complesso del contratto, limitandosi al raffronto di due clausole ben distinte e non connesse tra loro, senza tenere conto dello scopo pratico complessivamente perseguito dalle parti con la stipulazione del contratto e ricostruendo la loro pretesa volontà sulla base di una unica comunicazione, inidonea a tal fine perché avente altro fine. Aggiunge che le condizioni erano diverse, perché l ‘una -relativa al mancato esercizio della prelazione da parte del locatario- condizionava sospensivamente lo stesso contratto preliminare e l ‘altra -relativa all’erogazione del mutuo – operava solo allorché il contratto preliminare fosse divenuto efficace e condizionava l’obbligo di addivenire alla stipula del contratto definitivo. Rileva che la lettera del legale rappresentante della società non poteva avere alcuna rilevanza nell’illustrare la volontà delle parti con riferimento alla condizione dell’erogazione del mutuo e , comunque, faceva riferimento anche alle altre condizioni previste nel contratto. Evidenzia infine come la sentenza avrebbe dovuto considerare che deve essere qualificato termine l’evento futuro certo nel suo verificarsi e condizione l’evento incerto, così agevolmente ricostruendo l’erogazione del mutuo alla stregua di condizione, stante l’indubbia incertezza connessa all’erogazione del finanziamento, in quanto evento dipendente anche dalla volontà di un terzo.
2.Il secondo motivo è rubricato ‘ violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 primo comma n. 4 e 5, degli articoli 1362 e 1363 c.c., anche in relazione agli artt. 1353 e 1184 c.c., nella parte in cui la Corte di Appello ha ritenuto che, con il riferimento alla erogazione del mutuo, le parti a vessero inteso stabilire un termine per l’adempimento, anziché una condizione. Omessa motivazione’. La ricorrente lamenta che la sentenza non abbia in alcun modo esplicitato le ragioni per le quali, a fronte dell’evidente incertezza dell’evento relativo all’erogazione del finanziamento, non fosse possibile pervenire alla
conclusione sostenuta da RAGIONE_SOCIALE; lamenta che in nessuna parte della sentenza sia spiegato come potesse conciliarsi l’interpretazione data alla clausola con la natura incerta nell’ an dell’evento dedotto dalle parti. Aggiunge che la sentenza, oltre ad avere erroneamente valorizzato la missiva 17-7-1998, non ha considerato le successive missive 19-2-1999 e 27-11-2001, nelle quali la concessione del mutuo era qualificata come condizione.
3.Il terzo motivo è rubricato ‘ violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., degli articoli 1353 c.c. e 1184 c.c. nella parte in cui la Corte di Appello ha ritenuto che, con riferimento alla erogazione del mutuo, le parti avessero inteso fissare un ter mine per l’adempimento, anziché stabilire una condizione’ ; la ricorrente sostiene l’erroneità della sentenza derivata dall’avere sussunto la clausola inerente all’erogazione del mutuo sotto una disciplina diversa da quella sua propria; rileva che, nonostante l’obiettiva incertezza connessa all’erogazione del mutuo, la sentenza ha inteso qualificare la clausola alla stregua di ‘termine di adempimento’, sulla base dell’assunto errato che le parti avessero correlato all’evento futuro e incerto dell’erogazione del mutuo non l’efficacia del vincolo ma soltanto il tempo dell’adempimento, in aperto contrasto con la distinzione tra condizione e termine data dalla giurisprudenza di legittimità.
4.Con il quarto motivo ‘ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360 comma primo n. 5 c.p.c. per non aver la Corte d’Appello tenuto in considerazione della definitiva impossibilità per la COGNOME di conseguire il finanziamento’ la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata non abbia considerato che il fatto relativo all’erogazione del mutuo non si era mai verificato, mentre non esiste nella fattispecie del termine l’ipotesi del suo mancato avverarsi.
5.Con il quinto motivo -‘ violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 primo comma n. 4 c.p.c., nella parte in cui la Corte di Appello ha ritenuto che il riferimento all’erogazione del mutuo dovesse qualificarsi come termine di adempimento anziché presupposizione. Omessa motivazione’ -la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata abbia escluso anche il ricorrere di una presupposizione. Evidenzia che l’erogazione del mutuo è mancata per fatto esclusivamente riferibile a una terza parte e non ricollegabile a un inadempimento della ricorrente, che si era adoperata per conseguire il finanziamento, non ottenuto a causa delle condizioni economiche della promittente venditrice.
6.Con il sesto motivo ‘nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 primo comma, n. 4 c.p.c., per ultrapetizione, nella parte in cui la Corte di Appello ha ritenuto non sussistenti nella specie i presupposti per l’annullamento del Contratto Preliminare per eccessiva onerosità sopravvenuta ‘ la ricorrente lamenta che la sentenza abbia escluso i presupposti della risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta, senza che la ricorrente avesse formulato la relativa domanda.
7.Con il settimo motivo -‘ Nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 primo comma n. 4 c.p.c. per omessa pronuncia da parte della Corte di Appello sulla domanda di risoluzione del Contratto Preliminare per impossibilità sopravvenuta, in violazione dell’art. 112 c.p.c.’ -la ricorrente lamenta che la sentenza abbia omesso di pronunciare sulla domanda subordinata volta a conseguire la risoluzione del contratto preliminare per impossibilità sopravvenuta, con riguardo all’erogazione del mutuo resasi impossibile dopo la stipulazione del preliminare.
8.Preliminarmente deve essere dichiarata inammissibile l’eccezione di inammissibilità del controricorso sollevata dalla ricorrente nella memoria illustrativa.
Al fine di contestare la qualifica dichiarata di amministratore unico e legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE in capo ad NOME COGNOME che ha rilasciato la procura speciale in calce al controricorso notificato il 10-10-2018, la ricorrente ha prodotto unitamente alla memoria in cui ha sollevato l’eccezione visura camerale storica d i RAGIONE_SOCIALE; però, non ha provveduto alla notifica mediante elenco del deposito del documento ai sensi dell’art. 372 co.2 cod. proc. civ. nella formulazione ratione temporis da applicare alla fattispecie, con la conseguenza che la stessa eccezione risulta inammissibile (cfr. Cass. Sez. L 14-9-2023 n. 26619 Rv. 668892-01, sulla regola secondo cui nel giudizio di legittimità l’elenco dei documenti relativi all’ammissibilità del ricorso deve essere notificato alle altre parti) . Si deve fare applicazione del principio secondo il quale, in tema di rappresentanza processuale della persona giuridica, colui che conferisce la procura alle liti ha l’obbligo di indicare la fonte del proprio potere rappresentativo -obbligo in questo caso assolto- e, ove tale potere derivi da atto soggetto a pubblicità legale -come nella fattispecie-, la controparte che lo contesti è tenuta a provare l’irregolarità dell’atto di conferimento (Cass. Sez. 3 30 -9-2014 n. 20563 Rv. 632726-01).
9.I primi tre motivi devono essere esaminati congiuntamente, in quanto complessivamente finalizzati a censurare l’interpretazione del contratto eseguita dalla sentenza impugnata, e sono infondati.
Sono acquisiti i principi secondo i quali, posto che l’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto di un contratto si traduce in una indagine di fatto affidata al giudice di merito, l’interpretazione del contratto può essere sindacata in sede di legittimità solo in caso di violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale, la quale non può dirsi esistente sul semplice rilievo che il giudice di merito abbia scelto una piuttos to che un’altra tra le
interpretazioni del testo contrattuale, sicchè la parte che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice non può dolersi in sé di tale fatto ; per censurare l’interpretazione eseguita dal giudice di merito, il ricorrente deve non solo fare riferimento alle regole legali di interpretazione asseritamente violate, ma deve anche specificare in quale modo il giudice si sia discostato dai canoni assunti come violati o li abbia applicati con argomentazioni illogiche e insufficienti, non potendo la censura risolversi nella mera contrapposizione tra la sua interpretazione e quella accolta dalla sentenza (Cass. Sez. 1 9-4-2021 n. 9461 Rv. 661265-01, Cass. Sez. 3 10-5-2018 n. 11254 Rv. 64860201, Cass. Sez. 1 15-11-2017 n. 27136 Rv. 646063-02, per tutte).
Nella fattispecie, a fronte delle previsioni del contratto preliminare testualmente trascritte nella sentenza impugnata, le deduzioni della ricorrente non riescono a intercettare alcun errore nell’interpretazione datane dalla Corte d’appello per giungere alla conclusione che le parti avevano voluto fare riferimento al mutuo quale modalità di pagamento di parte del prezzo e avevano individuato nell’erogazione del mut uo il momento dell’adempimento dell’obbligazione da essi contratta con il preliminare di stipulare il contratto definitivo. In definitiva, la ricorrente continua a sostenere la lettura del testo contrattuale già proposta al giudice di merito, ma di tale lettura la sentenza impugnata ha escluso la correttezza con argomenti privi di vizi giuridici e logici e che perciò resistono a tutte le critiche della ricorrente, sia a quelle svolte lamentando la violazione di legge, sia a quelle riferite all’omessa motivaz ione e all’omessa disamina di fatti .
Specificamente, la ricorrente continua a fare riferimento al ‘chiaro tenore della clausola di cui all’art. 2 del contratto preliminare’ e allo ‘scopo ultimo del negozio’, così supponendo che l’interpretazione datane dalla Corte d’appello non corrisponda al senso letterale delle parole. Però, a fronte del dato che la Corte ha in primo luogo
evidenziato come la lettera del testo non consentisse di eseguire l’interpretazione auspicata dalla società odierna ricorrente, la ricorrente non riesce a individuare nessun elemento del testo letterale trascurato o erroneamente letto dalla Corte d’appello e che, se fosse stato considerato, avrebbe indicato che l’erogazione del mutuo condizionasse la conclusione del contratto definitivo e non si limitasse a individuare un mero mezzo del pagamento del prezzo e il tempo per la stipulazione del contratto definitivo; la ricorrente non riesce neppure a individuare -né nel contenuto del testo contrattuale né in altri elementi acquisiti in causa, quello ‘scopo ultimo’ che non sarebbe stato considerato dalla sentenza impugnata e che, secondo la sua tesi, avrebbe caratterizzato una complessa operazione commerciale nella quale la vendita era collegata al mutuo e sarebbe stata incompatibile con l’interpretazione letterale delle clausole data dalla sentenza impugnata. In questo modo, in sostanza, le argomentazioni svolte dalla ricorrente danno per acquisito ciò che invece avrebbe dovuto risultare dal contratto, con riferimento al fatto che le parti avessero concordato che il contratto definitivo sarebbe stato concluso soltanto se l’acquirente avesse ottenuto il finanziamento ; quindi la ricorrente continua a proporre la lettura del testo contrattuale conforme alla sua tesi, ma non individua una qualche violazione dei canoni di interpretazione compiuta dalla sentenza impugnata, né si confronta in modo ammissibile con la statuizione della sentenza impugnata secondo la quale il testo letterale delle clausole indicava che il mutuo era esclusivamente modalità di pagamento di parte del prezzo e l’erogazione del mutuo individuava il momento di adempimento dell’obbligazione.
Del resto, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la sentenza impugnata non ha valorizzato la diversa dizione utilizzata dalle parti per pattuire la condizione con riferimento al mancato
esercizio della locazione da parte del locatario e non ha valorizzato il contenuto della successiva lettera del 17-7-1998 per giungere alla conclusione che le clausole contrattuali prevedessero termini per l’adempiment o, ma ha tratto da quei dati elementi che confermavano (corroboravano, come scritto a pag. 9 della sentenza) l’interpretazione letterale del testo contrattuale già eseguita. Quindi, non essendo la ricorrente in grado di fornire elementi idonei a contrastare l’interpretazione letterale della cl ausola eseguita dalla sentenza impugnata, le sue ulteriori argomentazioni risultano in primo luogo inammissibili, a fronte del principio secondo il quale quando la lettera della convenzione per le espressioni usate rilevi con chiarezza e univocità la volontà dei contraenti e non vi sia divergenza tra la lettera e lo spirito della convenzione, una diversa interpretazione non è ammissibile (Cass. Sez. 1 26-4-2023 n. 10967 Rv. 667678-01, Cass. Sez. 2 22-8-2019 n. 21576 Rv. 654900-01, Cass. Sez. 3 27-7-2001 n. 10290 Rv. 548566-01). Si esclude altresì che da tali argomentazioni della ricorrente emerga qualche elemento utile a contrastare l’interpretazione letterale della clausola eseguita dalla sentenza impugnata: evidentemente i fatti successivi, quali la lettera intercorsa tra le parti dopo la conclusione del contratto o le ulteriori lettere delle quali la sentenza non avrebbe tenuto conto secondo la ricorrente, non sono in sé utilizzabili ai fini dell’interpretazione letterale; invece il dato evidenziato dalla sentenza impugnata, riferito al fatto che allorché nel testo contrattuale le parti avevano voluto subordinare l’ efficacia del contratto a un evento futuro e incerto lo avevano fatto, risulta pienamente conforme all’interpretazione letterale delle clausole eseguita dalla sentenza impugnata.
Posto perciò che l’interpretazione del testo contrattuale svolta dal giudice di merito resiste alle critiche della ricorrente, risultano irrilevanti le sue deduzioni riferite al fatto che l’erogazione del mutuo
era, in quanto tale, un evento futuro e incerto e per questo solo dato da qualificare come condizione contrattuale, così come sono irrilevanti le deduzioni sulla differenza tra condizione e termine e infondate le doglianze riferite al fatto che la sentenza impugnata non avrebbe spiegato come si conciliasse l’interpretazione data alla clausola con la natura incerta nell’ an dell’erogazione del finanziamento . La sentenza impugnata ha fatto applicazione dell’indirizzo di cui sono espressione dopo i precedenti richiamati nella sentenza stessa di Cass. 4853/2000 e 4339/1985- Cass. Sez. 2 9-8-2011 n. 17125 (Rv. 618901-01), specificamente riferita alla futura erogazione di un finanziamento, e Cass. Sez. 6-2 29-11-2018 n. 30955 (Rv. 651572-01): i contraenti, contemplando un evento futuro, non hanno a esso correlato l’efficacia del vincolo negoziale ma solo il tempo dell’adempimento della prestazione, per cui resta esclusa l’invocabilità dei principi sulla condizione e sul termine quali elementi incidenti sull ‘ efficacia del contratto, ma è applicabile la disciplina sul tempo dell’adempimento di cui agli artt. 1183 e ss. cod. civ., con la conseguenza che il termine per l’adempimento deve ritenersi maturato sia con il verificarsi dell’evento sia con la definitiva impossibilità del suo verificarsi (che con riferimento all’erogazione del finanziamento è da individuare nel diniego di detto finanziamento). Non sono apprezzabili neppure le deduzioni della ricorrente secondo le quali a un evento futuro e incerto non può in sé attribuirsi la qualifica di termine per l’adempimento: tali deduzioni presuppongono il dato dell’incertezza sull’erogazione del mutuo che, in quanto non accertato in fatto dalla sentenza impugnata, avrebbe dovuto essere veicolato in causa attraverso la proposizione di specifico motivo di ricorso ex art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ., volta a lamentare l’omesso esame del fatto decisivo oggetto di discussione relativo allo stato di incert ezza sull’ erogazione del finanziamento al momento della conclusione del contratto preliminare. Infatti, non è logicamente
corretto neppure il rilievo della ricorrente, secondo il quale l’erogazione del finanziamento fosse fatto oggettivamente incerto e tale avrebbe dovuto essere ritenuto dalla Corte d’appello : una condotta volontaria, quale l’erogazione di un a somma di denaro a titolo di mutuo, proprio in quanto tale può essere posta in essere e quindi avrebbe dovuto la parte interessata non solo dedurre ma anche provare i fatti che in concreto la rendessero incerta.
10. Dalle ragioni esposte consegue l’infondatezza anche del quarto motivo, con il quale la ricorrente censura la sentenza ex art. 360 co. 5 cod. proc. civ. per avere omesso l’ esame del dato della definitiva impossibilità per la società RAGIONE_SOCIALE di conseguire il finanziamento.
La società ricorrente incorre in un errore di prospettiva, laddove dichiara che, se la Corte d’appello avesse considerato la circostanza della definitiva impossibilità di conseguire il finanziamento, avrebbe certamente qualificato la clausola contrattuale come appositiva di condizione. Infatti, in questo modo la ricorrente in sostanza sostiene che il contratto avrebbe dovuto essere interpretato in base ai fatti avvenuti successivamente, senza che nessun elemento nel testo del contratto medesimo consentisse di fare ricorso a criteri ulteriori rispetto a quello letterale, idoneo e sufficiente a individuare il contenuto del l’accordo .
11. E’ infondato anche il quinto motivo di ricorso con il quale la società ricorrente lamenta che la sentenza impugnata abbia escluso che l’erogazione del mutuo costituisse presupposizione.
In primo luogo, poiché la sentenza impugnata ha ritenuto, con statuizioni che resistono alle critiche della ricorrente, che l’erogazione del mutuo individuasse esclusivamente una modalità di pagamento di parte del prezzo e il momento di stipulazione del contratto definitivo, no n rimane spazio per ritenere che lo stesso fatto dell’erogazione del
mutuo costituisse presupposizione alla quale le parti avevano fatto riferimento al momento della conclusione del contratto.
Inoltre, è configurabile la presupposizione quando una determinata situazione di fatto o di diritto -comune a entrambi i contraenti e avente carattere obiettivo- elevata dai contraenti a presupposto condizionante del contratto sia indipendente dalla volontà e dall’attività delle parti ( cfr. Cass. Sez. U 20-4-2018 n. 9909 Rv. 648129-01 , per tutte); nella fattispecie l’erogazione del mutuo comunque dipendeva anche dalle parti, pure nella prospettazione della ricorrente secondo cui il mutuo non era stato erogato a causa delle precarie condizioni economiche della società venditrice, e perciò dipendeva da fatto della venditrice.
12.Il sesto e settimo motivo, da esaminare congiuntamente stante la stretta connessione, sono infondati, in quanto non sussistono i vizi lamentati di ultrapetizione e di omessa pronuncia.
La sentenza (da pag. 11) ha esaminato il motivo di appello con il quale la società odierna ricorrente aveva lamentato che la sentenza di primo grado aveva rigettato la domanda di risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta, specificamente trascrivendo la motivazione della sentenza di primo grado sul punto ed esponendo gli argomenti dell’appellante. Di seguito, per rigettare quegli argomenti, la sentenza ha richiamato i principi elaborati dalla giurisprudenza sulla risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta, a fronte del dato che l’appellante aveva sostenuto che, stante l’elevato importo del prezzo da pagare, la mancata erogazione del mutuo comportava impossibilità della prestazione. In questo modo la sentenza ha interpretato il motivo di appello come svolto a sostenere l’eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione, lo ha esaminato e rigettato, senza incorrere nel vizio di omessa pronuncia, che sussiste solo nel caso in cui sia stata completamente omessa una decisione su di un
punto che si palesi indispensabile per la soluzione del caso concreto (Cass. Sez. 3 19-1-2021 n. 2151 Rv. 660437-01).
Si deve escludere anche l’extrapetizione lamentata, perché al fine di sostenerla la ricorrente avrebbe dovuto dedurre in modo ammissibile che la Corte d’appello avesse erroneamente interpretato il suo motivo di appello. La ricorrente non avrebbe neppure potuto svolgere questa deduzione , in quanto l’impossibilità sopravvenuta ex art. 1256 cod. civ. è da intendere in senso assoluto e obiettivo, quale causa che impedisce definitivamente l’adempimento e non può mai verificarsi quando la prestazione abbia a oggetto una somma di denaro (Cass. Sez. 1 22-62022 n. 20152 Rv. 665072-02); quindi, la Corte territoriale si è limitata a prendere in esame le deduzioni dell’appellante in ordine all’impossibilità di pagare il prezzo sulla base d i interpretazione del contenuto della domanda non solo non censurata in modo ammissibile dal ricorrente, ma anche giuridicamente corretta.
13.In conclusione il ricorso è interamente rigettato e, in applicazione del principio della soccombenza, la ricorrente deve essere condannata alla rifusione a favore della controricorrente delle spese di lite del giudizio di legittimità, in dispositivo liquidate.
In considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 co . 1quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente alla rifusione a favore della controricorrente delle spese di lite del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 12.000,00 per compensi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario delle spese, iva e cpa ex lege.
Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione