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Termine decadenza perito: quando inizia a decorrere?

La Corte di Cassazione chiarisce che il termine di decadenza per la richiesta di compenso del perito decorre dal completamento effettivo dell’incarico, includendo anche i chiarimenti verbali successivi al deposito della relazione. La Corte ha ritenuto inammissibile un ricorso basato su un presunto errore di fatto del giudice, ribadendo che tale vizio è motivo di revocazione e non di ricorso per cassazione. La decisione sottolinea anche l’importanza del principio di non contestazione nel processo civile.

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Pubblicato il 6 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Termine decadenza perito: la Cassazione chiarisce il dies a quo

Il rispetto dei termini è un pilastro fondamentale del nostro sistema giuridico. Per i professionisti che operano come ausiliari del giudice, come i periti, conoscere con esattezza quando scade il termine di decadenza perito per richiedere il proprio compenso è cruciale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un’importante chiarificazione su quale sia il momento esatto da cui far decorrere questo termine, il cosiddetto dies a quo.

I Fatti del Caso: Una Richiesta di Compenso Contestata

Il caso nasce nell’ambito di un procedimento di prevenzione. Il Tribunale aveva incaricato due professionisti di effettuare complesse valutazioni patrimoniali e aziendali. Una volta depositate le loro relazioni scritte, una delle parti coinvolte nel procedimento ha eccepito che la successiva richiesta di liquidazione del compenso fosse tardiva. Secondo questa parte, la richiesta era stata presentata oltre il termine di decadenza di 100 giorni previsto dalla legge, decorrente dalla data di deposito delle perizie.

I periti, dal canto loro, sostenevano che il loro incarico non si era concluso con il semplice deposito degli elaborati. Essi affermavano di essere stati chiamati più volte, nei mesi successivi, a fornire integrazioni e chiarimenti verbali al Collegio giudicante. Pertanto, a loro avviso, il termine di 100 giorni doveva iniziare a decorrere solo dalla data di completamento di queste ultime attività.

La Decisione del Tribunale e il Ricorso in Cassazione

Il Tribunale di primo grado aveva dato ragione ai professionisti, rigettando l’eccezione di decadenza. La decisione si basava sulla constatazione che l’incarico peritale si considera concluso solo quando tutte le attività richieste sono state espletate, comprese eventuali integrazioni successive. La parte soccombente, non convinta, ha quindi proposto ricorso per Cassazione, lamentando un errore del giudice nell’interpretazione dei fatti e una violazione delle norme sull’onere della prova. In particolare, il ricorrente sosteneva che il Tribunale avesse erroneamente presunto il deposito di una relazione integrativa mai esistita.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione sul termine decadenza perito

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo motivazioni dettagliate e di grande interesse pratico.

Il Dies a Quo: Quando Inizia a Decorrere il Termine?

Il punto centrale della decisione è la definizione del dies a quo per il termine di decadenza del perito. La Corte ha stabilito che questo termine non decorre necessariamente dalla data di deposito della relazione scritta. Esso inizia a correre dal momento del completamento effettivo di tutte le operazioni peritali. Questo include non solo la stesura della perizia, ma anche tutte le attività successive richieste dal giudice, come i chiarimenti e le integrazioni, anche se rese in forma orale. L’incarico dell’ausiliario si conclude quando egli ha adempiuto a tutte le richieste del giudice, e solo da quel momento scattano i 100 giorni per la richiesta di compenso.

Travisamento del Fatto vs. Onere della Prova

La Corte ha colto l’occasione per ribadire una distinzione fondamentale: l’errore di valutazione del materiale probatorio da parte del giudice di merito non può essere contestato in Cassazione come violazione delle norme sull’onere della prova (art. 115 e 116 c.p.c.). La lamentela del ricorrente, che denunciava una percezione errata dei fatti da parte del Tribunale (il cosiddetto travisamento del fatto), costituisce, semmai, un motivo di revocazione (art. 395 c.p.c.), un rimedio diverso e distinto dal ricorso per Cassazione.

L’Applicazione del Principio di Non Contestazione

Un altro elemento decisivo è stato l’applicazione del principio di non contestazione (art. 115 c.p.c.). I periti avevano affermato di aver fornito chiarimenti orali fino a novembre 2020. Poiché il ricorrente non aveva specificamente contestato questa circostanza nel giudizio di merito, il Tribunale l’ha legittimamente considerata come un fatto provato. La Cassazione ha confermato la correttezza di questo ragionamento, sottolineando che il giudice può porre a fondamento della propria decisione i fatti non contestati, senza che sia necessario un ulteriore approfondimento istruttorio.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per i Professionisti

L’ordinanza della Cassazione offre preziose indicazioni operative. Per i periti e i consulenti tecnici, la sentenza conferma che il loro diritto al compenso è tutelato fino al completamento di ogni attività richiesta dal giudice. È fondamentale, tuttavia, tenere traccia di tutte le attività svolte, anche quelle orali o informali, poiché possono essere determinanti per stabilire la tempestività della richiesta di liquidazione. Per le parti processuali, la decisione ribadisce l’importanza di una difesa attenta e puntuale: un fatto affermato dalla controparte, se non specificamente contestato, può essere considerato provato, con tutte le conseguenze del caso.

Da quale momento inizia a decorrere il termine di 100 giorni per la richiesta di compenso di un perito?
Il termine di decadenza di 100 giorni decorre dal completamento effettivo di tutte le operazioni peritali, che può non coincidere con il deposito della relazione scritta. Include anche eventuali chiarimenti e integrazioni, anche verbali, richiesti successivamente dal giudice.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza per un errore del giudice nella valutazione dei fatti?
No. Secondo la Corte, un errore di percezione dei fatti da parte del giudice (travisamento del fatto) non costituisce motivo di ricorso per Cassazione, ma può essere, a certe condizioni, motivo di revocazione, un rimedio processuale differente.

Cosa succede se una parte non contesta specificamente un fatto affermato dalla controparte?
In base al principio di non contestazione, il fatto non specificamente contestato si considera ammesso e il giudice può porlo a fondamento della propria decisione senza necessità di ulteriori prove.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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