Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 31170 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 31170 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18609/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIOCOGNOME AVV_NOTAIO che la rappresenta e difende,
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO COGNOME NOME; RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME che la rappresenta e difende e RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in
INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO COGNOME NOME rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO COGNOME NOME,
-controricorrenti-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE di COGNOME COGNOME COGNOME NOME, Procura Generale Presso Procura della Repubblica di RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME;
-intimati- avverso la Sentenza della Corte d’Appello di Firenze n. 1587/2023 depositata il 19/07/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/11/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1 Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza emessa in data 14.12.2005 respingeva l’opposizione ex art. 18, comma 1° l.fall. contro la sentenza che aveva dichiarato il fallimento della società RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME, nonché di COGNOME NOME, NOME COGNOME ed NOME COGNOME, quali soci illimitatamente responsabili su istanza dei creditori Banco di Napoli spa,( cui succedeva RAGIONE_SOCIALE) Monte dei Paschi di Siena spa ( cui suuccedeva RAGIONE_SOCIALE), RAGIONE_SOCIALE Ba di COGNOME e COGNOME sdf e NOME COGNOME.
2 La Corte d’Appello di Firenze con l’impugnata sentenza rigettava il gravame interposto da COGNOME NOME, in proprio, in qualità di liquidatore delle RAGIONE_SOCIALE NOME e quale procuratrice generale di COGNOME NOME.
2.1 La Corte rilevava, per quanto qui di interesse, che la mancata ricostituzione della pluralità dei soci nel termine di sei mesi, pur essendo causa di scioglimento della società, non determinava un fenomeno di estinzione, né di trasformazione della società in impresa individuale e che a seguito dell’intervento chiarificatore
della Corte costituzionale, con la sentenza 319/2000, il termine di un anno dalla cessazione dell’esercizio dell’impresa collettiva per la dichiarazione di fallimento della società decorreva dalla cancellazione della società stessa dal registro delle imprese.
2.2 Soggiungeva che dalla visura camerale della RAGIONE_SOCIALE risultava esclusivamente un’istanza di cancellazione del 26.3.1997 per trasferimento della sede legale nel Comune di Caltanissetta, con conseguente cessazione dell’attività nella Provincia di RAGIONE_SOCIALE: tale formalità non determinava la definitiva cancellazione della società, valendo esclusivamente a pubblicizzare il trasferimento della sede.
2.3 Affermava che i plurimi elementi, valutati nel loro complesso, consentissero di ritenere raggiunta la prova presuntiva del fatto che il recesso di COGNOME NOME fosse stato meramente formale e che, quindi, quest’ultima avesse mantenuto di fatto la qualità di socia anche nel periodo successivo alla formale cessione delle sue quote.
3 COGNOME NOME ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza sulla base di sette motivi; RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE hanno svolto difese con controricorso. Mps Gestione Crediti, San Paolo Imi, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE sdf, Banca Monte dei Paschi di Siena, Do Value Spa,la Procura Generale Presso Procura della Repubblica di RAGIONE_SOCIALE
e NOME NOME sono rimasti intimati.
4 È stata formulata proposta di definizione accelerata, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., essendo stato ravvisato un profilo di inammissibilità del ricorso. La ricorrente ha proposto istanza di decisione, con memoria depositata ai sensi del medesimo art. 380 bis c.p.c. ed è stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis.1 c.p.c. La ricorrente e il RAGIONE_SOCIALE hanno depositato memore ex art 380 bis1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 I mezzi di impugnazione possono così riassumersi:
primo motivo: violazione e falsa applicazione dell’art. 10 l.fall. in relazione all’art. 360, comma 1° n.3, c.p.c. nella parte in cui il giudice di merito ha ritenuto assoggettabile a fallimento la societa’ RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE;
secondo motivo: violazione e falsa applicazione dell’art. 22 d.lgs n. 169/2007, con riferimento all’art. 360 , comma 1° n.3 , c.p.c. nella parte in cui il giudice di merito ha ritenuto non ammissibili le doglianze sulla insolvenza della societa’ in quanto estranee all’originaria devoluzione dell’appello;
terzo motivo: violazione e falsa applicazione degli artt. 1264 e 2697 c.c., degli art. 1 e 4, legge 30/04/1999, n. 130, dell’art. 58, t.u.b. con riguardo agli art. 360, comma 1° n. 3 e 5, c.p.c. nella parte in cui il giudice di merito ha ritenuto provata la legittimazione sostanziale dei cessionari;
quarto motivo: violazione e falsa applicazione degli artt. 10 e 11 e 147 l.fall., in relazione all’art. 360, comma 1° n. 3, c.p.c nella parte in cui il giudice di merito ha ritenuto assoggettabile a fallimento in estensione di NOME COGNOME;
quinto motivo: violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1° n.3, c.p.c con riferimento alla mancata prova del pagamento del prezzo della cessione delle quote sociali, violazione e falsa applicazione dell’art. 2247 c.c , in relazione all’art. 360, comma 1° n. 3, c.p.c., con riferimento alla sussistenza dei requisiti di legge per attribuire a NOME COGNOME il compimento di attivita’ di gestione sociale;
sesto motivo: violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 c.c. in relazione all’art. 360 comma 1° n. 3, c.p.c in quanto il giudice di merito ha fondato il ragionamento presuntivo sulla gestione
societaria attribuita a COGNOME NOME su indizi che non possono considerarsi gravi, precisi e concordanti;
settimo motivo: violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 cc in relazione all’art. 360 comma 1° n. 3 e 5, c.p.c., per omesso esame di un fatto noto decisivo per il giudizio nella parte in cui si attribuisce rilevanza presuntiva alle missive 10.10.1996 e 26.06.1996 sulla base del rigetto della querela di falso.
Il ricorso è inammissibile.
2 Si riportano di seguito le motivazioni della proposta di definizione del giudizio :« Il ricorso proposto avverso la sentenza n. 1587/2023 della Corte d’Appello di Firenze (a definizione del proc.to n. 459/2006 R.G.) che ha confermato integralmente la sentenza del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE n. 1162 del 14.12.2005 di rigetto dell’opposizione alla sentenza dichiarativa del fallimento della RAGIONE_SOCIALE e dei soci illimitatamente responsabili appare inammissibile poiché tardivo. Il ricorrente allega l’avvenuta notifica della sentenza ad opera della controparte in data 8.8.2023. La sentenza impugnata, tuttavia, è stata comunicata a cura della Corte d’Appello di Firenze in data 19.7.2023, cosi come documentato dal controricorrente RAGIONE_SOCIALE tramite produzione in allegato al controricorso del ‘doc. 6 -Relata di notifica’ rappresentato dalla certificazione della ‘CORTE DI APPELLO DI FIRENZE – CANCELLERIA CENTRALE CIVILE – UFFICIO SENTENZE di avvenuta comunicazione della Sentenza n. 1587/2023 LF del 19.07/2023 della Corte D’Appello di Firenze, notificata ai sensi dell’art. 18 Legge Fallimentare alla parte reclamante COGNOME NOME in proprio e quale liquidatore della RAGIONE_SOCIALE presso AVV_NOTAIO e AVV_NOTAIO, con p.e.c. ricevuta in data 19.7.2023′. E’ principio già formulato da questa Corte che la notifica del testo integrale della sentenza reiettiva del reclamo avverso la pronuncia
dichiarativa di fallimento, effettuata ai sensi dell’art. 18, c. 13, l.f., dal cancelliere mediante posta elettronica certificata, ai sensi dell’art. 16, c. 4, del d.l. n. 179/2012, conv., con modif. dalla l. n. 221/2012, è idonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione in Cassazione ai sensi dell’art. 18, c. 14, l.f. non ostandovi il nuovo testo dell’art. 133, c. 2, c.p.c., come novellato dal d.l. n. 90/2014, conv., con modif., dalla l. n. 114/2014, secondo il quale la comunicazione del testo integrale della sentenza da parte del cancelliere non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all’art. 325 c.p.c., perché la norma del codice di rito trova applicazione solo nel caso di atto di impulso di controparte, ma non incide sulle norme derogatorie e speciali che ancorano la decorrenza del termine breve di impugnazione alla mera comunicazione di un provvedimento da parte della cancelleria. (Cass.n. 23443 del 2019). Il meccanismo previsto dall’art. 18 cit. ha infatti a fondamento, in ragione delle esigenze di celerità che caratterizzano il procedimento fallimentare, la mera conoscenza legale del provvedimento suscettibile di impugnazione, conoscenza che la comunicazione in forma integrale assicura al pari della notificazione (Cass. n. 23575 del 2017). Irrilevante è la circostanza per la quale la sentenza di rigetto dell’opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento sia stata pronunciata nell’anno 2005 e che il giudizio all’esito del quale è stata emessa la sentenza impugnata sia stato introdotto innanzi alla Corte d’Appello di Firenze nell’anno 2006, in quanto la Corte ha avuto modo di dichiarare come nei procedimenti per la dichiarazione di fallimento pendenti alla data di entrata in vigore della riforma di cui al d.lgs. n. 169 del 2007, le disposizioni della normativa riformata trovano applicazione immediata, ai sensi dell’art. 22 del predetto decreto, sia per la fase prefallimentare che si conclude con la sentenza di fallimento, sia per quest’ultima e per tutte le successive fasi di impugnazione, ivi compreso il ricorso per cassazione (Cass. n.
22545 del 2010; Cass. n. 23043 del 2009; Cass. n. 17273 del 2014). Il citato art. 22 del d.lgs. n. 169/2007, infatti, dà piena attuazione al principio processuale del “tempus regit actum”, secondo il quale la normativa sopravvenuta trova applicazione anche ai processi in corso, a nulla rilevando che il fallimento sia stato pronunciato prima della riforma del 2006, né che la sentenza di appello sia stata emanata – ovvero trattata parzialmente nei giudizi impugnatori che l’hanno seguita o preceduta – secondo il regime previsto dalla normativa antecedente alla riforma del 20062007 (Cass. n. 5925 del 2016; Cass. n. 17273 del 30/07/2014). Da ultimo la Corte valuta come non idonea ad escludere la tardività del ricorso la decorrenza del termine per l’impugnazione in costanza del periodo di sospensione feriale, in quanto è stato già chiarito in più occasioni che la sospensione dei termini processuali durante il periodo feriale, prevista dall’art. 1 della l. n. 742 del 1969, non si applica (ai sensi del successivo art. 3 della citata legge, in relazione all’art. 92 dell’ordinamento giudiziario, approvato con r.d. n. 12 del 1941) alle “cause inerenti alla dichiarazione e revoca fallimento”, senza alcuna limitazione o distinzione fra le varie fasi ed i diversi gradi del giudizio (Cass. n. 24019 del 2020; Cass. n. 622 del 2016; Cass. n. 12625 del 2010; Cass. n. 9807 del 2003; Cass. n. 15072 del 2000; Cass. n. 4627 del 1997). Alla luce di quanto precede il ricorso notificato in data 7.9.23 fronte della comunicazione da parte della cancelleria della Corte d’Appello di Firenze di data 19.7.23 può essere definito in via accelerata in quanto proposto tardivamente in data successiva alla scadenza del termine di cui all’art. 18 l.f. ».
2.3 Il Collegio condivide e fa proprie le suesposte argomentazioni che resistono ai rilievi difensivi contenuti nella memoria illustrativa. Conclusivamente il ricorso è inammissibile.
3 Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.
4 Sussistono, inoltre, i presupposti per la condanna della ricorrente, nella presente sede, sia ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c., che ai sensi del comma 4 della medesima disposizione, come espressamente previsto dall’art. 380 bis, ultimo comma, c.p.c. (disposizione immediatamente applicabile anche ai giudizi in corso alla data del 1° gennaio 2023 per i quali a tale data non era stata ancora fissata udienza o adunanza in camera di consiglio, come nella specie: cfr. Cass., Sez. U, Ordinanze n. 27195/2023 e 27433/2023).
La Corte stima equo fissare in € 8.000 la sanzione ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c. (pari ai compensi liquidati in dispositivo), ed in € 2.500 quella ai sensi del comma 4 della medesima disposizione.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, co. 1 quater, del D.P.R.30 maggio 2002 n. 115.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese presente giudizio che liquida, in favore di ciascuno dei controricorrenti, in € 8.000 , per compensi, oltre € 200 per esborsi, nonché spese generali ed accessori di legge.
Condanna la ricorrente al pagamento dell’importo in € 8.000 in favore di ciascuno dei controricorrenti, ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c.
Condanna la ricorrente a pagare l’importo di € 2.500 in favore della cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 96, comma 4, c.p.c.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il
ricorso, a norma del comma 1- bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella RAGIONE_SOCIALE di Consiglio tenutasi in data 12 novembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME