Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 26070 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 26070 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/10/2024
R.G.N. 1311/21
C.C. 17/9/2024
Appalto -Garanzia per i vizi -Pagamento corrispettivo
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 1311/2021) proposto da: COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso e all’istanza ex art. 380 -bis , secondo comma, c.p.c. depositata il 23 aprile 2024, dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME e NOME COGNOME;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (P_IVA: P_IVA), in persona del suo legale rappresentante pro -tempore , rappresentata e difesa, giusta procura a margine del controricorso, dall’AVV_NOTAIO;
e
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso, giusta procura in calce al controricorso, dagli AVV_NOTAIO e NOME AVV_NOTAIO;
-controricorrenti –
nonché
NOME NOME, quale titolare della RAGIONE_SOCIALE (P.IVA: P_IVA); RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME (P.IVA: P_IVA); COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE); COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE);
-intimati –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Catania n. 1023/2020, pubblicata il 16 giugno 2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17 settembre 2024 dal Consigliere relatore NOME COGNOME;
vista l’opposizione tempestivamente spiegata dalla ricorrente avverso la proposta di definizione anticipata del giudizio ex art. 380bis c.p.c.;
letta la memoria illustrativa depositata nell’interesse della ricorrente, ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c.
FATTI DI CAUSA
1. –COGNOME NOME conveniva, davanti al Tribunale di Catania, la RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, quale titolare della RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME (appaltatrici) nonché COGNOME NOME (direttore dei lavori), facendo valere, nei loro confronti, la garanzia per i vizi dell’appalto eseguito nell’immobile di proprietà dell’attrice.
Si costituivano in giudizio la RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, quale titolare della
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE AC, e COGNOME NOME, i quali contestavano, in fatto e in diritto, le domande avversarie e spiegavano domande riconvenzionali con le quali chiedevano che la committente fosse condannata al pagamento del compenso per l’opera da ciascuno prestata.
Rimaneva contumace l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di NOME.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 2626/2017, depositata il 5 giugno 2017, dichiarava la nullità delle domande proposte dall’attrice nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE, rigettava le domande formulate nei confronti di COGNOME NOME, quale titolare della RAGIONE_SOCIALE, e di COGNOME NOME e, in accoglimento delle spiegate riconvenzionali, condannava COGNOME NOME al pagamento, in favore di COGNOME NOME, della somma di euro 3.713,07, oltre IVA, in favore della RAGIONE_SOCIALE, della somma di euro 1.520,00, oltre IVA, e in favore di COGNOME NOME, della somma di euro 3.000,00, oltre IVA, nonché di euro 5.582,84.
2. -Con atto di citazione notificato il 23 aprile 2018, COGNOME NOME proponeva appello avverso la pronuncia di primo grado, lamentando: 1) che non aveva mai conferito alcun mandato agli Avvocati che avevano proposto l’azione in prime cure; 2) che non aveva mai avuto conoscenza della pendenza del giudizio conclusosi con la sentenza impugnata; 3) che la procura conferita era falsa. Spiegava, per l’effetto, querela di falso in via incidentale.
Si costituivano nel giudizio di impugnazione la RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME e COGNOME
NOME (quale apparente difensore in prime cure dell’attrice), i quali eccepivano che l’appello era inammissibile, perché proposto tardivamente.
Rimanevano contumaci nel giudizio d’appello COGNOME NOME, quale titolare della RAGIONE_SOCIALE, la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME e COGNOME NOME (quale apparente ulteriore difensore in prime cure dell’attrice).
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Catania, con la sentenza di cui in epigrafe, dichiarava l’inammissibilità dell’impugnazione, perché tardiva.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che COGNOME NOME, in proprio, aveva avuto conoscenza legale della sentenza impugnata il 23 ottobre 2017, per effetto della notifica personale effettuata dalle controparti; b ) che da tale data era iniziato a decorrere il termine breve di 30 giorni per la proposizione del gravame; c ) che, pertanto, l’appello era inammissibile, in quanto spiegato oltre il termine perentorio di 30 giorni dalla notificazione della sentenza di primo grado; d ) che restava salva la proponibilità, nelle forme dell’ordinario processo di cognizione, dell’ actio nullitatis dello svoltosi procedimento in primo grado, actio di per sé non preclusa dal giudicato formale, potendo assumere rilevanza solo in quel giudizio la querela di falso relativa alla procura ad litem .
-Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, COGNOME NOME.
Hanno resistito, con separati controricorsi, la RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE.
4. -All’esito, è stata formulata proposta di definizione del giudizio dell’11 marzo 2024, depositata il 13 marzo 2024, accettata il 18 marzo 2024, comunicata il 18 marzo 2024, ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c., alla stregua della ritenuta manifesta infondatezza del ricorso.
Con atto depositato il 23 aprile 2024, COGNOME NOME ha spiegato opposizione avverso la proposta di definizione anticipata del giudizio.
5. -La ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con l’unico motivo articolato la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 285 e 170 c.p.c. nonché degli artt. 325, 326 e 327 c.p.c., per avere la Corte di merito dichiarato l’inammissibilità per tardività dell’appello, ritenendo che esso fosse stato proposto oltre il termine perentorio breve di 30 giorni dall’avvenuta notificazione della sentenza di primo grado alla parte ed escludendo l’applicazione del termine lungo.
E tanto senza considerare che la conoscenza legale della sentenza appellata per avvenuta notificazione, unitamente agli atti di precetto, del 23 ottobre 2017 non avrebbe potuto far scattare il termine breve, in mancanza della notifica al procuratore costituito nel giudizio di primo grado, e quand’anche essa fosse stata effettuata al procuratore di parte attrice, non avrebbe potuto comunque avere alcuna efficacia ai fini della decorrenza del termine breve, non avendo quest’ultima giammai conferito procura.
1.1. -Il motivo è infondato.
Ed invero -sulla scorta del deductum -la posizione della parte appellante avrebbe dovuto essere equiparata a quella del contumace involontario, avendo tale parte basato il giudizio d’impugnazione sulla nullità degli atti del giudizio di primo grado per il mancato conferimento della procura ai difensori (e deducendo, all’uopo, la falsità della procura, come da relativa querela di falso), tanto da negare che la notifica della sentenza di prime cure verso il difensore (che, secondo il controricorrente, sarebbe avvenuta il 18 luglio 2017) potesse far decorrere il termine breve.
Per l’effetto, la valida notificazione della sentenza al contumace involontario, anche se intervenuta dopo la scadenza del termine lungo decorrente dalla pubblicazione della sentenza, è idonea a far decorrere il termine breve per proporre impugnazione, qualora sussistano sia la condizione oggettiva della nullità degli atti di cui all’art. 327, secondo comma, c.p.c., sia quella soggettiva della mancata conoscenza del processo a causa di detta nullità (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 25220 del 24/08/2022; Sez. L, Ordinanza n. 24369 del 30/09/2019; Sez. 63, Ordinanza n. 1893 del 23/01/2019; Sez. 6-2, Ordinanza n. 8593 del 06/04/2018; Sez. 2, Sentenza n. 24763 del 05/11/2013; Sez. 1, Sentenza n. 20975 del 27/11/2012; Sez. U, Sentenza n. 14570 del 22/06/2007).
D’altronde, la procura al difensore, mancante della sottoscrizione della parte -ovvero con sottoscrizione falsa -determina l’inesistenza di tale atto, non dell’atto di citazione, di cui non costituisce requisito essenziale, e pertanto questo è
idoneo ad introdurre il processo e ad attivare il potere-dovere del giudice di decidere, con la conseguenza che l’atto conclusivo del processo, ossia la sentenza, è nulla per carenza di un presupposto processuale per la valida costituzione del processo, ma non inesistente, ed è perciò suscettibile di passaggio in giudicato in caso di mancata tempestiva impugnazione, non essendo esperibili i rimedi dell’ actio e dell’ exceptio nullitatis , consentiti nel diverso caso di inesistenza della sentenza (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 8104 del 23/03/2021; Sez. U, Sentenza n. 20934 del 12/10/2011; Sez. 3, Sentenza n. 4020 del 23/02/2006; Sez. 2, Sentenza n. 22292 del 26/11/2004; Sez. 3, Sentenza n. 7186 del 16/05/2002).
Diversamente, nella fattispecie, il termine breve di impugnazione non sarebbe mai operativo, né nel caso di notifica personale della sentenza di prime cure alla parte che abbia lamentato il difetto dello ius postulandi per falsità della procura, né nel caso di notifica al procuratore, conclusione, questa, non compatibile con le linee generali del sistema impugnatorio.
2. -In definitiva, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese e compensi di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Poiché, all’esito dell’opposizione alla proposta di definizione anticipata del giudizio, ai sensi dell’art. 380 -bis , ultimo comma, c.p.c., il giudizio è stato definito in conformità alla proposta, deve essere applicato l’art. 96, terzo e quarto comma, c.p.c., con la conseguente condanna ulteriore della ricorrente soccombente al pagamento, in favore di ciascuna delle controparti costituite, di una somma equitativamente determinata nonché, in favore della
cassa delle ammende, di una somma di denaro non inferiore ad euro 500,00 e non superiore ad euro 5.000,00, somme che si liquidano come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla refusione, in favore di ciascuno dei controricorrenti, delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 2.700,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge; condanna altresì la ricorrente al pagamento, in favore di ciascuno dei controricorrenti, della somma equitativamente determinata in euro 1.500,00 e al pagamento, in favore della cassa delle ammende, della somma di euro 1.500,00.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda