Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 13116 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 13116 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 14739-2021 proposto da:
COGNOME domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
ISPETTORATO RAGIONE_SOCIALE COSENZA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO
– resistente con mandato –
avverso la sentenza n. 1519/2020 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 23/11/2020 R.G.N. 1937/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
R.G.N. 14739/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 11/03/2025
CC
Fatti di causa
La Corte d’appello di Catanzaro, con la sentenza in atti, ha rigettato l’appello proposto da COGNOME Michele nei confronti dell’Ispettorato territoriale del lavoro di Cosenza avverso la sentenza n. 180/2019 del tribunale di Castrovillari ed ha confermato la sentenza impugnata condannando l’appellante al pagamento delle spese processuali.
A fondamento della decisione la Corte d’appello ha ribadito che, quanto alla tardività della contestazione ex art. 14 legge 689/1981, il termine ivi previsto non poteva decorrere prima del momento in cui si sarebbe dovuta compiere, anche in relazione alla complessità o meno della fattispecie, l’attività amministrativa volta a verificare tutti gli elementi dell’infrazione; tale accertamento non coincideva quindi con la generica e approssimativa percezione del fatto, ma con il compimento delle indagini necessarie per riscontrare, secondo le modalità previste dall’art.13, l’esistenza di tutti gli elementi dell’infrazione, con la valutazione dei dati acquisiti ed afferenti agli elementi dell’infrazione e con la fase finale di deliberazione, correlata alla complessità delle indagini tese a riscontrare la sussistenza dell’infrazione medesima e ad acquisire piena conoscenza della condotta illecita da valutare agli effetti della corretta formulazione della contestazione (Cass. n.26634 del 2011).
Per quanto riguardava la natura della prestazione resa e la qualificazione del rapporto, la Corte d’appello ha confermato che i lavoratori dovevano ritenersi subordinati sulla scorta del verbale di accertamento e degli atti acquisiti nel corso del giudizio.
Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME COGNOME con tre motivi, illustrati da successiva memoria. L’ Avvocatura dello Stato ha depositato solo la delega senza
compiere attività difensiva. Il collegio ha autorizzato il deposito della motivazione nel termine di 60 giorni previsto dalla legge.
Ragioni della decisione
1.- Con il primo motivo di ricorso ex art 360 n. 3 c.p.c. si deduce la violazione dell’art. 14, c. 2 L. 689/1981, ex art. 360 n. 4, la violazione dell’art. 132 c. 2 n. 4 cpc, dell’art.12 prel., dell’art. 111 cost., nonchè ex art. 360 n. 3 dell’art. 2697 cc : errato calcolo del dies a quo del termine di 90 giorni, che secondo Corte di appello decorrerebbe dal 25/11/2015, data in cui, dopo 88 giorni di inerzia ingiustificata, l’Ispettorato richiedeva e acquisiva dal datore di lavoro la documentazione utile per la contestazione.
Il motivo presenta profili di inammissibilità e profili di infondatezza.
La pronuncia impugnata è fornita di una ampia motivazione in fatto ed in diritto a supporto della tesi della tempestività della contestazione elevata al ricorrente ai sensi dell’art.14 l. 689/1981.
Ed infatti la Corte ha osservato che nel caso di specie era indubbio che solo dopo aver acquisito la documentazione relativa alla situazione lavorativa dei 19 lavoratori rinvenuti nel corso dell’accesso ispettivo la Guardia di Finanza era nelle condizioni di valutare tutti i dati indispensabili ai fini della verifica dell’esistenza delle violazioni contestate; di conseguenza in maniera del tutto corretta il tribunale aveva ritenuto che il termine di cui all’art. 14, comma 2 decorresse dal 25 novembre 2015, data in cui il COGNOME aveva prodotto l’intera documentazione indispensabile ai fini della verifica dell’esistenza della contestazione, la cui consegna COGNOME aveva invece omesso nel corso dell’accesso del 29 agosto 2015, asserendo che si trovasse depositata presso il commercialista dott. COGNOME E poiché la notificazione dell’atto di
contestazione delle violazioni aveva avuto luogo il 22 gennaio 2016 non vi era dubbio alcuno che la contestazione fosse stata tempestiva, nè rilevava la circostanza che all’ispezionato fosse stato assegnato per la consegna il termine del 3 settembre 2015 dato che non si era certo in presenza di un termine perentorio e tenuto conto che il differimento al 25 novembre successivo era stato concordato, così come emergeva dal verbale (“l’acquisizione è stata concordata per le vie brevi alla data odierna”).
Si tratta di un accertamento del tutto conforme al diritto ed alla giurisprudenza di questa Corte e che si sottrae alle doglianze sollevate con il motivo di ricorso attraverso cui la ricorrente del tutto irritualmente tenta in realtà, in questa sede di legittimità, di impugnare l’accertamento in ordine al dies a quo del termine di contestazione e di censurare la motivazione in fatto sulla indispensabilità degli accertamenti relativi ai tanti lavoratori irregolari trovati nel corso dell’accesso ispettivo, a rrivando a sostenere financo nel merito, contro quanto accertato in sentenza, che il tempo trascorso configurasse ‘ inerzia ingiustificata ‘ .
In materia vale però quanto osservato anche di recente da questa Corte (Cass. n. 20977 del 26/07/2024) secondo cui ‘In tema di sanzioni amministrative, il giudice dell’opposizione, dinanzi al quale sia stata eccepita la tardività della notificazione degli estremi della violazione, nell’individuare la data dell’esito del procedimento di accertamento di più violazioni connesse data dalla quale decorre ex art. 14, comma 2, della l. n. 689 del 1981 il termine di novanta o trecentosessanta giorni per la relativa contestazione -deve valutare il complesso degli accertamenti compiuti dall’Amministrazione procedente e la congruità del tempo a tal fine impiegato avuto riguardo alla loro complessità, anche in vista dell’emissione di un’unica ordinanza
ingiunzione per dette violazioni senza, tuttavia, potersi sostituire all’Amministrazione nella valutazione dell’opportunità di atti istruttori collegati ad altri e posti in essere senza apprezzabile intervallo temporale’.
2.- Con il secondo motivo si censura la sentenza nella parte in cui non ha ammesso le prove orali per i lavoratori COGNOME e COGNOME ex art. 360 n. 4 c.p.c. per nullità della sentenza, violazione della degli artt. 132 c. 2 n. 4 cpc, 12 prel., 111 cost.; ex art. 360 n. 3 violazione e/o falsa applicazione degli artt.2721 e 2725 c.c.; ex art. 360 c.p.c. n. 5 omessa motivazione su un punto decisivo della controversia.
Il motivo è del tutto inammissibile posto che con esso non si deduce un “fatto storico” che non sia stato esaminato, quanto piuttosto si contesta anzitutto una valutazione probatoria, insindacabile in sede di legittimità, tanto più nel vigore del novellato art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., applicabile ratione temporis, così come rigorosamente interpretato dalle Sezioni unite di questa Corte con le sentenze nn. 8053 e 8054 del 2014 (con principi costantemente ribaditi dalle stesse Sezioni unite v. n. 19881 del 2014, n. 25008 del 2014, n. 417 del 2015, oltre che dalle Sezioni semplici).
Inoltre quanto all ‘omessa ammissione delle prove , si evidenza che secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte il vizio di motivazione per omessa ammissione della prova testimoniale o di altra prova può essere denunciato per cassazione soltanto nel caso in cui esso investa un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa o non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la “ratio decidendi” risulti priva di fondamento (Cass. n.
18072/2024, n. 16214/2019, Cass. 2085/95; Cass. 7472/17; Cass. 26764/19).
Tale non può essere il caso di specie avendo i giudici di merito deciso discrezionalmente di porre a fondamento della decisione gli altri elementi di prova ritualmente acquisiti nel corso del giudizio, spettando al giudice di merito il potere di selezionare e valutare le prove idonee ai fini della dimostrazione del fatto, senza che tale potere possa essere sindacato in sede di legittimità.
Inoltre, laddove reclama l’omessa valutazione di fatti decisivi, il ricorso è pure inammissibile posto che la ricorrente denuncia l’esistenza del vizio di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. in una ipotesi preclusa dalla ricorrenza di una cd. ‘doppia conforme’ (cfr. art. 348 ter, ultimo comma, c.p.c., in seguito art. 360, comma 4, c.p.c., per le modifiche introdotte dall’art. 3, commi 26 e 27, d. lgs. n. 149 del 2022), senza indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (v. Cass. n. 26774 del 2016; conf. Cass. n. 20944 del 2019).
Non esistono invece vizi di motivazione posto che nell’attuale assetto ordinamentale il vizio di motivazione può essere censurato in Cassazione ai sensi dell’art. 360 n. 4 in relazione all’art. 132, comma 2, n. 4 c.p.c. solo nel caso in cui la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente o manifestamente contraddittoria ed incomprensibile (Cass. S. U. n. 22232/2016; Cass. n. 23940/2017; Cass. n. 22598/2018): ipotesi, tutte, non ravvisabili nel ragionamento logico-giuridico della impugnata pronuncia.
3.- Con il terzo motivo di ricorso si lamenta ex art 360 n. 3 la violazione dell’art. 3 L. 689/1981, ex art 360 n. 4 dell’art. 132 c. 2 n. 4 cpc, dell’art.12 prel., art. 111 Cost.: per aver la Corte
di appello escluso l’applicabilità al caso di specie della buona fede prevista dall’art. 3 L.689/1981.
Il motivo è inammissibile perché la valutazione della buona fede appartiene al potere del giudice di merito e non può essere sindacato in fatto in sede di legittimità l’accertamento negativo operato dalla Corte di appello la quale ha osservato che le asserite problematiche telematiche che avrebbero impedito di comunicare all’INPS l’utilizzo di lavoratori occasionali da retribuire attraverso appositi vuocher non potevano incidere sull’elemento soggettivo dell’illecito amministrativo e non potevano escludere la responsabilità del ricorrente.
Per tutte le ragioni fin qui esposte il ricorso deve essere quindi rigettato. Nulla per le spese non avendo l’intimato compiuto attività difensiva. Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unifica to pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
Roma, così deciso nella camera di consiglio dell’11.3.2025