LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Tempo di vestizione: quando va retribuito in più?

Una lavoratrice del settore sanitario ha richiesto il pagamento del tempo impiegato per indossare e togliere la divisa, considerandolo lavoro straordinario. La Corte di Cassazione, confermando la decisione d’appello, ha rigettato il ricorso. Il principio chiave è che il tempo di vestizione è già compreso nell’orario di lavoro retribuito se risulta dalle timbrature. Spetta al lavoratore l’onere di allegare e dimostrare di essere stato costretto a effettuare tali operazioni prima di timbrare l’entrata e dopo aver timbrato l’uscita.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Tempo di Vestizione: Va Pagato a Parte? La Cassazione Fissa i Paletti

Il tempo necessario per indossare la divisa è orario di lavoro? E se sì, deve essere retribuito separatamente? Questa è una domanda cruciale per molti lavoratori, specialmente nel settore sanitario. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti decisivi, stabilendo che l’onere di dimostrare che il tempo di vestizione avviene al di fuori dell’orario registrato spetta interamente al dipendente. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Una dipendente di un’azienda sanitaria pubblica si è rivolta al tribunale sostenendo di aver accumulato un surplus lavorativo di 30 minuti al giorno, corrispondente al tempo necessario per indossare la divisa prima del turno e dismetterla al termine. Questo tempo, secondo la lavoratrice, non era mai stato retribuito.

Il Tribunale di primo grado le aveva dato parzialmente ragione, accogliendo la domanda nei limiti della prescrizione quinquennale. Tuttavia, la Corte d’Appello ha ribaltato la decisione, accogliendo il ricorso dell’azienda sanitaria. Secondo i giudici di secondo grado, il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) del comparto Sanità già prevede che il tempo per la vestizione e il passaggio di consegne, fino a un massimo di 15 minuti, sia ricompreso nell’orario di lavoro, a condizione che risulti dalle timbrature del cartellino. La Corte d’Appello ha sottolineato che la lavoratrice non aveva adeguatamente allegato, né tanto meno provato, che queste operazioni fossero state svolte al di fuori dell’orario risultante dalle timbrature. La questione è quindi giunta all’esame della Corte di Cassazione.

Il Principio del Tempo di Vestizione nell’Orario di Lavoro

La controversia ruota attorno a un concetto fondamentale: il tempo di vestizione rientra o meno nell’orario di lavoro retribuibile? La giurisprudenza consolidata afferma che le operazioni di vestizione e svestizione sono considerate orario di lavoro quando l’uso di specifici indumenti è imposto da esigenze di sicurezza e igiene legate alla prestazione lavorativa.

Il punto nodale, tuttavia, non è tanto il ‘se’, ma il ‘come’ questo tempo viene computato e retribuito. La decisione della Cassazione si concentra proprio su questo aspetto, analizzando le disposizioni del contratto collettivo e il principio dell’onere della prova.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso della lavoratrice infondato, confermando la sentenza d’appello sulla base di argomentazioni precise e lineari.

L’Interpretazione del Contratto Collettivo: La Centralità della Timbratura

Il primo motivo di rigetto si basa sull’interpretazione dell’art. 27 del CCNL Sanità 2016-2018. La norma riconosce agli operatori sanitari fino a 15 minuti per vestizione, svestizione e passaggio di consegne, ma pone una condizione chiara: questo tempo deve risultare “dalle timbrature effettuate”.

La Corte ha chiarito che questa disposizione non crea un’obbligazione di pagamento di una voce economica specifica (un'”indennità di divisa”), ma impone al datore di lavoro di assicurare che l’orario di lavoro retribuito includa anche queste operazioni. La timbratura diventa, quindi, l’elemento probatorio fondamentale. Se il tempo per il cambio divisa è compreso tra la timbratura di entrata e quella di uscita, esso è già retribuito come normale orario di lavoro.

L’Onere della Prova a Carico del Lavoratore

Il punto cruciale della decisione riguarda l’onere della prova. La Cassazione ha stabilito un principio di diritto molto chiaro: l’infermiere che chiede il pagamento di una somma aggiuntiva per il tempo di vestizione, sostenendo che sia avvenuto al di fuori dell’orario registrato, ha l’obbligo di allegare e dimostrare due circostanze:

1. Di aver effettuato le operazioni di vestizione prima della timbratura in entrata.
2. Di aver effettuato le operazioni di svestizione dopo la timbratura in uscita.

Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva correttamente rilevato che la lavoratrice non aveva nemmeno allegato in modo specifico questa circostanza, rendendo la sua domanda infondata fin dal principio. Non si può considerare pacifico un fatto che non è stato nemmeno affermato dalla parte che ne ha interesse.

Irrilevanza della Prova Testimoniale

Infine, la Corte ha respinto anche la censura relativa alla mancata ammissione della prova testimoniale. I giudici hanno spiegato che la prova richiesta era irrilevante ai fini della decisione. Ai testimoni, infatti, non era stato chiesto di confermare che la lavoratrice fosse stata costretta a indossare la divisa prima di timbrare e a toglierla dopo aver timbrato. Senza questo specifico oggetto di prova, la testimonianza non avrebbe potuto dimostrare il fatto decisivo per l’accoglimento della domanda.

Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione ribadisce un principio fondamentale nel diritto del lavoro: chi chiede un pagamento deve provare i fatti su cui si basa la sua richiesta. Per quanto riguarda il tempo di vestizione, non è sufficiente affermare di aver impiegato del tempo per cambiarsi. È indispensabile allegare e dimostrare in modo rigoroso che tale attività è stata imposta dal datore di lavoro e si è svolta al di fuori dell’intervallo temporale registrato dal sistema di timbratura. Questa decisione sottolinea l’importanza per i lavoratori di prestare attenzione alle procedure aziendali e di documentare correttamente ogni fase della propria prestazione lavorativa.

Il tempo necessario per indossare la divisa da lavoro deve essere sempre retribuito?
Sì, è considerato orario di lavoro e quindi retribuito, ma la regola generale, come specificato dal CCNL di settore, è che tale tempo sia compreso all’interno dell’orario registrato dalle timbrature di entrata e uscita.

A chi spetta dimostrare che il cambio divisa è avvenuto fuori dall’orario di lavoro registrato?
L’onere della prova spetta interamente al lavoratore. Egli deve non solo allegare (cioè affermare specificamente nel suo ricorso) ma anche dimostrare di essere stato obbligato a svolgere le operazioni di vestizione e svestizione rispettivamente prima di timbrare all’inizio del turno e dopo aver timbrato alla fine.

Perché la Corte ha ritenuto irrilevante la prova per testimoni richiesta dalla lavoratrice?
La richiesta di prova testimoniale è stata considerata irrilevante perché non era finalizzata a dimostrare il fatto decisivo della controversia, ovvero che la lavoratrice fosse stata costretta a cambiarsi al di fuori dell’orario timbrato. La prova, così come articolata, non avrebbe potuto modificare l’esito del giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati