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Tempo tuta: la vestizione è orario di lavoro pagato

Alcuni operatori sanitari, autisti di ambulanze, hanno richiesto la retribuzione per il ‘tempo tuta’, ovvero il tempo necessario per indossare e togliere la divisa. La Corte d’Appello aveva respinto la domanda, ma la Corte di Cassazione ha annullato tale decisione. La Suprema Corte ha stabilito che il tempo tuta costituisce orario di lavoro retribuito quando l’uso della divisa è un obbligo imposto dal datore di lavoro per ragioni di igiene e sicurezza, a prescindere dal fatto che il lavoro si svolga in ospedale o che vi siano sovrapposizioni di turni. La causa è stata rinviata alla Corte d’Appello per una nuova valutazione.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Il Tempo Tuta è Orario di Lavoro? La Cassazione Fa Chiarezza

Il dibattito sulla retribuzione del tempo tuta, ovvero i minuti che un lavoratore impiega per indossare e togliere la divisa, è una questione centrale nel diritto del lavoro. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione interviene sul tema, fornendo principi fondamentali per stabilire quando questo tempo debba essere considerato a tutti gli effetti orario di lavoro e, di conseguenza, retribuito. La decisione analizza il caso di alcuni autisti di ambulanze, ma i suoi principi si estendono a molteplici categorie di lavoratori.

I Fatti del Caso: La Richiesta degli Autisti di Ambulanza

Alcuni operatori tecnici specializzati, con mansioni di autisti di ambulanze del servizio 118, avevano citato in giudizio la loro azienda sanitaria datrice di lavoro. La loro richiesta era semplice: ottenere il pagamento per il tempo necessario a indossare la divisa prima dell’inizio del turno e a toglierla alla fine. Ritenevano che, essendo un’operazione indispensabile e richiesta per svolgere le proprie mansioni, dovesse rientrare nell’orario di lavoro.

La Decisione della Corte d’Appello

In un primo momento, la Corte d’Appello aveva respinto la richiesta dei lavoratori. I giudici di secondo grado, pur riconoscendo in linea di principio che il tempo per la vestizione può essere tempo di lavoro, avevano limitato tale diritto solo a specifiche categorie, come il personale turnista soggetto a continuità assistenziale o gli addetti alla sala operatoria. Secondo la Corte territoriale, gli autisti di ambulanze non rientravano in queste categorie poiché non erano vincolati a sovrapposizioni orarie e, teoricamente, avrebbero potuto vestirsi durante il proprio turno di lavoro. Questa interpretazione restrittiva è stata contestata dai lavoratori, che hanno quindi proposto ricorso in Cassazione.

Analisi del Tempo Tuta nella Decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha ribaltato la decisione della Corte d’Appello, accogliendo il ricorso dei lavoratori e stabilendo principi di diritto di notevole importanza pratica. La Cassazione ha chiarito che la questione del tempo tuta non può essere risolta basandosi unicamente sulla categoria di appartenenza del lavoratore (es. turnista, operatore di sala) o sulla presenza di sovrapposizioni di orario.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha fondato la sua decisione su un principio consolidato, sia a livello nazionale che europeo: è orario di lavoro “qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni”. Il fattore determinante non è l’assetto astratto degli obblighi, ma ciò che accade in concreto.

Il punto centrale, secondo gli Ermellini, è se la vestizione sia un’attività eterodiretta, cioè soggetta al potere di direzione e controllo del datore di lavoro. Se il datore di lavoro impone l’uso di una specifica divisa per ragioni di igiene, sicurezza o per la specifica funzione che essa assolve, e tale divisa non è indossabile al di fuori del luogo di lavoro, il tempo per indossarla e toglierla rientra a pieno titolo nella prestazione lavorativa.

La Corte ha specificato che non rileva:

1. La presenza di turni o sovrapposizioni orarie: L’obbligo di retribuire il tempo tuta non dipende dalla necessità di dare il cambio a un collega.
2. Il luogo di lavoro: Non è rilevante se l’attività si svolga dentro o fuori l’ospedale.

L’elemento cruciale è la riconducibilità dell’obbligo di vestizione alla sfera di controllo del datore di lavoro. Se il lavoratore è obbligato a indossare indumenti specifici, diversi da quelli di uso comune, per adempiere alla propria prestazione, il tempo per farlo deve essere retribuito.

Le Conclusioni: Cosa Cambia per i Lavoratori

La pronuncia della Cassazione stabilisce un principio chiaro: la retribuibilità del tempo tuta dipende dalla natura dell’obbligo imposto al lavoratore. Se indossare la divisa è una scelta libera del dipendente, il tempo impiegato non è retribuito. Se, invece, è un’imposizione aziendale legata a precise esigenze di servizio, igiene o sicurezza, allora quel tempo è a tutti gli effetti lavoro e va pagato.

Di conseguenza, la Corte ha cassato la sentenza d’appello e ha rinviato la causa a un nuovo giudice, che dovrà verificare in concreto se, per gli autisti di ambulanze, l’uso della divisa fosse un obbligo eterodiretto. In caso affermativo, dovrà determinare la giusta remunerazione per il tempo necessario alla vestizione e svestizione. Questa decisione rafforza la tutela dei lavoratori, ancorando la definizione di orario di lavoro alla sostanza della prestazione richiesta dal datore di lavoro.

Il tempo per indossare la divisa (‘tempo tuta’) è sempre considerato orario di lavoro?
No, non sempre. Lo diventa quando l’uso della divisa è un obbligo imposto dal datore di lavoro, per ragioni di igiene, sicurezza o di immagine aziendale, e l’operazione di vestizione è soggetta al suo potere di direzione e controllo. Se il lavoratore è libero di scegliere se e quando indossarla, il tempo relativo non è considerato orario di lavoro.

La retribuzione del ‘tempo tuta’ si applica solo al personale che lavora in ospedale o in turni?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la retribuzione del tempo tuta non dipende dal luogo di lavoro (dentro o fuori un ospedale) né dalla presenza di turni con sovrapposizioni. Il criterio determinante è l’imposizione da parte del datore di lavoro, a prescindere dall’organizzazione del lavoro.

Cosa deve essere accertato per ottenere la retribuzione del ‘tempo tuta’?
Bisogna accertare in concreto se l’obbligo di indossare la divisa rientra nel potere di conformazione del datore di lavoro (attività eterodiretta). Si deve verificare se la divisa è imposta per la sua natura, per la specifica funzione che deve assolvere e se è diversa dagli indumenti comuni, al punto che il suo utilizzo è limitato al contesto lavorativo. Se queste condizioni sono soddisfatte, il tempo per indossarla va retribuito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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