Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20488 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 20488 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23881/2022 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende per procura in calce al ricorso,
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE (P_IVAP_IVA che lo rappresenta e difende ex lege,
-controricorrente-
nonché contro
COGNOME NOME e COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende per procura in calce al controricorso,
-controricorrenti-
nonché contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, VITAGLIANO GAETANO, PUBBLICO RAGIONE_SOCIALE PRESSO IL TRIBUNALE DI ROMA, -intimati- avverso l’ ORDINANZA del TRIBUNALE di ROMA n. 17992/2021 depositata il 27.5.2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27.6.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con decreto del 21.12.2020 il Tribunale di Roma, sezione specializzata per le misure di prevenzione, liquidava in favore dei periti NOME COGNOME e NOME COGNOME, per l’incarico di valutazione di aziende, enti patrimoniali, situazioni aziendali e patrimoni e di accertamento dell’eventuale interposizione fittizia di terzi nell’intestazione dei beni, da loro svolto nel procedimento per l’applicazione di misure di prevenzione n. 62/2017 NRG del Tribunale di Roma, sezione misure di prevenzione, a carico di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, sulla base RAGIONE_SOCIALE richiesta di liquidazione degli ausiliari del 16.11.2020, l’importo di € 427.308,00 ciascuno per il compenso ai sensi degli articoli 3 e 2 del D.M. 30.6.2002, oltre IVA, contributi e rimborso
spese documentate, ponendone in via provvisoria il pagamento a carico dell’Erario.
Avverso tale decreto proponeva opposizione al Tribunale civile di Roma ex artt. 170 del D.P.R. n. 115/2002, 15 del D. Lgs. n.150/2011 e 702 bis c.p.c. COGNOME NOME, lamentando, per quanto ancora rileva, che i professionisti non fossero stati ritenuti decaduti dal diritto a richiedere la liquidazione del compenso ai sensi dell’art. 71 del D.P.R. n. 115/2002, per essere decorsi oltre 100 giorni alla data RAGIONE_SOCIALE loro richiesta di compenso del 16.11.2020 rispetto alle date di deposito delle relazioni (28.4.2020 per COGNOME NOME, 5.5.2020 per COGNOME NOME e 29.5.2020 per COGNOME NOME) e chiedendo quindi la revoca del decreto di liquidazione del compenso.
All’opposizione aderiva anche il coobbligato COGNOME NOME, mentre restavano contumaci gli eredi del coobbligato COGNOME NOME. La Procura RAGIONE_SOCIALE Repubblica presso il Tribunale di Roma, malgrado la notifica del ricorso ricevuta, non precisava le sue conclusioni.
Il RAGIONE_SOCIALE chiedeva il rigetto dell’opposizione.
NOME COGNOME e COGNOME NOME contrastavano in rito e nel merito l’opposizione, chiedendone la reiezione. Sostenevano che l’eccezione di decadenza era infondata perché, pur non avendo depositato ulteriori relazioni scritte dopo quelle indicate dalla controparte, essi in data successiva e fino all’inizio di novembre del 2020 erano stati più volte chiamati ad integrarle ed a rendere chiarimenti verbali dal Presidente del Collegio competente per l’applicazione delle misure di prevenzione, per cui le loro operazioni peritali non si erano concluse col deposito delle relazioni scritte.
Il Tribunale di Roma, con l’ordinanza del 27.5.2022, rigettava l’eccezione di tardiva iscrizione a ruolo dell’opposizione e l’eccezione di difetto di interesse ad agire degli opponenti, e respinta l’eccezione di decadenza ex art. 71 del D.P.R. n. 115/2002,
rigettava l’opposizione, confermando l’importo già liquidato nella misura tabellare minima ai due periti, meglio illustrando i passaggi per la sua determinazione ai sensi degli articoli 3 e 2 del D.M. 30.6.2002 con l’individuazione dello scaglione, dell’importo base complessivo, dell’aumento del 40% per incarico collegiale ex art. 53 del D.P.R. n. 115/2002 e RAGIONE_SOCIALE successiva riduzione di 1/3 ex art. 52 comma 2° del D.P.R. n. 115/2002 per il mancato rispetto del termine di deposito benché prorogato. Condannava, infine, COGNOME NOME e COGNOME NOME in solido al pagamento delle spese processuali del giudizio di opposizione, liquidate per COGNOME NOME e COGNOME NOME in € 20.122,00 oltre IVA, CPA e rimborso spese generali, e nello stesso importo anche per il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Per quanto in questa sede rileva, il Tribunale di Roma riteneva che il termine di decadenza di 100 giorni, previsto dall’art. 71 del D.P.R. n. 115/2002, decorresse dal deposito RAGIONE_SOCIALE relazione, ma non dalle date delle relazioni che erano state indicate come termini di decorrenza dagli opponenti, ma dall’integrazione RAGIONE_SOCIALE relazione asseritamente depositata il 18.11.2020, dopo che il Tribunale per le misure di prevenzione non aveva ritenuto definitive e complete le relazioni del 28.4.2020, 5.5.2020 e 29.5.2020, in quanto mancanti di adeguata risposta al quesito 6 dell’incarico, inerente al fondamentale accertamento dell’eventuale interposizione fittizia di terzi soggetti nella titolarità di beni in realtà riconducibili a COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
L’ordinanza impugnata rilevava che parte ricorrente non aveva preso specifica posizione sull’eccepita natura non definitiva delle relazioni depositate tra aprile e maggio 2020 sostenuta dai periti, e che nel decreto di liquidazione del compenso del 21.12.2020, il Tribunale di Roma, sezione specializzata per le misure di prevenzione, al quale competeva la valutazione RAGIONE_SOCIALE completezza delle relazioni peritali, aveva ritenuto che l’incarico da esso stesso
conferito non fosse stato ultimato prima che fosse fornita risposta al suindicato quesito n. 6, e riteneva desumibile dal suddetto decreto di liquidazione la data del deposito RAGIONE_SOCIALE relazione integrativa dei periti del 18.11.2020.
Con citazione notificata il 25.6.2022 COGNOME NOME chiedeva al Tribunale di Roma la revocazione ex art. 395 n. 4) c.p.c. RAGIONE_SOCIALE suddetta ordinanza, per essere incorso il Tribunale in errore di fatto nel valutare la tempestività dell’istanza di liquidazione del compenso rispetto al termine decadenziale dell’art. 71 del D.P.R. n.115/2002, avendo erroneamente percepito dal decreto di liquidazione del compenso che i periti avrebbero depositato una relazione integrativa in data 18.11.2020, che in realtà gli stessi periti avevano ammesso di non avere mai effettuato, avendo solo sostenuto di avere reso chiarimenti dopo il deposito delle relazioni di aprile e maggio 2020, ritenute non esaustive, e nel contempo chiedeva che fosse disposta la sospensione del termine per proporre ricorso in cassazione contro la stessa ordinanza ex art. 398 comma 4° c.p.c.
Poiché era prossima la scadenza del termine breve d’impugnazione dal 25.6.2022 e la sospensione non era stata ancora disposta, COGNOME NOME ha proposto ricorso straordinario a questa Corte avverso la medesima ordinanza con un unico motivo, spedendolo per la notifica il 23.9.2022 al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, alla Procura RAGIONE_SOCIALE Repubblica presso il Tribunale di Roma, agli eredi di COGNOME NOME (COGNOME NOME e COGNOME NOMENOME, a COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, e soltanto il 27.9.2022 è intervenuto il provvedimento del giudice RAGIONE_SOCIALE revocazione di sospensione del termine invocato.
Resistono con controricorso NOME NOME e COGNOME NOME ed il RAGIONE_SOCIALE, mentre le altre parti sono rimaste intimate.
Sono state depositate memorie ex art. 380 bis.1 c.p.c. dal ricorrente e dai controricorrenti, e sono state disattese le istanze di sospensione del giudizio di legittimità in attesa dell’esito del giudizio di revocazione, che si è concluso con la sentenza del Tribunale di Roma del 3.7.2023 n. 10487/2023, che ha dichiarato inammissibile il ricorso per revocazione, condannando COGNOME NOME al pagamento delle spese processuali in favore dei convenuti costituiti COGNOME NOME, COGNOME NOME e RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, liquidati in €15.996,19 per compensi oltre accessori.
RAGIONI RAGIONE_SOCIALE DECISIONE
Va premesso che il provvedimento di sospensione adottato il 27.9.2022 dal giudice RAGIONE_SOCIALE revocazione ex art. 398 comma 4° c.p.c., essendo intervenuto quando già il ricorso straordinario alla Suprema Corte era stato notificato da COGNOME NOME per evitare di incorrere in decadenza, deve essere re -interpretato come provvedimento di sospensione del giudizio davanti a questa Corte. Sospensione, questa, che è venuta meno con l’emissione RAGIONE_SOCIALE sentenza del giudice RAGIONE_SOCIALE revocazione, senza necessità né di riassunzione (vedi in tal senso Cass. n. 3362/2015), né di attendere il passaggio in giudicato RAGIONE_SOCIALE sentenza resa sulla richiesta revocazione, come desumibile dall’ultimo comma dell’art. 398 c.p.c., il quale prevede che l’effetto sospensivo cessi con la comunicazione RAGIONE_SOCIALE sentenza di revocazione e non col passaggio in giudicato RAGIONE_SOCIALE stessa.
Il ricorrente con un unico motivo lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) c.p.c., la violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. e degli articoli 2727, 2729 e 2697 cod. civ., il travisamento RAGIONE_SOCIALE prova e l’ error in iudicando de iure procedendi.
Assume il ricorrente che l’ordinanza impugnata sia incorsa in un travisamento del fatto probatorio, ritenendo di poter desumere dal contenuto oggettivo del decreto di liquidazione del compenso emesso dal Tribunale di Roma, sezione specializzata per le misure
di prevenzione del 21.12.2020, in favore dei periti COGNOME NOME e COGNOME NOME, che questi ultimi, a seguito RAGIONE_SOCIALE richiesta di chiarimenti del medesimo Tribunale, avessero depositato una relazione integrativa in data 18.11.2020. Cosa che, in realtà, i periti stessi nella comparsa di risposta avevano ammesso di non avere mai effettuato, lì dove avevano ( i ) parlato di errore materiale del suddetto decreto nell’indicare il deposito di una relazione integrativa in data 18.11.2020, e ( ii ) sostenuto di avere solo reso dei chiarimenti e delle integrazioni verbali fino all’inizio di novembre 2020 dopo il deposito delle relazioni di aprile e maggio 2020. Parte ricorrente deduce che tale ricostruzione in fatto contrasta col ritenuto ritardo di deposito delle relazioni da parte dei periti, che aveva portato alla riduzione di 1/3 del loro compenso.
Lamenta, quindi, il ricorrente che il Tribunale di Roma, da tale erronea percezione del fatto probatorio decisivo, abbia fatto derivare l’infondatezza dell’eccezione di decadenza ex art. 71 del D.P.R. n. 115/2002, facendo decorrere il termine di 100 giorni dal compimento delle operazioni degli ausiliari dal 18.11.2020 (data di deposito dell’asserita ed inesistente relazione integrativa), anziché dalle date di deposito delle relazioni del 28.4.2020 per COGNOME NOME, del 5.5.2020 per COGNOME NOME e del 29.5.2020 per COGNOME NOME, e ritenendo, quindi, tempestiva la richiesta di liquidazione del compenso dei periti presentata il 16.11.2020.
COGNOME NOME ha allegato il vizio dell’art. 360 comma primo n. 3) c.p.c., e ipotizzato la violazione degli articoli 115, 116 c.p.c., dell’art. 2697 cod. civ. in materia di onere RAGIONE_SOCIALE prova, e degli articoli 2727 e 2729 cod. civ., pur illustrando nel corpo del motivo una doglianza di travisamento del fatto o RAGIONE_SOCIALE prova.
Orbene, il travisamento del fatto pacifico, consistente in una mera svista, è semmai motivo di revocazione ex art. 395, n. 4 c.p.c., e non di ricorso per cassazione; mentre il travisamento RAGIONE_SOCIALE prova, recentemente oggetto dell’intervento chiarificatore RAGIONE_SOCIALE sentenza
delle sezioni unite RAGIONE_SOCIALE Corte di Cassazione n. 5792 del 5.3.2024 sulla nozione di fatto probatorio controverso, non riguarda l’interpretazione del provvedimento opposto, che prova di per sé non è.
Ciò posto, va osservato che l’ordinanza impugnata non ha affatto violato il principio RAGIONE_SOCIALE ripartizione dell’onere probatorio, avendo ritenuto superata l’eccezione di decadenza ex art. 71 del D.P.R. n. 115/2002 sollevata dall’attuale parte ricorrente, in virtù del fatto che quest’ultima non aveva specificamente contestato la circostanza che i periti dopo il deposito delle relazioni sopra indicate avevano reso più volte oralmente integrazioni e chiarimenti fino ai primi giorni di novembre 2020 (in particolare sul quesito n.6, inerente al fondamentale accertamento dell’eventuale interposizione fittizia di terzi soggetti nella titolarità di beni in realtà riconducibili a COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME), ed in virtù del fatto che dal decreto di liquidazione del compenso sarebbero emersi l’incompletezza delle relazioni peritali depositate a maggio e giugno 2020, che avevano richiesto integrazioni, ed ulteriormente in virtù del contestato deposito RAGIONE_SOCIALE relazione integrativa del 18.11.2020, attribuito ad un errore di percezione.
L’ordinanza impugnata, con giudizio di fatto non sindacabile in questa sede, ha ritenuto che il completamento delle operazioni peritali, al quale si riferisce, come dies a quo del termine di 100 giorni, l’art. 71 del D.P.R. n. 115/2002, si sia verificato, al di là del deposito di una relazione integrativa scritta, solo allorché i periti, in data successiva al deposito delle relazioni (vedi sul fatto che il termine in questione decorra di regola dal deposito RAGIONE_SOCIALE relazione del CTU, che normalmente segna la conclusione dell’incarico, a meno che non intervengano integrazioni successive nella stessa fase Cass. ord. 4.7.2023 n.18797; Cass. n. 22030/2018; Cass. n.28952/2011), hanno fornito su richiesta dello stesso Tribunale,
sezione specializzata misure di prevenzione, nei primi giorni di novembre 2020, integrazioni e chiarimenti verbali anche in ordine all’originario quesito n. 6. E poiché i c.t.u. adempiono il loro incaricano non solo se e quando redigono per iscritto le loro osservazioni, ma anche allorché le espongano oralmente al giudice, il fatto probatorio controverso consiste nell’aver i c.t.u. reso tali chiarimenti nel novembre del 2020, essendo irrilevante in quale forma l’abbiano fatto.
A sua volta, la prova di tale fatto è stata ritenuta superflua dall’ordinanza impugnata, la quale, nel suo ragionamento, si è avvalsa del principio di non contestazione di cui all’art. 115 comma 1° c.p.c., e non già d’un ragionamento inferenziale, per cui il richiamo alle violazioni degli articoli 2727 e 2729 cod. civ. è del tutto inconferente.
Quanto alla lamentata violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., essa è inammissibile, in quanto una questione di violazione di tali norme non può porsi in cassazione per un’erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma, rispettivamente, solo allorché si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base RAGIONE_SOCIALE decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti, invece, a valutazione (Cass. 13.6.2024 n.16572; Cass. sez. un. n. 20867/2020; Cass. sez. un. n. 16598/2016).
Non vi è, poi, alcuna contraddizione tra il fatto che i periti abbiano reso chiarimenti, in particolare sul quesito 6, che aveva avuto una risposta carente, fino ai primi giorni di novembre 2020, ed il fatto che il loro compenso sia stato decurtato per ritardata ultimazione dei loro incarichi professionali rispetto ai termini che erano stati
concessi, atteso che la richiesta di chiarimenti non costituisce certo un nuovo incarico.
All’inammissibilità del ricorso segue la condanna di COGNOME NOME al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, in favore di COGNOME NOME e COGNOME NOME, ed in favore del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, mentre nulla va disposto quanto alle spese per gli intimati.
Sussistono i presupposti per l’imposizione di un ulteriore contributo a carico del ricorrente ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del D.P.R. 30 maggio 2002, n.115, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione, dichiara inammissibile il ricorso. Condanna COGNOME NOME al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità, che liquida per COGNOME NOME e COGNOME NOME in € 200,00 per spese ed € 10.500,00 per compensi, oltre IVA, CA e rimborso spese generali del 15%, e per il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in € 10.500,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito. Visto l’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. 30.5.2002 n. 115 dà atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 27.6.2024