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Tempo tuta: quando è lavoro straordinario? Cassazione

Alcuni lavoratori sanitari hanno richiesto il pagamento del tempo tuta come straordinario. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il loro ricorso, confermando la decisione d’appello che limitava il pagamento al periodo successivo alla notifica del ricorso. La Suprema Corte ha chiarito che non si trattava di prescrizione, ma di una domanda giudiziale non estesa al periodo precedente, e ha sanzionato la mancata specificità del ricorso.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Tempo Tuta: la Cassazione chiarisce i limiti del risarcimento

Il riconoscimento del tempo tuta, ovvero il tempo impiegato dal lavoratore per indossare e togliere la divisa aziendale, come orario di lavoro è un tema consolidato. Ma cosa succede quando si chiede il pagamento di questo tempo come straordinario per gli anni passati? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 12176/2025) offre spunti cruciali, sottolineando l’importanza di come viene formulata la domanda giudiziale fin dal primo grado.

La vicenda riguarda un gruppo di lavoratori di un’Azienda Sanitaria che, pur avendo ottenuto il riconoscimento del tempo di vestizione come orario di lavoro, si sono visti limitare il diritto al compenso per lavoro straordinario solo a partire dalla data di notifica del ricorso iniziale. La Suprema Corte ha dichiarato il loro ricorso inammissibile, fornendo chiarimenti fondamentali sulla differenza tra prescrizione e limiti della domanda.

I Fatti di Causa: La Controversia sul Tempo Tuta

Il percorso giudiziario inizia presso il Tribunale di primo grado, che accerta l’obbligo dei lavoratori di indossare la divisa sul luogo di lavoro e dichiara che il tempo necessario per la vestizione e svestizione rientra a tutti gli effetti nell’orario di lavoro. Tuttavia, il giudice esclude la monetizzazione come straordinario, ritenendo che tale eccedenza dovesse essere compensata con periodi di riposo.

In secondo grado, la Corte di Appello riforma parzialmente la sentenza. Condanna l’Azienda Sanitaria al pagamento di 15 minuti per turno come lavoro straordinario, ma stabilisce che tale diritto decorra solo dalla data di notifica del ricorso introduttivo (9.3.2017). La motivazione della Corte territoriale risiede nel fatto che i lavoratori non avevano avanzato richieste specifiche per il periodo precedente.

I lavoratori, insoddisfatti, si rivolgono alla Corte di Cassazione, lamentando principalmente tre violazioni: una falsa applicazione delle norme sulla prescrizione, un’errata interpretazione della loro domanda giudiziale e la violazione del divieto di reformatio in peius.

La Decisione della Corte: Inammissibilità e il Principio della Domanda

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso dei lavoratori inammissibile. Il punto centrale della decisione non riguarda l’applicazione della prescrizione, come erroneamente sostenuto dai ricorrenti, ma la portata della domanda originaria. La Suprema Corte chiarisce che la Corte di Appello non ha applicato l’istituto della prescrizione, ma ha semplicemente rilevato la “mancanza di domande per il periodo precedente alla proposizione del ricorso”.

In altre parole, il diritto al pagamento per il tempo tuta non è stato negato per il passato perché prescritto, ma perché non era stato richiesto in modo esplicito e corretto nell’atto introduttivo del giudizio.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Cassazione sono prevalentemente di natura processuale. In primo luogo, i giudici di legittimità evidenziano come le censure dei ricorrenti siano “avulse dalla sentenza impugnata”, in quanto non colgono la vera ratio decidendi della Corte d’Appello. Quest’ultima non ha mai affermato che il diritto per il passato fosse prescritto, ma che non fosse stato domandato.

In secondo luogo, la Corte rileva una grave carenza nell’atto di ricorso. I lavoratori non hanno rispettato l’onere previsto dall’art. 366, n. 6, del codice di procedura civile, che impone di specificare e, se necessario, riprodurre gli atti processuali su cui si fonda il ricorso. Nel caso di specie, non è stato né riprodotto né sintetizzato il contenuto del ricorso di primo grado, impedendo alla Corte di Cassazione di verificare se effettivamente fosse stata avanzata una richiesta per il periodo antecedente alla causa.

Infine, viene esclusa la violazione del principio di reformatio in peius (divieto di peggiorare la posizione dell’appellante). La Corte osserva che la sentenza di primo grado non aveva specificato una data di decorrenza del diritto, limitandosi ad un accertamento generale. Pertanto, la Corte d’Appello, fissando una data di decorrenza, non ha peggiorato una situazione già definita, ma ha colmato una lacuna.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la precisione nella formulazione delle domande giudiziali è essenziale. Il diritto a ricevere una retribuzione, anche se fondato nel merito, deve essere richiesto in modo chiaro e completo fin dal primo atto del processo. Non è possibile, in fasi successive, ampliare implicitamente il perimetro della domanda. Per i lavoratori, ciò significa che le richieste di differenze retributive devono specificare con esattezza il periodo temporale a cui si riferiscono. Per i datori di lavoro, questa decisione conferma che la difesa può legittimamente basarsi non solo sulla prescrizione, ma anche sui limiti oggettivi della domanda presentata dalla controparte.

Il tempo necessario per indossare la divisa aziendale è considerato orario di lavoro?
Sì, la sentenza conferma che si era già formato un giudicato interno sulla statuizione del Tribunale che riconosceva la computabilità del tempo di vestizione e svestizione nell’orario di lavoro.

Perché la Corte ha limitato il pagamento del tempo tuta alla data di inizio della causa?
La Corte ha limitato il pagamento non per effetto della prescrizione, ma perché ha ritenuto che la domanda giudiziale iniziale dei lavoratori non contenesse una richiesta esplicita di pagamento per il periodo precedente alla notifica del ricorso. Il diritto era quindi riconosciuto solo dal momento in cui era stato formalmente richiesto.

Cosa significa che il ricorso è stato dichiarato “inammissibile”?
Significa che la Corte di Cassazione non ha esaminato la questione nel merito perché il ricorso dei lavoratori presentava vizi procedurali. In particolare, le censure non affrontavano correttamente le motivazioni della sentenza d’appello e il ricorso non rispettava l’onere di specificità, omettendo di riportare il contenuto dell’atto iniziale del giudizio, fondamentale per la valutazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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