LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Termine contestazione disciplinare: da quando decorre?

Una dirigente medico ottiene l’annullamento di una sanzione disciplinare perché ritenuta tardiva. La Corte di Cassazione ribalta la decisione, chiarendo un punto cruciale: il termine per la contestazione disciplinare a carico dell’Ufficio per i Procedimenti Disciplinari (UPD) decorre non dalla prima notizia del fatto, ma dal momento in cui l’UPD riceve formalmente gli atti dal dirigente della struttura. La Corte ha ritenuto tempestiva l’azione dell’UPD, avviata lo stesso giorno della ricezione degli atti.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Termine contestazione disciplinare: la Cassazione chiarisce il dies a quo

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto un’importante chiave di lettura sulla decorrenza del termine contestazione disciplinare nel pubblico impiego. La Suprema Corte ha stabilito che, per le infrazioni di competenza dell’Ufficio per i Procedimenti Disciplinari (UPD), il termine per la contestazione decorre dalla data di ricezione degli atti da parte di tale ufficio, e non dal momento della prima contestazione effettuata dal dirigente della struttura. Analizziamo insieme la vicenda e i principi di diritto affermati.

I Fatti di Causa

Una dirigente medico di un’Azienda Sanitaria Provinciale veniva sanzionata con la sospensione dal servizio per un mese, con privazione della retribuzione. L’addebito riguardava la mancata verifica di gravi irregolarità nelle prestazioni di chemioterapia erogate da una struttura esterna. La dipendente impugnava la sanzione, eccependo principalmente la tardività della contestazione da parte dell’amministrazione.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello accoglievano le ragioni della lavoratrice, annullando la sanzione. Secondo i giudici di merito, il dies a quo per il calcolo dei termini doveva essere individuato nella data della prima contestazione mossa dal responsabile della struttura. Di conseguenza, la successiva contestazione, formalizzata dall’UPD su fatti identici, risultava tardiva e quindi illegittima.

L’Azienda Sanitaria, non condividendo tale interpretazione, proponeva ricorso per cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione e il corretto termine contestazione disciplinare

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Azienda, cassando con rinvio la sentenza d’appello. I giudici di legittimità hanno ricostruito la corretta interpretazione dell’art. 55-bis del D.Lgs. 165/2001 (nel testo applicabile all’epoca dei fatti), chiarendo diversi aspetti procedurali fondamentali.

La corretta individuazione del “Dies a quo” per l’UPD

Il punto centrale della decisione riguarda l’individuazione del momento da cui far partire il conteggio dei 40 giorni a disposizione dell’UPD per contestare l’addebito. La Cassazione, in linea con la sua giurisprudenza consolidata, ha affermato che tale termine decorre dal momento in cui l’UPD riceve gli atti trasmessi dal responsabile della struttura. Nel caso di specie, l’UPD aveva ricevuto la documentazione e, nello stesso giorno, aveva provveduto alla contestazione, agendo quindi nel pieno rispetto dei termini previsti dalla legge.

Trasmissione degli atti dal dirigente all’UPD: ruolo e termini

La Corte ha inoltre ribadito che il termine di cinque giorni, previsto dalla norma per la trasmissione degli atti dal dirigente all’UPD, ha una funzione meramente “sollecitatoria”. La sua violazione non determina, di per sé, l’illegittimità del procedimento, a meno che il ritardo non sia tale da compromettere in modo eccessivo il diritto di difesa del dipendente, circostanza non verificatasi nel caso in esame.

La competenza tra dirigente e UPD e il principio di ne bis in idem

Un altro aspetto rilevante affrontato è la possibilità per il responsabile della struttura, dopo aver avviato un procedimento, di rimettere gli atti all’UPD qualora si accorga che la gravità dei fatti eccede la propria competenza sanzionatoria. La Cassazione ha chiarito che questa procedura è non solo legittima, ma doverosa. Non si verifica alcuna violazione del principio del ne bis in idem o della consumazione del potere disciplinare, poiché il primo procedimento non si è concluso con l’irrogazione di una sanzione, ma con la trasmissione all’organo competente per una valutazione più approfondita.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha fondato la sua decisione sulla necessità di un’interpretazione sistematica e teleologica dell’art. 55-bis del D.Lgs. 165/2001. L’impianto normativo distingue nettamente la competenza del dirigente di struttura (per sanzioni minori) da quella dell’UPD (per sanzioni più gravi). Il dies a quo differenziato risponde alla logica di garantire all’UPD un tempo congruo per le proprie valutazioni a partire dal momento in cui viene ufficialmente investito della questione. Una diversa interpretazione, che facesse decorrere il termine da un momento anteriore alla ricezione degli atti, svuoterebbe di significato la previsione normativa. Inoltre, la facoltà del dirigente di trasmettere gli atti all’UPD risponde al principio di proporzionalità della sanzione e di buon andamento della pubblica amministrazione, assicurando che ogni infrazione sia valutata dall’organo adeguato alla sua effettiva gravità.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un principio fondamentale in materia di procedimenti disciplinari nel pubblico impiego. Per le pubbliche amministrazioni, essa conferma la corretta procedura da seguire nei casi di infrazioni che, a un’analisi più approfondita, si rivelano più gravi del previsto. Per i dipendenti pubblici, chiarisce che il loro diritto di difesa è garantito dal rispetto dei termini che decorrono dal momento in cui l’organo competente (l’UPD) formalizza la contestazione, sulla base degli atti ricevuti. La decisione riafferma che la tempestività dell’azione disciplinare va valutata in relazione all’organo che la esercita, distinguendo le fasi procedurali e le rispettive competenze.

Da quale momento inizia a decorrere il termine per la contestazione disciplinare da parte dell’Ufficio per i Procedimenti Disciplinari (UPD)?
Il termine di 40 giorni per la contestazione da parte dell’UPD inizia a decorrere dal giorno in cui l’ufficio riceve gli atti trasmessi dal responsabile della struttura in cui lavora il dipendente.

Il termine di cinque giorni per la trasmissione degli atti dal dirigente all’UPD è perentorio?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che questo termine ha una funzione meramente sollecitatoria. La sua inosservanza non comporta l’illegittimità automatica della sanzione, a meno che il ritardo non sia tale da ledere concretamente il diritto di difesa del lavoratore.

Se il responsabile di una struttura avvia un procedimento disciplinare, può successivamente trasmettere gli atti all’UPD per una sanzione più grave?
Sì. Se il responsabile, dopo aver contestato l’addebito, si rende conto che la sanzione da applicare è più grave e supera la sua competenza, non solo può, ma deve trasmettere gli atti all’UPD. Questo non viola il principio del ‘ne bis in idem’, in quanto il primo procedimento non si è concluso con una sanzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati