Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 20783 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 20783 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27577/2022 R.G. proposto da : COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME domiciliati ex lege all’indirizzo Pec in atti. -ricorrenti – contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, e per essa, quale mandataria, la RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOMECOGNOME domiciliata ex lege all’indirizzo Pec in atti. -controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ANCONA n. 440/2022 depositata il 11/04/2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/03/2025
dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME propongono ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, avverso la sentenza n. 440/2022 dell’11 aprile 2022 con cui la Corte d’Appello di Ancona ha dichiarato inammissibile, in quanto tardivo, il gravame da loro proposto avverso la sentenza con cui il Tribunale di Urbino aveva dichiarato inefficace ex art. 2091 cod. civ., nei confronti della loro creditrice Banca delle Marche, l’atto di costituzione di rendita vitalizia mediante alienazione di beni.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE e per essa, quale mandataria la RAGIONE_SOCIALE nella qualità di cessionaria del credito.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1, cod. proc. civ.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con unico motivo i ricorrenti denunziano ‘Violazione e falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360, n. 4) c.p.c., in relazione agli artt. 282 c.p.c., 285 c.p.c. e 325 c.p.c., nonché 331 c.p.c. e 334 c.p.c.’.
Censurano l’impugnata sentenza là dove ha dichiarato inammissibile l’appello con la seguente motivazione: ‘La sentenza nel suo testo integrale veniva notificata al difensore in primo grado, e presso il suo domicilio eletto, in data 15 marzo 2017. La sentenza, sempre nel suo testo integrale, veniva invece notificata alle parti personalmente il 16 marzo 2017. Ciò è quanto risulta dalla documentazione versata in atti. I 30 giorni di cui all’art. 326 c.p.c. scadevano, avendo come decorrenza il
15.3.2017, in data 14.4.2017 (venerdì), mentre, avendo come decorrenza il 16.3.2017, scadevano, effettivamente, il 18.4.2017, essendo il 15.4 sabato e ricorrendo, ovviamente, la fattispecie di cui al 5° comma dell’art. 155 c.p.c., ed essendo lunedì 17.4 festivo. Tuttavia, come è noto, la notifica della sentenza effettuata alla parte personalmente non è idonea, ai sensi dell’art. 282 c.p.c., a far decorrere il termine breve per impugnare. Né, a maggior ragione, può costituire una sorta di rimessione nel termine per proporre l’appello, ove, come nel caso in esame, la notifica sia fatta (prima) al difensore costituito in primo grado e (poi anche) alla parte personalmente. Si consideri, poi, che se la notifica alla parte personalmente non è idonea a far decorrere il termine breve, non potrebbe neppure avere altri effetti, quale quello di configurare il dies a quo per la decorrenza del termine. Interpretare diversamente la norma costituirebbe una lesione alla certezza dle diritto, che sarebbe verificata in tal caso’.
Lamentano che la corte di merito è incorsa in un errore evidente, giacché mai nessuna notifica era stata effettuata personalmente alle parti.
La corte di merito avrebbe, invece, dovuto rilevare che in prime cure gli odierni ricorrenti erano assistiti da diversi difensori e che una ‘seconda notifica’ era stata effettuata in data 16 marzo 2017 all’indirizzo del difensore, in primo grado, di NOME COGNOME e NOME COGNOME e non all’indirizzo di residenza delle parti, come erroneamente ritenuto. Di talché l’appello dai medesimi proposto risulta essere stato notificato nei termini processualmente previsti per la validità del medesimo (18 aprile 2017, essendo festivi i giorni precedenti).
Sostengono, quindi, che la dichiarazione di inammissibilità dell’appello risulta sotto ogni aspetto lesiva del loro diritto di ottenere la riforma della sentenza, in quanto emerge
chiaramente che ogni onere processuale in punto di termini è stato rispettato dagli stessi, ragion per cui NOME e NOME COGNOME si sono trovati a subire le conseguenze di una inopinata violazione di norme processuali.
Aggiungono, infine, che la pronuncia della Corte d ‘ Appello di Ancona di inammissibilità del gravame interposto da NOME e NOME COGNOME, per tardività viceversa inesistente, ha leso anche il diritto di NOME COGNOME e NOME COGNOME a partecipare al processo quali parti necessarie nel ruolo di appellanti incidentali tardivi: infatti, anche a voler considerare che l’impugnativa proposta da NOME COGNOME e NOME COGNOME fosse realmente stata proposta fuori dai termini di cui all’art. 326 cod. proc. civ., la stessa avrebbe potuto comunque valere quale impugnazione incidentale tardiva, come ammesso nelle cause inscindibili ovvero nel caso in cui la controversia concerna un unico rapporto sostanziale o processuale.
1.1. Il motivo è inammissibile.
1.2. Dalla lettura dell’impugnata sentenza risulta che: a) la notifica dell’atto di citazione in appello è avvenuta il 18 aprile 2017; b) la corte di merito ha anzitutto affermato che, ai fini della decorrenza del termine breve di impugnazione, occorre considerare la data della notifica della sentenza impugnata al procuratore costituito, che nel caso di specie è avvenuta il 15 marzo 2017; c) in relazione a tale dies a quo della decorrenza del termine breve per impugnare ed in applicazione dell’art. 155, quinto comma, cod. proc. civ., correttamente la corte di merito ha ritenuto l’impugnazione tardiva, in quanto proposta solo il 18 aprile 2017, mentre termine per appellare scadeva il 14 aprile 2017 (venerdì).
La corte di merito si è pertanto pronunciata facendo applicazione dei principi enunziati da questa Corte in tema di decorrenza del termine di impugnazione, in base ai quali:
la decorrenza del termine breve non è correlata alla conoscenza legale della sentenza, già esistente per il mero fatto della sua pubblicazione, né alla conoscenza effettiva della stessa, ma è dalla legge ricondotta al sollecito rivolto da una parte all’altra per una decisione rapida -cioè entro il termine breve previsto dalla leggein ordine all’eventuale esercizio del potere di impugnare; sollecito -come detto- veicolabile solo mediante il paradigma procedimentale tipico previsto dalla legge, quale unico modulo in grado di garantire il diritto di difesa ai fini impugnatori: la notificazione della sentenza al ‘procuratore costituito’, ai sensi degli artt. 285, 326, 170 cod. proc. civ. (Cass., Sez. Un., 04/03/2019, n. 6278; Cass., Sez. Un., 13/06/2011, n. 12898);
b) nei processi con pluralità di parti, quando si verte in ipotesi di litisconsorzio necessario o processuale, come nel caso di specie, è applicabile la regola, propria delle cause inscindibili, dell’unitarietà del termine per proporre impugnazione, con la conseguenza che la notifica eseguita ad istanza di una sola delle parti segna, nei confronti di quella destinataria della notificazione e per le altre parti restanti, l’inizio del termine breve per la proposizione dell’impugnazione, sicché, ove a causa della scadenza del termine sia intervenuta la decadenza dall’impugnazione, questa esplica i suoi effetti non solo nei confronti della parte che ha assunto l’iniziativa di notificare la sentenza, ma anche nei confronti di tutte le altre parti (Cass., 19/04/2002, n. 5697; Cass., 18/07/2003, n. 11237; Cass., 19/11/2015, n. 23662; Cass., 12/01/2022, n. 726).
Tale è dunque la ratio decidendi dell’impugnata sentenza, su cui si fonda la declaratoria di inammissibilità dell’appello, e su cui la decisione si consolida, in difetto di specifico motivo di impugnazione.
La censura svolta nel motivo, secondo cui la corte di merito non ha attribuito rilievo ad una ‘seconda notificazione’
dell’impugnata sentenza, poiché l’ha erroneamente considerata come effettuata alle parti personalmente e non presso il difensore costituito, è inammissibile, sia perché relativa a statuizione formulata ad abundantiam , essendosi la corte di merito già spogliata della potestas iudicandi per avere dichiarato l’inammissibilità dell’appello tardivamente proposto, sia perché non correlata alla ratio decidendi dell’impugnata sentenza (v. Cass., 28/06/2023, n. 18403; Cass., 27.07.2017, n. 18641; Cass. 14.02.2012, n. 2108; Cass. 3.11.2011, n. 22753; Cass. n. 359 del 2005; Cass., Sez. Un., nn. 16598 e 22226 del 2016).
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura indicata in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
I ricorrenti vanno altresì condannati al pagamento di somma, liquidata come in dispositivo, ex art. 96, comma terzo, cod. proc. civ., ricorrendone i presupposti di legge.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti al solidale pagamento, in favore della controricorrente: delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 4.200,00, di cui euro 4.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge; della somma di euro 4.000,00 ex art. 96, terzo comma, cod. proc. civ.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza