Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 24640 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 24640 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2497/2021 R.G. proposto da :
COGNOME rappresentata a difesa dall’Avv. NOME COGNOMEricorrente- contro
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE – UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER LA CAMPANIA, rappresentati e difesi dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO
-controricorrente-
e contro
NOMECOGNOME rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 1647/2020 depositata l’8.7.2020, NRG 548/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 4/6/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.
NOME COGNOME ha agito nei confronti di NOME COGNOME e del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e dell a Ricerca -Ufficio Scolastico Regionale per la Campania (ora Ministero dell’Istruzione e del merito, di seguito MIM), esponendo di essere dirigente scolastica presso l’Istituto Secondario Superiore Giovanni Pascoli di Casagiove e di avere presentato più volte negli anni domanda di assegnazione in tale veste all’Istituto di prima fascia INDIRIZZO di Caserta, con esito negativo;
era però accaduto che, nell’anno scolastico 2010 -2011, quella dirigenza era stata attribuito alla COGNOME sebbene in possesso di titoli notevolmente inferiori;
la ricorrente ha spiegato di non avere presentato domanda, per quell’anno scolastico, perché la sede era definita come ‘non vacante’ e che il posto, allorquando esso si era liberato per l’anticipato trasferimento del titolare, era stato attribuito alla COGNOME, la quale, nonostante la ‘non vacanza’, aveva fatto istanza in tal senso;
secondo la Clemente ciò era illegittimo, così come era illegittimo che si fosse proceduto ad assegnazione in mobilità per un posto resosi disponibile dopo la data di chiusura delle procedure proprie della mobilità stessa;
la ricorrente ha quindi chiesto l’accertamento dell’illegittimità dell’assegnazione, l’ordine di procedere a nuova valutazione per l’assegnazione di quel posto, tenendo conto anche del suo curriculum ed in ogni caso la pronuncia di condanna al risarcimento in proprio favore, per perdita di chance ;
2.
il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, decidendo su tali domande, disattendeva le pretese di annullamento e ripetizione
della procedura, anche per la carenza di interesse ad agire per non avere la ricorrente presentato la domanda di mobilità e declinava la giurisdizione sulla domanda risarcitoria;
3.
la Corte d’Appello di Napoli, raggiunta dal gravame della Clemente, dava atto che la ricorrente aveva reiterato soltanto la domanda di risarcimento del danno, per essere nel frattempo andata in quiescenza, e riteneva che rispetto ad essa sussistesse la giurisdizione ordinaria, erroneamente declinata dal Tribunale;
essa argomentava tuttavia anche sull’illegittimità dell’assegnazione dell’incarico alla COGNOME, ritenendola sussistente;
provvedeva comunque alla rimessione della causa al Tribunale, ai sensi dell’art. 353 c.p.c., compensando le spese del doppio grado tra le parti private e, per metà, rispetto al Ministero, che condannava alla rifusione della restante metà in favore della Clemente;
4.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi, resistiti dalle controparti, con anche proposizione di ricorso incidentale da parte del Ministero;
è in atti memoria della ricorrente principale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.
NOME COGNOME ha eccepito preliminarmente la tardività del ricorso per cassazione e ciò sul presupposto che, attraverso la notificazione dell’atto di riassunzione, per effetto della remissione della causa dal secondo al primo grado ai sensi dell’art. 353 c.p.c., si sarebbe determinata anche la conoscenza della sentenza qui impugnata, con la portata di far decorrere il termine c.d. breve di
impugnazione di cui all’art. 325, co. 2, c.p.c., che sarebbe stato in tal modo violato;
1.1 l’eccezione non è fondata;
1.2
Cass., S.U., 27 gennaio 2020 n. 1717, ha infatti ritenuto che « ai fini della determinazione del termine breve per impugnare occorre che la notifica della sentenza costituisca espressione della volontà di porre fine al processo, attraverso il compimento di un atto chiaramente preordinato a far decorrere i termini per l’impugnazione nei confronti sia del notificato sia del notificante », precisando che nella fattispecie -assai simile quella che qui si manifesta – era inidonea la mera inclusione di copia della sentenza d’appello nell’atto di riassunzione della causa innanzi al giudice di primo grado, la cui notificazione, a meno che non sia accompagnata da specifiche indicazioni testuali, non può ritenersi di per sé sintomatica di un intento nei termini sopra detti;
nel presente caso non solo non risulta alcuna di tali indicazioni, ma neanche vi è stata alcuna trascrizione della sentenza nell’atto di riassunzione (quanto meno anch’essa necessaria, come precisato da Cass., S.U., 21 settembre 2021, 25476) , in quanto quest’ultimo riporta solo il richiamo ad essa e l’esito finale del processo di appello , ma null’altro;
non ha dunque rilievo il termine di cui all’art. 325, co. 2, c.p.c. e la tempestività del ricorso per cassazione va misurata sul termine c.d. lungo semestrale di cui all’art. 327, co. 1, c.p.c., che è stato rispettato, in quanto la sentenza impugnata è stata depositata l’8.8.2020 ed il ricorso per cassazione è stato posto in notifica l’8.1.2021;
2. ciò posto, il primo motivo di ricorso denuncia l’omessa e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso ex art. 360
n. 5 c.p.c., sotto il profilo del non avere la Corte territoriale, a differenza del Tribunale, considerato la palese insussistenza di interesse ad agire della ricorrente, in quanto la stessa non aveva presentato domanda di assegnazione per quell’anno scolastico e dunque, anche a voler ammettere che l’istituto dovesse essere attributo in reggenza e che non valessero le istanze di chi, nonostante il posto non fosse stato vacante, aveva presentato la domanda, certamente non si poteva determinare l’assegnazione di quel posto alla Clemente;
il secondo motivo assume la violazione (art. 360 n. 3 c.p.c.) dell’art. 116 c.p.c. , per travisamento della prova, evidenziando come la Corte territoriale avesse dato per scontato il diritto della Clemente ad ottenere il trasferimento, senza che fosse stato dimostrato in che maniera, pur comparando il suo profilo con quello della COGNOME, si sarebbe dovuta preferire la prima, il tutto anche in assenza di comparazione rispetto agli altri dirigenti che potevano aspirare all’incarico e trascurando altresì come la scelta in favore della COGNOME fosse stata indotta dalla considerazione della professionalità di alto livello da essa posseduto;
i l terzo motivo sostiene infine la violazione dell’art. 113 c.p.c. dell’art. 19 del d.lgs. n. 165/2001, degli artt. 11 e 19 del CCNL 2006 e della circolare n.10643 del 2010, sostenendo che la dichiarazione di vacanza di una determinata sede era da considerare orientativa e che pertanto l’Amministrazione poteva attribuire posti che non erano vacanti al momento della indizione della procedura di mobilità;
3.
i motivi sono inammissibili;
4.
la Corte d’Appello ha precisato espressamente che l’unica domanda reiterata dalla Clemente in sede di gravame era quella risarcitoria,
su cui il Tribunale aveva declinato la giurisdizione, invece ritenuta da essa sussistente in capo al giudice ordinario;
ogni questione riguardante l’oggetto del contendere va dunque vagliata nella causa risarcitoria, che è stata rimessa al Tribunale e va dunque applicato il principio, reso nel contiguo ambito della declinatoria di giurisdizione, per cui il giudice, qualora dichiari il proprio difetto di giurisdizione, si spoglia della potestas iudicandi con una pronuncia in rito completamente definitoria della causa dinanzi a sé, con la conseguenza che la statuizione resa anche sul “merito” della medesima controversia si appalesa meramente apparente e, come tale, è insuscettibile di passare in cosa giudicata (Cass., S.U., 27 novembre 2019, n. 31024) e con l’ ulteriore effetto di determinare l’inammissibilità , per difetto di interesse, dell’impugnazione dispiegata dalla parte rispetto a tali argomenti spesi sull’oggetto sostanziale del contendere;
ciò è stato affermato anche rispetto ai casi in cui vi sia stata una pronuncia su un punto pregiudiziale di rito assorbente, poi seguita da argomentazioni sul merito (Cass. S.U. 30 ottobre 2013, n. 24469), ma il caso della declinatoria di giurisdizione o di rimessione al primo giudice per ragioni di giurisdizione giustificano ancor più una tale conclusione, data l’eviden te contraddizione che deriva dal ritenere non decidibile la causa nel merito -per difetto di giurisdizione o perché vi è obbligo di remissione al primo giudice -e il far seguire a ciò argomentazioni sul merito del contendere;
4.1
nel caso di specie i motivi riguardano l’oggetto sostanziale del contendere -o addirittura per certi versi profili non più oggetto del contenzioso fin dal grado di appello, come è per il primo motivo, nella misura in cui lo si riferisca anche alla domanda di assegnazione dell’incarico dirigenziale -e dunque sono inammissibili;
5.
dall’inammissibilità deriva l’inefficacia del ricorso incidentale (art. 334, co.2, c.p.c.), in quanto tardivo perché introdotto oltre il termine dei sei mesi dalla pubblicazione della sentenza impugnata -tenuto conto che non trova applicazione ratione materiae la sospensione feriale -e quindi oltre il termine c.d. lungo stabilito dall’art. 327 c.p.c.;
6.
le spese seguono la soccombenza nel grado tra le parti private, mentre ne va disposta la compensazione rispetto al Ministero ed all’Ufficio Scolastico, avendo questi ultimi aderito al ricorso principale ed essendosi posti in posizione sostanzialmente analoga a quella della COGNOME.
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso principale ed inefficace il ricorso incidentale.
Condanna la ricorrente principale al pagamento delle spese del grado in favore di NOME COGNOME che liquida in euro 4.000,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, con distrazione in favore del difensore antistatario avv. NOME COGNOME.
Compensa le spese tra la ricorrente principale e le altre parti.
Ai sensi del D.P .R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 -bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 4.6.2025.